La capitale ucraina, Kiev, ieri notte è andata a dormire con una dose aggiuntiva di ansia. Un insolito avviso dell’ambasciata americana ai suoi concittadini ha messo in guardia da un «un potenziale attacco aereo significativo il 20 novembre». Gli americani hanno chiuso i loro uffici per un giorno, seguiti dagli italiani, spagnoli e greci. Non si può dire che nella capitale ucraina si sia scatenato il panico, ma dopo il durissimo bombardamento di sabato notte, in molti hanno i nervi a fior di pelle.

La notizia ha subito fatto il giro dei canali Telegram ucraini, il mezzo principale tramite cui ci si informa. Al messaggio originale dell'ambasciata, qualcuno ha aggiunto un avviso dell’intelligence militare ucraina su un imminente attacco missilistico «particolarmente massiccio». Invenzione, quest’ultima, della «propaganda russa», secondo le autorità di Kiev. Media più tradizionali hanno analizzato un’altra voce diffusa sui social: ossia che la Russia sarebbe stata pronta a utilizzare un nuovo missile balistico intercontinentale, nome tecnico RS-26 Rubzeh.

In risposta a questi avvertimenti, la vita nella capitale è proseguita all’apparenza come al solito, ma in parecchi hanno preferito restare a casa, per essere pronti a raggiungere un rifugio in caso di attacco. Mentre questo giornale andava in stampa, non era ancora chiaro se la notte tra mercoledì e giovedì sarebbe stata una come le altre.

Arrivano gli Storm Shadow

In queste ultime settimane di autunno, il livello di tensione in Ucraina ha ormai raggiunto livelli di guardia. Ieri, l’aviazione ucraina ha utilizzato per la prima volta missili anglo-francesci Storm Shadow per colpire bersagli nella regione russa di Kursk. Secondo fonti russe, almeno 12 missili sono stati lanciati contro la regione e canali Telegram locali hanno mostrato fotografie di  frammenti che sembrano indicare la loro provenienza.

Dopo i primi attacchi in Russia con missili a lungo raggio di fabbricazione americana, compiuti questa settimana, molti si attendono da un momento all’altro una violenta risposta di Mosca. L’avviso dell’ambasciata americana è stata benzina lanciata sul fuoco del paure ucraine, già piuttosto intenso.

Nel frattempo, l’imminente arrivo di Trump alla Casa Bianca , fissato per il 20 gennaio, spinge gli alleati dell’Ucraina a cercare ogni modo per migliorare la posizione di Kiev nel timore che il nuovo presidente tagli completamente gli aiuti militari. Questo significa consegnare se non più armi, il denaro da utilizzare è limitato, almeno armamenti differenti e, auspicabilmente, più efficaci.

Al via libera sui missili americani e britannici, ieri si è aggiunta la decisione della Casa Bianca di consegnare mine antiuomo alle forze armate ucraine, una decisione che secondo esperti come Rob Lee, ricercatore presso il Foreign Policy Research Institute appena tornato da un viaggio sul fronte ucraino, potrebbe avere conseguenze persino maggiori di quella sui missili – con l’Ucraina che combatte una guerra difensiva, le mine sono uno strumento chiave per rallentare l’avanzata nemica, anche se rischiano di avere a lungo effetti sulla popolazione civile.

Tentativi diplomatici

Mentre a Kiev si temono le bombe, sulla scena internazionale si continua a parlare dei futuri negoziati. Gli annunci di nuove armi e gli attacchi di questi giorni sono, d’altro canto, una paradossale conseguenze delle imminenti trattative. Russi, ucraini e i loro alleati stanno provando tutti ad arrivare con le carte migliori al futuro tavolo delle trattative.

Ieri, l’agenzia Reuters ha riferito che, secondo fonti vicine al Cremlino, il presidente russo, Vladimir Putin, è pronto a discutere con Trump un cessate il fuoco in Ucraina, ma sulla base di due condizioni imprescindibili: minime concessioni territoriali, ossia la Russia si tiene ciò che ha occupato, e nessun ingresso dell’Ucraina nella Nato. Secondo le indiscrezioni uscite sulla stampa americana, i vari piani che i collaboratori avrebbero presentato a Trump si basano sul congelamento del fronte sulle attuali posizioni e su una moratoria ventennale sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato.

I blackout 

Nell’attesa di nuovi attacchi, gli ucraini fanno i conti con i bombardamenti degli ultimi giorni, in particolare dopo quello avvenuto tra sabato e domenica, uno dei più intensi della guerra. Nella capitale, Kiev, e in altre grandi città, le forniture di corrente sono state quasi completamente ripristinate. Ma a Odessa, tre giorni dopo l’attacco, la situazione è ancora difficilissima. L’elettricità c’è solo per 4-5 ore al giorno. La rete telefonica non funziona e questo rende difficile prepararsi agli allarmi, il che spiega in parte la morte di oltre dieci persone nel bombardamento a sorpresa di lunedì, avvenuto in pieno giorno.

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