Netanyahu furibondo per la lettera aperta di mille membri dell’aeronautica israeliana che chiedono una tregua immediata: «Sono dei radicali, vogliono far cadere il governo»
Mentre la situazione umanitaria a Gaza rimane gravissima continuano gli attacchi israeliani, seppur meno intensi rispetto alle fasi peggiori della guerra. Venerdì le autorità della Striscia hanno dato notizia di 26 morti nelle ultime 24 ore, fra i quali 10 appartenenti a una sola famiglia di Khan Younis, un episodio che il presidente turco Erdogan ha denunciato come un atto di «barbarie».
Nel frattempo dalle fila dell’esercito dello stato ebraico arriva un timido sussulto di dissenso. Diverse nuove petizioni fanno eco a un appello pubblicato giovedì in diversi giornali israeliani nel quale quasi 1000 membri ed ex membri dell’aeronautica chiedevano la fine della guerra e un immediato accordo per il cessate il fuoco e il ritorno degli ostaggi, accusando l’esecutivo di non agire in difesa dell’interesse nazionale.
«Queste lettere sono state scritte da un piccolo gruppo di radicali, gestito da organizzazioni finanziate dall'estero con un unico obiettivo: rovesciare il governo di destra», ha sbottato il primo ministro Benjamin Netanyahu. «Questa non è un'ondata. Non è un movimento. È un piccolo, rumoroso, anarchico e disconnesso gruppo di pensionati, la maggior parte dei quali non presta servizio da anni». Anche decine di dottori provenienti da diverse unità dell’esercito israeliano dove sono attivi come riservisti hanno messo in dubbio la buona fede del governo. «Dopo 550 giorni di combattimenti […] riteniamo, purtroppo, che la continuazione della guerra a Gaza sia principalmente finalizzata a servire interessi politici e personali, senza un vero scopo legato alla sicurezza», hanno scritto in una lettera.
Voci di protesta si sono alzate anche dalla Marina: per oltre 150 ex ufficiali la condotta del governo «solleva serie preoccupazioni sul fatto che le decisioni in materia di sicurezza siano dettate da considerazioni illegittime».
La presa di posizione dei piloti ed ex membri dell’aeronautica, che godono di particolare prestigio negli appartati della difesa israeliani, rimane però quella che fa più rumore. A far discutere è soprattutto la decisione del numero uno delle forze aeree Tomer Bar di sospendere i firmatari dal servizio da riservisti, sostenendo che il loro messaggio «mina la coesione delle forze armate».
Bar e lo stesso Netanyahu a inizio settimana erano intervenuti per cercare di fermare la pubblicazione della lettera ottenendo però soltanto che ne venisse edulcorato il messaggio. Il testo, per esempio, non fa appello al rifiuto di svolgere il servizio militare in caso di continuazione della guerra, come alcuni firmatari avrebbero voluto.
Ynet riporta che circa il 10 per cento dei firmatari sono riservisti attivi. «La continuazione delle ostilità non fa avanzare nessuno degli obiettivi dichiarati della guerra e porterà alla morte degli ostaggi, dei soldati dell'Idf e di civili innocenti», si legge nella lettera. «Come è stato dimostrato in passato, solo un accordo può restituire gli ostaggi in modo sicuro; la pressione militare porta principalmente all'uccisione degli ostaggi e mette in pericolo i nostri soldati». E ancora: «Facciamo appello a tutti i cittadini di Israele affinché si mobilitino».
Voci di negoziato
Dopo il freddo vertice fra Trump e Netanyahu a Washington, dove Bibi si è recato da Budapest in Ungheria sorvolando l’Italia e altri paesi “amici” per evitare lo spazio aereo di chi avrebbe potuto applicare il mandato di arresto della Corte penale internazionale, tornano a inseguirsi voci su nuovi negoziati.
Dettagli trapelati sull’ultima proposta messa sul campo dai mediatori parlano del rilascio di cinque ostaggi israeliani vivi nell’arco di alcune settimane nelle quali tornerebbero a tacere le armi. Lo stato ebraico, sempre secondo voci non confermate, starebbe insistendo il numero venga portato a undici.
Le discussioni vengono segnalate sui media arabi. Secondo il quotidiano libanese Al Akhbar, vicino ad Hezbollah, le trattative stanno «accelerando». Il canale saudita Al Hadath ha fatto sapere che una delegazione di Hamas dovrebbe arrivare al Cairo sabato.
Un rappresentante del movimento islamista palestinese ha fatto sapere ad Al Jazeera che il gruppo è «aperto a qualsiasi nuovo accordo che comporti il cessate il fuoco e un ritiro dell'Idf dalla Striscia di Gaza». Rimane però l’ostacolo dei partiti di ultra-destra al governo in Israele.
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