Il continente ha reagito allo spaventoso attacco di Hamas contro Israele condannando l’uso della violenza estrema, ma anche rimarcando una propria posizione, sebbene differenziata da paese a paese, rispetto alla questione palestinese
L’Africa reagisce allo spaventoso attacco di Hamas contro Israele e lo fa condannando l’uso della violenza estrema, ma anche rimarcando una propria posizione, sebbene differenziata da paese a paese, rispetto alla questione palestinese.
A dare subito il tono, all’indomani del raid, è stato Moussa Faki Mahamat, presidente della commissione dell'Unione africana. Dopo avere lanciato un appello per la «fine del conflitto, che ha causato centinaia di morti nelle due comunità», ha invitato entrambe le parti «a tornare, senza precondizioni, al tavolo dei negoziati per attuare il principio dei due stati che vivono fianco a fianco». Ma ha poi ricordato polemicamente «che la negazione dei diritti fondamentali del popolo palestinese, in particolare quello di uno stato indipendente e sovrano, è la causa principale della permanente tensione». La dichiarazione, a nome di tutti i 55 membri dell’Ua, è stata diffusa su X.
Ancora più dura la presa di posizione ufficiale del governo sudafricano. Dopo aver espresso «grave preoccupazione per la devastante escalation del conflitto» ha sottolineato come la nuova gravissima tensione sia «scaturita dalla continua occupazione illegale della terra palestinese, dalla continua espansione degli insediamenti, dalla profanazione della moschea di Al Aqsa e dei luoghi sacri cristiani e dalla continua oppressione del popolo palestinese».
Egitto e Marocco hanno scelto invece una via più sfumata. Il Cairo teme «gravi conseguenze» e chiede di «esercitare la massima moderazione e di evitare di esporre i civili a ulteriori pericoli». Rabat invece, che si sta muovendo verso pieni legami diplomatici con Israele a seguito dei cosiddetti accordi di Abramo, ha espresso «profonda preoccupazione» e ha condannato gli attacchi ai civili «ovunque essi si trovino».
Il Kenya, per bocca del segretario capo del ministero degli Esteri Korir Sing'oei, ha dichiarato: «Ripudiamo i pianificatori, i finanziatori e gli esecutori di questo atroce attacco. Sebbene Israele abbia il diritto di reagire, è necessario trovare una via pacifica per risolvere questa orribile situazione». Sulla stessa linea le posizioni del Ghana che condanna e chiede alle due parti di «ridurre la rabbia e ricominciare a dialogare» e dello Zambia: «Condanniamo fermamente e senza giri di parole e continuiamo a sottolineare la necessità di mezzi diplomatici».
Dalla Nigeria alla Tunisia
La Nigeria, uno degli stati africani più colpiti dal terrorismo islamico e dalla penetrazione jihadista, ha voluto subito esprimere grandi timori per una possibile escalation. Il ministro degli Esteri, Yusuf Tuggar, ha sottolineato che il governo è «profondamente preoccupato per lo scoppio delle ostilità tra Israele e Hamas» e ha chiesto un «cessate il fuoco» e una «risoluzione pacifica del conflitto attraverso il dialogo».
Il presidente ugandese Yoweri Museveni ha condannato e ha colto l’occasione di ribadire la necessità di procedere all’istituzione di due stati sovrani. «Lo scoppio di nuove violenze in Israele e Palestina – ha detto – è deplorevole. Perché le due parti non attuano la soluzione dei due stati? Da condannare, in particolare, è la pratica di prendere di mira civili e non combattenti da parte dei belligeranti».
Completamente anti israeliana, invece, la presa di posizione dell’Algeria che con un comunicato del ministero degli Esteri, ha condannato solo gli attacchi aerei su Gaza, lanciati dopo l’offensiva di Hamas, definendoli «una palese violazione di tutte le leggi internazionali» e aggiungendo: «L’Algeria condanna fermamente i brutali attacchi aerei delle forze di occupazione sioniste nella Striscia di Gaza, che hanno causato molte vittime, tra cui bambini e donne».
Dello stesso tenore la dichiarazione della presidenza della repubblica tunisina che ribadisce la solidarietà «piena e incondizionata» al popolo palestinese, riafferma il diritto dei palestinesi a reclamare le terre occupate e denuncia le centinaia di massacri commessi dal «nemico sionista contro i palestinesi» e del governo del Sudan travolto, a sua volta, da un conflitto interno: «Il Sudan segue i pericolosi sviluppi e rinnova il suo sostegno ai diritti legittimi dei palestinesi di ottenere uno stato indipendente».
Le relazioni con Israele
La complessità delle relazioni tra Israele e Africa è ben riassunta dallo spiacevole episodio occorso a febbraio in occasione dell’apertura del vertice dell’Unione africana quando una delegazione di osservatori capitanata dall’ambasciatrice Sharon Bar-Li, è stata platealmente espulsa dalla plenaria. «Israele – aveva dichiarato il ministero degli Esteri – considera seriamente l’incidente. È triste vedere che l’Unione africana sia in ostaggio di un piccolo numero di paesi estremisti come l’Algeria e il Sudafrica».
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