Nonostante Giorgia Meloni avrebbe voluto un G7 più sbilanciato sulle sue priorità, Africa, Mediterraneo e migrazione, l’appuntamento di Borgo Egnazia sembra scivolare sempre più verso il dibattito sui diritti.

Il casus belli resta il passaggio a proposito della tutela dell’aborto nella dichiarazione finale dell’appuntamento ospitato dall’Italia in Puglia. L’ultima bozza in circolazione – scrive l’Ansa – si limiterebbe a reiterare «i nostri impegni espressi nel comunicato finale del G7 di Hiroshima per un accesso universale, adeguato e sostenibile ai servizi sanitari per le donne, compresi i diritti alla riproduzione».

Si tratta chiaramente di un testo non definitivo, come viene ribadito da tutte le strutture diplomatiche che agevolano i lavori del summit, ma sta provocando scalpore. Ad alimentare le polemiche è intervenuto il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che ha aggiunto al dibattito una suggestione: «Non so se a un G7 a cui partecipa anche il papa fosse opportuno» inserire nella bozza finale il tema dell’accesso effettivo e sicuro all’aborto. «Se hanno scelto di non metterlo ci sarà un perché e una ragione più che condivisibile», ha aggiunto il ministro.

Sembrerebbe per altro che il caso, scoppiato a seguito delle segnalazioni della delegazione francese, che vorrebbe uno sbilanciamento ulteriore sulla garanzia di accesso all’interruzione di gravidanza per tutte le donne, riguardasse già la prima bozza in circolazione. Secondo fonti diplomatiche infatti era proprio il testo base fornito dalla presidenza italiana a non contenere nessun riferimento alla parola “aborto”: al respingimento della proposta francese non è dunque seguita una cancellazione del riferimento all’interruzione di gravidanza, che non ci sarebbe proprio mai stato. 

La prassi

Non è infrequente che i testi non ricalchino parola per parola le conclusioni di vertici precedenti: i tempi cambiano e possono richiedere formulazioni più calzanti. In ogni caso, la conferma delle conclusioni di Hiroshima potrebbe essere letta anche come una riprova dell’accordo raggiunto in Giappone senza che ci si sbilanci su una garanzia esplicita.

Il bizantinismo andrebbe nella direzione di facilitare lo sbarco di Francesco al summit: proporre nelle conclusioni del primo G7 a cui partecipa un pontefice un riferimento in chiaro all’interruzione di gravidanza – è il ragionamento che filtra da Roma – rischierebbe di creare imbarazzi. C’è chi non esclude addirittura una richiesta esplicita dal Vaticano. 

Resta il fatto che le conclusioni sono un documento concordato all’unanimità, fanno notare fonti diplomatiche: basta un solo stato membro che dissente a far saltare tutto. Insomma, visto che le posizioni degli altri stati europei non sono mutate rispetto all’accesso all’aborto, è difficile che Francia e Germania avallerebbero un passo indietro rispetto a Hiroshima.

Lo stesso vale per gli Stati Uniti: la difesa del diritto a interrompere la gravidanza è diventata uno dei cavalli di battaglia di Joe Biden. Dalla presidenza statunitense filtra un impegno chiaro a confermare le conclusioni del summit di Hiroshima: difficile insomma che eventuali ritocchi proposti dalla presidenza italiana arrivino al documento conclusivo. 

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