Il presidente coreano, dopo aver introdotto e poi ritirato la legge marziale, rimane a galla grazie al sostegno del suo partito, che boicotta il voto ed evita la disfatta. Ma non le proteste
Il presidente Yoon Suk Yeol rimane a galla, per il momento. Nella mattina di sabato, il Parlamento si è riunito per il voto di impeachment che avrebbe aperto la procedura di incriminazione per il leader del partito conservatore che, questa settimana, ha tentato di sovvertire l’ordine democratico sudcoreano con un golpe.
Già dai primi minuti è apparso evidente come la strada per l’approvazione sarebbe stata tutta in salita. La giornata si è aperta con il voto contrario al quarto tentativo di istituire un’indagine speciale nei confronti della moglie di Yoon, Kim Keon Hee, figura controversa al centro di diversi scandali.
Poi, nella pausa tra una votazione e l’altra, è emersa chiaramente la linea del partito di governo: boicottare l’aula ed evitare così il voto contrario dei franchi tiratori. È rimasto al suo posto un solo deputato, Ahn Cheol-soo, membro di punta del partito conservatore che in passato ha corso anche per le presidenziali. Ahn aveva dichiarato più volte che avrebbe votato a favore dell’impeachment se Yoon non avesse presentato volontariamente le dimissioni.
Mozione respinta
Il presidente democratico dell’Assemblea Nazionale, Woo Won-shik, a quel punto, ha iniziato a chiamare a uno a uno i nomi dei membri del partito di governo con i deputati dell’opposizione che gli facevano eco. Ma soltanto altri due membri del Partito del potere del popolo (Ppp) sono rientrati in aula accolti dagli applausi, ma i numeri non sono comunque stati sufficienti per raggiungere l’approvazione: 195 voti su 300 seggi. Per passare la mozione aveva bisogno dei due terzi dell’Assemblea, ovvero 200 voti.
Sono rimasti inascoltati gli appelli del presidente della Camera che per due volte si è rivolto ai deputati assenti: «La Repubblica di Corea è una democrazia nata dal sangue e dalle lacrime dei suoi cittadini. Non avete paura di essere giudicati dalla storia, dai vostri concittadini e dal mondo?». E ancora: «Non vi sto dicendo di votare a favore o contro l’impeachment, ma vi scongiuro di tornare in aula e votare per il bene del nostro paese».
Dopo aver procrastinato fino a tarda sera la chiusura delle votazioni nella speranza che altri membri del Ppp si unissero alle urne, intorno alle 21.20 ora locale il democratico Woo ha dato il verdetto: mozione respinta.
Yoon, che la stessa mattina aveva fatto la sua prima apparizione pubblica dopo il fallito colpo di stato, rimane quindi presidente in carica: «Desidero porgere le mie scuse sincere a tutti coloro che sono rimasti scioccati. Non fuggirò dalle mie responsabilità politiche e legali, come non ci sarà una seconda proclamazione della legge marziale», ha dichiarato Yoon nel discorso televisivo alla nazione.
Le opposizioni, che all’uscita dall’aula hanno fatto una breve dimostrazione di protesta tenendo in mano dei cartelli con su scritto «Impeachment per Yoon Suk Yeol», hanno già proposto la data in cui procedere con un secondo tentativo: presenteranno la mozione l’11 dicembre per riandare al voto sabato 14 dicembre.
Da parte sua il Ppp, attraverso il capo di partito Han Dong-hoon, ha fatto sapere invece che lavorerà insieme allo stesso Yoon a una strada «ordinata» per farlo dimettere.
Nei giorni successivi al tentato golpe, il partito di governo ha fatto diverse inversioni di marcia criticando in un primo momento la deriva autoritaria del presidente – paventando l’ipotesi di un’altra azione estrema – per poi ricompattarsi nuovamente intorno alla sua figura.
Non è chiaro se il fronte conservatore rimarrà ancora unito, anche perché nel frattempo sono emersi altri dettagli relativi alle sei ore in cui la Corea del Sud è piombata indietro di quarant’anni. Secondo quanto riportato dal quotidiano conservatore Chosun, il presidente Yoon avrebbe ordinato ai Servizi di intelligence interni di arrestare il capo del suo stesso partito ma, posto di fronte a un rifiuto, avrebbe ordinato il licenziamento del vicedirettore a cui si era rivolto.
Nella lista stilata da Yoon e condivisa al telefono con il dirigente dei servizi interni, comparirebbero anche il leader dell’opposizione democratica Lee Jae-myung (che la notte del tentato golpe ha trasmesso in una diretta online il momento in cui ha valicato le recinzioni), un esponente di un sindacato nazionale e altre figure pubbliche.
La piazza
Intanto, durante tutta la giornata di sabato, decine di migliaia di cittadine e cittadini provenienti da tutta la Corea del Sud hanno manifestato per le strade di Seul a temperature che in serata sono scese anche sotto lo zero. A causa dell’enorme folla sono state chiuse almeno due delle fermate della metro vicine al parlamento. I manifestanti hanno cantato e intonato cori per tutta la durata delle votazioni reclamando all’unisono l’impeachment di Yoon, fino a quando, poco dopo le ventuno, non è arrivato il verdetto e sulla piazza è sceso un lungo silenzio.
La folla progressivamente ha iniziato a defluire, ma come hanno già dimostrato la notte del tentato golpe, i sudcoreani e le sudcoreane continueranno a manifestare finché il presidente Yoon non sarà sotto accusa e la democrazia messa al sicuro.
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