Dall’inizio della guerra diverse aziende hanno deciso si interrompere o sospendere le loro attività economiche in Russia. Tra queste ci sono anche tante imprese italiane ma c’è anche chi ha deciso di rimanere. Leggi quali
Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina avvenuta lo scorso 24 febbraio, centinaia di aziende hanno sospeso i loro servizi in Russia in segno di contrarietà alla guerra.
Un team di esperti dell’università di Yale guidati da Jeffrey Sonnenfeld aggiorna quotidianamente la lista con delle imprese che hanno lasciato il paese.
L’obiettivo, come si legge anche in un editoriale che ha accompagnato la prima lista pubblicata, è di «differenziare le aziende che hanno interrotto i loro affari in Russia da quelle che hanno alzato una cortina di fumo facendo donazioni ai rifugiati ma continuando i loro affari come al solito».
Le aziende italiane che sono rimaste in Russia
Il team di ricercatori ha suddiviso le aziende in diverse categorie. Nella categoria F ci sono quelle che continuano a operare in Russia nonostante l’aggressione all’Ucraina.
Se ne contano in totale 128 e tra queste ci sono diverse aziende europee provenienti principalmente da Spagna, Belgio, Francia, Germania. Ma ci sono anche diverse aziende italiane: Buzzi Unicem (attiva nella produzione del cemento), Calzedonia, Campari, Cremonini Group, De Cecco, Delonghi, Geox, Intesa Sanpaolo, Menarini Group, Unicredit e Zegna group.
Le aziende a metà del guado
Poi ci sono le aziende che rimandano i futuri investimenti e sviluppi pianificati pur continuando gli affari sostanziali in Russia. Rientrano nella categoria D e sono in totale 91 aziende. Tra le italiane ci sono: Barilla, Maire Tecnimont. La prima ha sospeso gli investimenti in advertising e in nuovi progetti, mentre la seconda ha sospeso solo le attività commerciali. Tra le imprese straniere più conosciute in questa lista ci sono Pfizer, Nestle, Siemens, Sanofi,
La lista differenzia anche un’altra categoria (C) di aziende (52) che stanno ridimensionando alcune operazioni commerciali significative ma che continuano a farne altre. Le italiane sono: Enel (ha sospeso nuovi investimenti e sta cercando di diversificare il suo portafoglio), Ferrero (ha interrotto tutte le attività non essenziali), Iveco (ha messo in pausa le consegne) e Pirelli (ha sospeso nuovi investimenti e ridotto il livello di produzione).
Ci sono anche le aziende che stanno temporaneamente riducendo la maggior parte o quasi tutte le operazioni mantenendo aperte le opzioni di returns. Tra queste ci sono: Ferrari, Iveco, Leonardo, Moncler e Prada.
La ritirata
Infine, c’è anche una lista con tutte le aziende che interrompono totalmente gli impegni russi o escono completamente dal paese. A oggi, oltre un mese dopo lo scoppio del conflitto, sono in totale 233 imprese. Quelle italiane sono: Assicurazioni Generali, Eni (che è uscita dal gasdotto Bluestream ma rimane ancora in affari con la russa Rosneft per l’estrazione dal giacimento di Zohr), Yoox e Ferragamo.
Tra le altre aziende conosciute ci sono ArcelorMittal, Airbnb, Activision Blizzard, Booking, Heineken, Netflix, Rolex, Shell, spotify, Swarowsky.
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