La Georgia è spaccata a metà. Pochi minuti dopo la chiusura dei seggi delle elezioni parlamentari, sono stati diffusi exit poll contrastanti dai media pro governo e pro opposizione, con scarti e differenze fino a 15 punti percentuali. Tanto che la vittoria è stata rivendicata da entrambe le parti.

Exit poll e risultati ufficiali

Il partito di governo Sogno Georgiano, secondo stime amiche, è stato subito dato al 56 per cento, con la maggioranza assoluta. Il movimento di Bidzina Ivanishvili, l’uomo più ricco del paese ed ex premier, ha esultato fin dal pomeriggio a urne ancora aperte. Ma dopo le 20, anche i partiti delle opposizioni filoeuropeiste, da Coalizione per il cambiamento al Movimento nazionale unito dell’ex presidente Mikheil Saakashvili, passando per Forte Georgia e Per la Georgia, hanno festeggiato la vittoria perché i propri exit poll li davano uniti attorno al 50 per cento con Sogno Georgiano circa al 40 per cento.

I primi risultati ufficiali della commissione elettorale nella notte e la mattina di domenica hanno delineato uno scenario favorevole al partito governativo: con il 97 per cento dei seggi conteggiati, Sogno Georgiano sarebbe al 54 per cento, raggiungendo la maggioranza assoluta, gli altri partiti principali delle opposizioni tra l’11 e l’8, in minoranza. A ogni modo una situazione caotica, che già nelle prossime ore può incendiarsi per le strade di una Tbilisi sospesa, quasi come la sua architettura, tra influenze post sovietiche e quelle europee.

Le opposizioni non ci stanno

La tensione è aumentata, visto che i partiti di opposizione nella notte hanno annunciato di non riconoscere l’esito ufficiale comunicato dalla Commissione elettorale. Tina Bokuchava, leader del Movimento nazionale unito, ha definito apertamente le elezioni come «rubate», per altri partiti è stato un «golpe costituzionale». Sembra quasi scontata un’imminente chiamata in piazza per i sostenitori delle forze più europeiste.

Gli occhi sono puntati ora da una parte sull’Osce, che fornirà dichiarazioni pubbliche in merito alla regolarità delle elezioni, e dall’altra sulla presidente della Repubblica, Salome Zourabichvili, ormai sempre più figura rappresentativa delle forze di opposizione e in rotta con il governo. Zourabichvili alla chiusura dei seggi ha annunciato la vittoria europeista basandosi sulle prime percentuali favorevoli ma ora deve fare i conti con i risultati della Commissione, con il dubbio se esporsi apertamente in uno scontro istituzionale dalle conseguenze incerte.

L’affluenza e le violenze

La giornata piovosa in quasi tutto il paese non ha fermato la voglia di votare dei georgiani. Si sono create diverse code ai seggi già dalla prima mattina, con l’affluenza finale attestatasi al 58,9 (senza i voti dell’estero, che saranno contati per ultimo e potrebbero essere decisivi), in aumento rispetto al 2016 e al 2020. Per circa 135mila giovani, è stata la prima volta al voto. «Basta con questo governo, la Georgia deve entrare nell’Unione europea», dice Maia, 21 anni, fuori da un seggio della capitale. C’è chi invece rimane scettico su possibili cambiamenti, come Otar: «Non sono contro l’Europa, ma deve rispettare i valori tradizionali dei georgiani».

Il voto elettronico ha interessato il 90 per cento dei circa tre milioni e mezzo di elettori. Una novità accolta positivamente dagli osservatori Osce presenti a Tbilisi che a urne aperte non hanno voluto rilasciare dichiarazioni sul clima polarizzato. Tuttavia, la tecnologia non è arrivata ovunque, in alcune cittadine il voto si è svolto manualmente. Proprio in questi contesti sono avvenuti maggiori casi di presunti brogli: voti comprati, minacce contro osservatori e risse, tentativi di votare più volte, sedi di partiti prese d’assalto. Nella cittadina di Marneuli alcuni uomini hanno inserito a forza decine di voti dentro le urne, ma dopo la denuncia circolata sui social le autorità hanno chiuso il seggio. La stessa presidente Zourabichvili durante la giornata di sabato ha parlato di «incidenti molto preoccupanti» in diverse località.

Un referendum

A differenza di una settimana fa, quando in Moldavia è andato in scena un vero referendum sull’Ue, il voto in Georgia non è stato di fatto un plebiscito, pur essendo stato dipinto come tale sia dalle opposizioni sia dal governo. Sogno Georgiano ha incentrato la sua campagna sulla scelta tra il conflitto, in caso di vittoria delle forze più europeiste e quindi del cosiddetto «partito globale della guerra», e la pace che solo il partito governativo sarebbe in grado di mantenere. Dall’altra parte, le opposizioni europeiste hanno spinto sul bivio tra l’avvicinamento all’Ue e un legame sempre più stretto con la Russia.

Uno slogan utile, visto che secondo le rilevazioni l’80 per cento della popolazione georgiana è filo europea. Ivanishvili e il suo partito in questi 12 anni al potere hanno compiuto una trasformazione quasi totale passando dall’essere inizialmente pro-Occidente a far coincidere i propri interessi con quelli della Russia. La strategia di Sogno Georgiano è quella di non irritare un vicino ingombrante con cui bisogna fare i conti, spiega il candidato Levan Makhashvili, parlando di una «politica di sopravvivenza», ma confermando comunque la volontà di Tbilisi di entrare in Ue.

La Georgia ha ottenuto lo status di candidato meno di un anno fa, ma nel frattempo il processo si è bloccato proprio per la piega presa dal partito di governo. La preoccupazione per l’Ue è che il paese esca dai binari democratici, viste le recenti leggi sugli agenti stranieri e contro i diritti Lgbt ritenute sintomo di una deriva autoritaria e a cui hanno fatto seguito imponenti proteste. In attesa nelle prossime ore di nuove mobilitazioni di massa.

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