Per 48 ore Tripoli è ripiombata in un incubo di cecchini, imboscate e vendette. Sono gli scontri fra le milizie che si contendono la capitale. L’assenza di un vero governo acuisce le dispute di legittimità, ma la faida in questo caso riguarda anche i soldi e il controllo degli accessi
Per quarantotto ore circa Tripoli è ripiombata nell’incubo della guerra, carri armati in strada e cecchini posizionati sui tetti in diversi quartieri della città. In quarantotto ore, cinquantacinque morti, centinaia di feriti e duecento famiglie evacuate dalle proprie case diventate improvvisamente linea del fronte. Lo scontro armato più cruento nel paese dall’estate del 2020 quando gli uomini del generale Khalifa Haftar dovettero battere la ritirata da Tripoli dinanzi all’avanzata dei droni turchi.
Lunedì il comandante della Brigata 444 Mohammud Hamza era nell’aeroporto Maitiqa a Tripoli in compagnia del primo ministro Abdul Hamid Dbeibeh e il capo dello stato maggiore Muhammed al Haddad, e stavano per imbarcarsi per Misurata, dove avrebbero dovuto insieme presiedere una parata militare. Secondo fonti militari locali, i tre erano già a bordo dell’aereo quando sono piombati gli uomini di Rada, le forze speciali di Deterrenza che rispondono al salafita di ferro Abdul Rauf Kara, e hanno tratto in arresto il comandante Hamza, sotto gli occhi increduli del premier e del capo di stato maggiore. Senza nessuna trattativa né spiegazione gli uomini di Rada si sono portati via Mohammud Hamza. D’altronde l’aeroporto Maitiqa è per le forze Rada loro territorio, lì hanno i loro uffici di rappresentanza ma anche le loro celle segrete. Chiunque ha problemi con Rada difficilmente sceglierebbe di imbarcarsi da Maitiqa. Soprattutto nessuno rischierebbe l’arresto quando la propria destinazione è solo a 3 ore di macchina come Misurata. Evidentemente per il comandante della brigata 444 non c’erano state avvisaglie di pericolo fino al momento del suo arresto.
Mohammud Hamza è nato e cresciuto nel quartiere Suq Jumua di Tripoli, una sorta di enclave della Fratellanza Musulmana già ai tempi dell’ex raìs Muammar Gheddafi. Un’appartenenza territoriale che è una sorta di conditio sine qua non per essere invitato a corte da Kara, leader militare nato tra le fila dei rivoluzionari armati di Suq Jumua nel 2011. Così Mohammud Hamza nel 2018 entra a far parte delle forze speciali Rada. Da Kara gli viene assegnato il comando della Brigata 2020, una sorta di ala militare delle forze Rada specializzate nell’antiterrorismo. Quando nel 2019 Haftar lancia la sua operazione militare su Tripoli alla conquista dei palazzi governativi, è la brigata 2020 guidata da Hamza in prima linea contro i gruppi armati della coalizione di Haftar. In un anno di guerra guerreggiata tra tank, carri armati, droni e cecchini, il comandante Hamza e i suoi soldati maturano giorno dopo giorno una buona esperienza militare tanto che quando gli uomini di Haftar vengono costretti alla ritirata, la Brigata 2020 si stacca dalle forze Rada e diviene un gruppo armato autonomo, Brigata 444, con proprio budget alle dirette dipendenze del Ministero della Difesa. Hamza e i suoi uomini si posizionano nel campo militare Tekbali, a sud di Tripoli, tra il quartiere di Ain Zara e l’aeroporto internazionale in ricostruzione.
Guerra di legittimità
Mohammud Hamza lancia una campagna di retate contro i trafficanti di esseri umani a sud di Tripoli e soprattutto nelle città a sud ovest di Tripoli. Tra Tarhouna e Bani Walid intesse rapporti con i gruppi armati che fino a qualche mese prima avevano sostenuto la guerra di Haftar su Tripoli e che a questo punto non hanno altra scelta se non la riconciliazione. Hamza si propone come mediatore, incassando un’alleanza dopo l’altra. Forse questa crescita importante e soprattutto extraterritoriale ha messo in allerta Kara, in un paese dove ogni metro quadro è ancora sulla piazza nella compravendita della legittimità tra rivali.
Quando martedì si contavano già oltre venti morti e i carri armati della Brigata 444 erano nel cortile dell’Ospedale Centrale di Tripoli, il primo ministro Dbebiba è andato a trovare i leader di Suq Jumua chiedendo di intercedere tra i loro figli, suggerendo che in qualche modo fosse loro responsabilità trovare una soluzione. Un approccio di buon senso in Libia ma sicuramente non da capo di governo, si potrebbe dire. Tra l’altro Hamza è nato e cresciuto a Suq Jumua ma la sua famiglia è originaria di Tarhouna, e tanto basta per insospettire i propri commilitoni in Libia. Tuttavia gli uomini della Brigata 444 che vantano il migliore addestramento militare tra i gruppi armati nell’ovest del paese, continuavano la loro avanzata dalla periferia sud verso il centro città. Un bagno di sangue che ha visto morire uomini della polizia giudiziaria completamente al digiuno di tecnica militare, mandata in avanscoperta da Rada, e poi i civili dei quartieri densamente popolati.
Un accordo fragile
Comunque la tensione tra Kara e Hamza non è soltanto una questione di fiducia, anzi il discredito è come sempre l’arma più affilata in una guerra di legittimità. Anche questa volta è una questione di soldi. Al di là dei fondi che il comandante Hamza può attirare come gruppo armato autonomo, a preoccupare Kara sarebbe la competenza territoriale della Brigata 444 sull’aeroporto internazionale in ricostruzione. Le forze speciali Rada devono la loro fortuna al controllo che esercitano sull’aeroporto Maitiqa, unico in funzione ormai da sette anni nella capitale. Controllare un asset come l’aeroporto significa avere il controllo su chi può entrare e uscire, compresi capi di stato, politici in generale e criminali, e significa controllarne i traffici che da lì passano.
Solo martedì sera il premier Dbeiba è riuscito a strappare un accordo tra Kara e la Brigata 444, cioè consegnare il comandante Hamza nelle mani di un mediatore. Martedì sera il capo delle forze SSA che dipendono direttamente dal consiglio presidenziale Abdulghani Al Kikli, meglio noto con il suo nom de guerre Ghnewa, ha annunciato di avere il comandante Hamza sotto la sua custodia. E le armi sono tornate a tacere.
Ma la tensione resta alta perché ancora una volta i libici che provano a rimanere a casa loro hanno avuto l’ennesima conferma che i signori della guerra non sono ancora sazi di soldi e sangue.
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