Il governo ha dato in affidamento vitto e alloggio per gli agenti italiani al Rafaelo Resort di Gjinaj. L’imprenditore è legato ai socialisti albanesi. Intanto è pronta un’altra commessa da un milione
I contratti e le cifre stanziate non mentono: il protocollo Italia-Albania sui migranti è un salasso per le casse dello stato. Le spese, stimate in circa 900 milioni di euro totali, comprendono la costruzione delle strutture, la gestione dei centri, gli straordinari e il vitto e l’alloggio delle forze di polizia italiane di stanza in Albania. Ospitalità affidata a due grandi strutture alberghiere.
Domani ha scoperto che il proprietario dell’ aziende che ha più beneficiato dei soldi pubblici del governo di Giorgia Meloni, ha solidi legami con esponenti di rilievo del partito del premier albanese Edi Rama. Ma partiamo dall’ultimo fallimento della missione Albania, dal rientro in Italia, cioè, degli ultimi sette migranti inviati a Gjader. I giudici hanno deciso di nuovo di non convalidare il loro trattenimento. La nave Libra della Marina militare e quelle della guardia costiera continuano il loro ping pong tra le coste albanesi e quelle italiane, con costi ulteriori. A quest si sommano quelli relativi al vitto e all’alloggio degli agenti italiani impiegati nel paese di Rama.
Dopo i nove milioni previsti dal Viminale per coprire le spese di vitto e alloggio di 295 agenti di polizia nel lussuoso Rafaelo Resort per un anno, il ministero della Giustizia, ha scoperto Domani, sta per chiudere una «procedura negoziale» dal valore di oltre 993mila euro per la somministrazione dei pasti agli agenti penitenziari da dicembre 2024 a dicembre 2026. Con un’opzione di altri 993mila euro per altri 24 mesi. Totali oltre 2.4 milioni di «quadro economico» approvato. In pratica è un altro affidamento diretto senza gara. Da quanto si legge sul sito del ministero, lo scorso 4 novembre è stato pubblicato un avviso con l’obiettivo di reperire aziende per due lotti entro il 19 novembre. Il primo è per la fornitura di tre pasti giornalieri per poliziotti della penitenziaria (minimo 12 e massimo 36); il secondo, invece, riguarda il vitto e l’alloggio di «quattro unità del comparto funzioni centrali». Insomma, mentre agli agenti tocca dormire nei prefabbricati, i dirigenti saranno ospiti nel resort sul mare.
Anche questo affidamento, come tanti altri svelati da questo giornale, si basa sull’urgenza dunque niente bandi, viste le «stringenti tempistiche da rispettare per l’attivazione dei servizi essenziali di ospitalità e somministrazione pasti per il personale in servizio presso l’Istituto penitenziario di Gjader (Albania)», si legge nell’avviso. Eppure il tempo c’era eccome: il protocollo è stato firmato un anno fa. Non è da escludere che entrambi i lotti vengano affidati di nuovo all’Inheritor hotel di Shëngjin: piscina, camere di livello, con cui il ministero ha già stipulato una convenzione iniziata lo scorso 15 settembre e che durerà fino al 14 dicembre, per una cifra complessiva di 152mila euro. La sua offerta è stata più bassa di quella presentata dal Rafaelo Resort, che ha comunque preso la sua parte: ha già ottenuto il vitto e l’alloggio dei quasi trecento agenti della polizia di stato.
L’uomo del Rafaelo
«Noi non facciamo business. E abbiamo già un’esperienza di accoglienza con i profughi afghani», diceva Edi Rama in un’intervista a Repubblica dopo la firma del protocollo con Giorgia Meloni. Se non è il governo albanese a incassare, sono i privati a concludere affari. Il vero regista in questo momento è Mark Gjinaj proprietario del Rafaelo resort.
Dal 2018 al 2022 gli introiti dell’ hotel sono più che quadruplicati. Una cifra cresciuta in maniera esponenziale anche perché dall’ottobre del 2021 sta ospitando (con denaro degli Stati Uniti) centinaia di afghani (quelli a cui si riferiva Rama nell’intervista) scappati da Kabul dopo la fuga degli eserciti occidentali. Gli ultimi dati contabili disponibili rivelano che, nel 2022, il fatturato del Rafaelo resort ammontava a quasi 14 milioni di dollari. Il prossimo bilancio sarà più ricco dei milioni guadagnati grazie al governo italiano.
Di certo, dunque, Gjinaj continua a fare affari con i migranti e grazie agli accordi presi da Rama. Negli anni l’imprenditore è stato abile nel costruire una rete aziendale in diversi settori: dal turismo al settore edile fino a quello energetico. Ed è stato altrettanto capace di stringere rapporti politici di primo piano con diversi esponenti del partito socialista albanese del premier Edi Rama e ministri.
Le rete politica
Gjinaj ha, infatti, connessioni importanti con la classe politica albanese. In più di un’occasione appare in alcune foto pubblicate su Facebook insieme al segretario del Partito socialista albanese Blendi Klosi (ex ministro del Turismo nel governo Edi Rama dal 2017 al 2021) e a Ruzhdi Kurtishaj (presidente dell’associazione del Turismo del Kosovo). Klosi è un uomo di partito, uno dei più fedeli a Rama e chi lo conosce riferisce che tra i due i rapporti sono eccellenti.
Il segretario e l’imprenditore appaiono sorridenti in una foto scattata in un evento istituzionale a Pristina (Kosovo) nel marzo del 2022 e un anno dopo, nel giugno del 2023, sono seduti insieme in una cena informale. Tra loro questa volta c’è anche Admir Kadeli figlio dell’ex deputato socialista Gjovalin Kadeli, entrambi da sempre vicino al partito di Rama.
Kadeli oltre a essere l’anello di congiunzione tra l’élite politica e il mondo aziendale, è a sua volta imprenditore: è presidente della Iridiani&Kadeli Sh.p.k. e socio in affari dello stesso Gjinaj nella società Eco motors trade. Kadeli ha anche connessioni con Pjerin Ndreu, sindaco di Lezhë, località a due passi da Shengjin. Lo dimostrano le numerose foto in cui appaiono insieme e i post Facebook di Ndreu, che Kadeli condivide quasi ogni giorno sul suo profilo.
Domani ha chiesto al Rafaelo resort un chiarimento sulla procedura seguita per ottenere l’affidamento dal governo italiano e sui legami tra Gjinaj e il segretario del partito socialista Blendi Klosi. «Il ministero dell’Interno italiano ha seguito gli accordi e le procedure in questione», ha risposto dalla struttura, per poi aggiungere: «Non siamo coinvolti negli aspetti procedurali, politici o decisionali di questi accordi». Nessuna risposta, invece, dal Viminale sulle procedure seguite nella selezione.
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