Mentre è in corso per il secondo giorno un’imponente offensiva di Israele in Cisgiordania che coinvolge quattro città, l’Onu fa finalmente sentire la sua voce. «Gli ultimi sviluppi nella Cisgiordania occupata, compreso il lancio di operazioni militari su larga scala da parte di Israele, sono profondamente preoccupanti. Condanno fermamente la perdita di vite umane, anche di bambini, e chiedo l’immediata cessazione di queste operazioni»: lo ha affermato su X il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Una mossa che prelude a possibili richieste di mozioni di condanna contro Israele in Consiglio di sicurezza.

Pronta la reazione di Tel Aviv. L’ambasciatore israeliano all’Onu, Danny Danon, ha respinto le critiche di Guterres sulla vasta operazione lanciata dallo Stato ebraico in Cisgiordania.

«Dal 7 ottobre, l’Iran ha lavorato per introdurre di nascosto sofisticati ordigni esplosivi in Giudea e Samaria, destinati all’uso in attentati suicidi nelle città israeliane», ha scritto il diplomatico usando il nome biblico (Giudea e Samaria) per quella che oggi è conosciuta come Cisgiordania o West Bank. «Lo Stato di Israele non resterà inerte ad aspettare scene di autobus e bar che esplodono nei centri cittadini», aggiunge Danon.

«Le operazioni dell’Idf in Giudea e Samaria hanno un obiettivo: prevenire il terrorismo iraniano per procura che danneggerebbe i civili israeliani», ha poi aggiunto l’ambasciatore che non a caso ha usato i termini geografici biblici, come a giustificare l’azione e la presenza dei coloni in quell’area, con alcuni dei coloni che gli Usa hanno sanzionato perché elementi di instabilità.

L’agenzia di stampa palestinese Wafa ha riferito che l’esercito israeliano sta continuando le operazioni in Cisgiordania per il secondo giorno, in particolare a Jenin e Tulkarem mentre si stanno ritirando da Tubas. Secondo fonti mediche, 17 persone sono state uccise durante le azioni israeliane nell’area, di cui otto a Jenin, cinque a Tulkarem e quattro a Tubas, mentre più di 30 persone sono rimaste ferite. Gli Houthi intanto hanno acconsentito a rimorchiare la petroliera greca Sounion in fiamme nel mar Rosso.

Sanzioni per i ministri

Sarà stata la decisione Usa di sanzionare alcuni coloni israeliani, ma anche Bruxelles ha voluto mandare un segnale a Tel Aviv. «Questa non è una riunione esecutiva, non saranno prese decisioni, ma ho avviato il processo per chiedere agli Stati membri se ritengano appropriato inserire nella nostra lista delle sanzioni alcuni ministri israeliani che lanciano messaggi di odio. Inaccettabili messaggi di odio contro i palestinesi e con proposte che vanno contro la legge internazionale e incitano a commettere crimini di guerra». Lo ha dichiarato l’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell, al suo arrivo al Consiglio informale Esteri. «Credo che l’Ue non debba avere tabù nell’uso dei nostri strumenti per fare rispettare la legge umanitaria internazionale, ma non è una decisione che spetta a me, io posso solo fare proposte. Decideranno gli Stati membri», ha aggiunto il diplomatico spagnolo di lungo corso.

«Per quanto mi riguarda è un periodo ipotetico dell’irrealtà». Così il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha liquidato la proposta di Borrell, di sanzionare i ministri israeliani di estrema destra.

«Dobbiamo cercare di risolvere i problemi, convincere Israele a fare delle scelte che portino al cessate il fuoco a Gaza, perché questa è la priorità. Non è con il riconoscimento della Palestina teorico, con le sanzioni ai ministri israeliani che si risolve il problema. Serve più diplomazia, servono messaggi anche forti», ha evidenziato il capo della Farnesina al suo arrivo al Consiglio informale Esteri. «Ma io credo che non sia questa la strada giusta per convincere Israele a concludere al Cairo un accordo e quindi arrivare a una soluzione almeno temporanea a Gaza per un cessate il fuoco che permetta di portare aiuti alla popolazione palestinese, cosa che noi stiamo facendo», ha aggiunto Tajani che ha sentito il segretario di Stato Antony Blinken.

«Proposte sconsiderate da Bruxelles sia sull’Ucraina che sul Medio Oriente. La pericolosa furia dell’Alto Rappresentante deve essere fermata. (…) Non vogliamo un’escalation della crisi in Medio Oriente. Oggi continuiamo ad adottare una posizione pacifica e di buon senso», ha rincarato il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó.

Il ritorno dei mediatori

Ma intanto i negoziati languono. I Paesi negoziatori che stanno mediando tra Israele e Hamas per arrivare a un accordo di cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi presenteranno una nuova proposta «entro pochi giorni», ha riferito Haaretz. Stati Uniti, Qatar ed Egitto stanno tentando di trovare una soluzione a due questioni chiave: il corridoio di Filadelfia lungo il confine tra Gaza e l’Egitto e il corridoio di Netzarim che taglia in due la Striscia di Gaza. Secondo fonti vicine al dossier, i mediatori stanno cercando di fare pressione su Israele e Hamas affinché accettino la nuova soluzione. I colloqui precedenti, sia in Qatar che al Cairo, erano volti a finalizzare altri aspetti dell’accordo e ad avvicinare le parti.

Una delegazione israeliana che include rappresentanti del Mossad, dello Shin Bet e dell’Idf è partita per Doha mercoledì mattina. Ma non è una segnale significativo.

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