Due cose colpiscono nel dibattito sulla guerra che infervora nella bolla politicistico-mediatica nazionale: la mancanza di rispetto e il fatto di non parlare mai della guerra reale, quella sul terreno. Le distinzioni di schieramento non sono pregnanti per comprendere ciò che accade: in questo preciso momento pare esserci molta più rigidità dentro una parte della direzione del Pd, mentre a destra sta lentamente prevalendo un certo pragmatismo (senza considerare l’atteggiamento della Lega, influenzato da interessi).

Ultimamente si è sentito dire che le posizioni pacifiste sono “ipocrite e infantili”: dare dell’ipocrita e dell’infantile a chi parla di pace (un nome a caso: papa Francesco) non sembra molto rispettoso né opportuno, per non parlare dell’astio nei confronti delle candidature di Marco Tarquinio o Cecilia Strada, le cui posizioni sono note da tempo. Pare che si tratti soprattutto di guerra intestina allo scopo di intimidire la leader Elly Schlein con attacchi ai candidati da lei scelti. Il paradosso è che in questo momento le posizioni del vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani sono molto più realistiche e ragionevoli, essendosi opposto all’escalation e all’eventuale coinvolgimento diretto dell’Italia.

Gli elettori che si apprestano ad andare alle urne per le europee sono piuttosto preoccupati per il rinfocolarsi della guerra e non amano la linea dei falchi. La maggioranza degli italiani, di destra o di sinistra, vorrebbe una soluzione politica, mentre il dibattito politico appare irrigidito. Massimo Cacciari ha del tutto ragione: «La libera espressione del dissenso è frenata dai tempi di guerra». Ci sarebbe bisogno di più serenità per un dibattito libero e riguardoso, ma purtroppo il contesto di guerra ingoia tutto e paralizza il pensiero.

Ossessione

Il modo rabbioso di chi si scaglia contro chi parla di pace è esageratamente ossessivo. Citando sempre Cacciari: «In guerra il rapporto politico si esalta e semplifica nell’aut aut amico-nemico». Si tratta di schemi mentali da guerra mondiale o da guerra fredda, che in Italia non avevano mai attecchito del tutto, salvo che per le ali estreme. Vivere in un regime mentale di continua emergenza distrugge la facoltà di pensare liberamente o fuori dagli schemi: “amico-nemico”, giusto-sbagliato, bene-male ecc. rappresentano concetti binari un po’ troppo elementari che spesso abbiamo contestato agli americani, ma che ci ritroviamo ora in casa.

In realtà lo abbiamo già vissuto sulla questione dei migranti. L’aspetto più inquietante è che si parla poco della guerra vera. Vediamo i russi avanzare progressivamente e fare terra bruciata: non è più una questione di armi, ma di uomini. L’Ucraina si è dissanguata e non ce la può fare. Di conseguenza restano solo due scelte: andare a combattere direttamente o provare a negoziare. Chi voleva la trattativa subito può essere trattato da Cassandra, ma l’aveva previsto: la Russia non si batte, anche se ha torto. Chi ha proseguito sulla linea delle armi dovrebbe perlomeno ammettere l’errore di previsione: la Russia non ha perso potenza, ma l’ha aumentata.

Ci avevano detto che aveva finito i missili, che era allo stremo e così via: tutto falso. La stessa propaganda sulla controffensiva ucraina era un bluff. Chiedere un vero dibattito è doveroso: continuare solo a ripetere “armi armi” senza guardare in faccia la realtà del terreno pare irresponsabile soprattutto per gli ucraini. Va chiarito che chi vuole la trattativa lo fa per l’Ucraina e non per la Russia: per difendere cioè Kiev ed evitare il suo tracollo.

Retorica della vittoria

Personalmente non sono mai stato sulla linea pacifista integrale: ho detto e scritto che aiutare l’eroica resistenza ucraina era giusto e necessario. Solo mi sono ritratto al primo accenno (dopo Bucha e Irpin) di propaganda sulla retorica della “vittoria”. Malgrado lo scandalo per le atrocità sui civili, non si deve mai perdere lucidità: non c’è vittoria in nessuna guerra, soprattutto contro una potenza nucleare (e per questo è inutile portare come esempio la guerra contro Hitler).

Inoltre la mancanza di dati reali sulle perdite ucraine lascia perplessi: perché nasconderli? La “linea polacca o baltica” che la Russia vada “spezzata o vinta o punita” è insensata e irrealizzabile. Il Global South non ci segue in questo, e anzi pensa che le regole internazionali siano bene o male una costruzione occidentale che può essere riformata. La propaganda sino-russa sta facendo breccia. Per arrestarla occorre portare Mosca sul nostro terreno di elezione: la diplomazia e il dialogo.

Proseguire questa guerra diventa così inutile: non darà più sicurezza all’Europa né aiuterà l’Ucraina. La lezione delle tante guerre di questi ultimi 30 anni (molte delle quali iniziate dall’occidente) dovrebbe bastare: non c’è stata nessuna vittoria su nessuno o per nessuno. La verità è che da parte europea e occidentale non è stato fatto alcuno vero sforzo per mediare o negoziare. Si è solo ripetuto il mantra: «Ma i russi non vogliono negoziare e nemmeno gli ucraini». Scusate il mio sorriso: ma che scoperta!

Mediazione

Permettetemi di dire – come esperto nel ramo – che non si dà mai il caso di qualcuno che fa o subisce la guerra e accetti subito di negoziare. Il compito delle mediazioni è proprio di convincere le parti che trattare è più conveniente. Si tratta di un’incombenza difficile, lunga e senza garanzia di successo, come sanno i diplomatici. Da contestare è il fatto che l’Europa non ci abbia nemmeno provato, ingessandosi in una posizione senza sbocchi.

In politica bisogna sempre lasciarsi spazi di manovra, ma gli europei hanno scelto di restare ingabbiati, demandando la soluzione ad altri o alle armi. Il paradosso maggiore (e più umiliante) è che ci sta provando la Turchia: prova lampante che c’era spazio anche per dei seri tentativi europei. L’influenza turca sta crescendo; quella europea diminuendo.

Questo è vero anche per Gaza: altra ingessatura e immobilismo della politica europea. Togliamo dal ragionamento un equivoco: non è vero che l’Europa non può o non sa: potrebbe, ma decide di non volere. Spero che presto la diplomazia italiana mi smentisca, provando a dare il suo contributo per uscire da entrambe le impasse. Ci sono già stati troppi morti e troppe vittime civili per continuare queste guerre, utili solo al potere di chi le ha iniziate.

Sarebbe giusto sfuggire alla trappola di Vladimir Putin che ci vorrebbe in guerra permanente, come da quella di Hamas e dei suprematisti e millenaristi israeliani che hanno preso in ostaggio i palestinesi e Israele tutta. Non basta stabilire chi ha ragione: occorre salvarci tutti dall’ingranaggio demoniaco della guerra che non finisce mai.

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