Confermata la morte di almeno 25 persone a causa di attacchi aerei su Rafah. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha spostato ad oggi il voto della risoluzione, cercando di prevenire un veto da parte degli Stati Uniti. Annunciata la coalizione per contrastare gli attacchi dei ribelli Houthi
Nella notte non si sono fermati gli attacchi aerei nella Striscia di Gaza. Alcuni funzionari di Hamas hanno confermato la morte di almeno 25 persone a Rafah, nel sud della Striscia. Tra le vittime anche un giornalista palestinese di nome Abdel Zourub, il 64esimo dall’inizio del conflitto. La città di Rafah, sul confine con l’Egitto, rappresenta la destinazione di molte persone in fuga dagli attacchi che si stanno intensificando a Khan Yunis. Anche gli attacchi al campo profughi di Jabalya sono continuati nella notte. Confermata la morte di 13 persone e alcune decine gravemente ferite. Il bilancio delle vittime ha raggiunto le 19.667 persone.
L’Idf ha annunciato la morte in un attacco aereo di uno dei finanziatori dell’organizzazione Hamas, Subhi Farwanah. «É stato uno dei pochi e importanti scambiatori di denaro che è stato in grado di trasferire all'ala militare di Hamas la quantità di denaro necessaria per i combattimenti», ha detto l’Idf insieme all’agenzia di sicurezza Shin Bet. Anche la città di Tel Aviv ha ricevuto dei razzi lanciati da Gaza e rivendicati da Hamas. Per ora non si hanno segnalazioni di vittime.
Risoluzione Onu
Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha rinviato ad oggi la votazione della risoluzione che chiede un cessate il fuoco che si sarebbe dovuta tenere nel pomeriggio di ieri. Il rinvio è stato deciso nel tentativo di evitare un altro veto da parte degli Stati Uniti, «il più stretto alleato di Israele» secondo il giornale Times of Israel.
Il progetto presentato prevede un «cessate urgente e sostenibile delle ostilità» a Gaza e il «rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi». Anche in questa versione l’organizzazione Hamas non viene esplicitamente nominata ma condanna «tutti gli attacchi indiscriminati contro i civili».
Lo scorso 12 dicembre, l’Assemblea generale dell’Onu ha adottato una risoluzione simile a cui gli Stati Uniti e Israele hanno votato contro. Ora è importante approvare una risoluzione del Consiglio di sicurezza perché, a differenza di quella dell’Assemblea, sarà giuridicamente vincolante.
Attacchi alle petroliere
Dopo lo stop di alcuni compagnie di navigazione come il colosso petrolifero Bp, gli Stati Uniti hanno annunciato una coalizione internazionale per contrastare la minaccia del gruppo di ribelli yemeniti Houthi. Il segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, in visita a Tel Aviv, ha detto che gli attacchi «minacciano il libero flusso del commercio, mettono in pericolo marinai innocenti e violano il diritto internazionale». La missione, denominata Operazione Prosperity Guardian, includerà Bahrein, Canada, Francia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Seychelles, Spagna, Regno Unito. La Russia, invece, ha confermato che non parteciperà all’iniziativa. Il portavoce del Cremlino, Dmitrj Peskov, ha detto: «Non prenderemo parte all’operazione». Il primo ministro israeliano, Benjiamin Netanyahu, ha ringraziato Austin per aver «agito» nella lotta contro il gruppo sostenuto dall’Iran.
Mohammed Abdulsalam, il negoziatore del gruppo ribelle, ha dichiarato all’agenzia di stampa Reuters che la missione americana è «sostanzialmente inutile». «Anche se l’America riuscisse a mobilitare il mondo intero, le nostre operazioni militari non si fermeranno, a prescindere dai sacrifici che ci costerà», ha aggiunto.
Nonostante i servizi di intelligence occidentali abbiano confermato il legame tra il gruppo di ribelli e l’Iran, il viceministro degli Esteri iraniano, Ali Bagheri Kani, ha smentito. «Il gruppo yemenita Houthi agisce in modo indipendente per quanto riguarda i suoi attacchi e il sequestro delle navi collegate a Israele nel Mar Rosso e nel Mar Arabico, in segno di protesta per la guerra contro i palestinesi di Gaza. Non è giusto mettere in relazione le misure indipendenti del gruppo yemenita con altri Paesi», ha detto.
Anche l’Onu ha condannato gli attacchi e ha messo in guardia dalla minaccia che questi rappresentano per il commercio globale. L’Organizzazione marittima internazionale ha dichiarato che sta monitorando la situazione da vicino. «Le navi devono poter commerciare in tutto il mondo senza ostacoli, in conformità con il diritto marittimo internazionale», ha detto Kitack Lim, il segretario generale dell’Imo.
Gli ostaggi
La questione degli ostaggi in mano di Hamas continua ad alimentare le proteste delle famiglie. Una folla di manifestanti si è radunata davanti all’ingresso principale del ministero della Difesa a Tel Aviv. Il presidente israeliano, Isaac Herzog, ha convocato un gruppo di ambasciatori provenienti da circa 80 paesi per discutere di una seconda tregua del conflitto.
«Posso ribadire il fatto che Israele è pronto per un’altra pausa umanitaria e ulteriori aiuti umanitari per consentire il rilascio degli ostaggi. E la responsabilità ricade interamente su Sinwar e sulla leadership di Hamas», ha detto Herzog. Ha sottolineato anche che la quantità di aiuti umanitari potrebbe essere triplicata immediatamente. L’Onu ha respinto l’affermazione dichiarando che i bombardamenti israeliani hanno reso le consegne degli aiuti molto difficili.
Crisi interna
Il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, ha attaccato il capo dell’Idf, Herzi Halevi durante la riunione di gabinetto tenuta il 18 dicembre. La questione riguarda la sospensione di alcuni soldati che si sono filmati mentre cantavano le canzoni di Hannukkah in una moschea nelal città di Jenin in Cisgiordania. Gvir, contrario alla sospensione, ha criticato la decisione. Halevi, invece, ha risposto: «Deciderò io qual è un comportamento giusto o meno nell’esercito. Non minacciarmi».
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