La premier danese rimarrà per due giorni nell’isola che, pur autonoma, è sempre legata al regno di Danimarca. Rubio vedrà il ministro degli Esteri Rasmussen a Bruxelles. Intanto la multinazionale danese Moeller Maersk ha preso il controllo della rete ferroviaria del canale di Panama
Negli ultimi giorni il viavai di aerei istituzionali nei cieli della Groenlandia si è fatto sempre più fitto. Dopo la visita di venerdì del vicepresidente Usa J.D. Vance alla base militare americana di Pituffik, la premier danese Mette Frederiksen ha organizzato in fretta un viaggio a Nuuk. La statsminister è atterrata e rimarrà per due giorni nell’isola che, pur autonoma, è legata al regno di Danimarca. Il tempismo della visita non lascia spazio a molte interpretazioni. Certo, venerdì si è formato il nuovo governo groenlandese e Frederiksen voleva conoscere personalmente il premier Jens-Frederik Nielsen. Ma la premier non è salita sull’aereo per cortesia diplomatica.
L’intento di Copenaghen è un altro: marcare il territorio, dopo l’affondo di Vance e le minacce di Donald Trump. «Ho il più profondo rispetto per il modo in cui il popolo groenlandese e i politici groenlandesi stanno gestendo la grande pressione sulla Groenlandia», ha dichiarato Frederiksen alla vigilia di un viaggio che, al contrario di quello di Vance, è organizzato per incontrare la comunità politica e civile dell’isola.
Il delicato momento storico impone, secondo Frederiksen, una comunione d’intenti tra i partiti dell’isola. Tuttavia, la sua stessa visita ha creato malumori tra le quattro forze governative. Nielsen, moderatamente indipendentista e leader dei Demokraatit, ha accolto con soddisfazione Frederiksen: per il neo premier è essenziale rafforzare il rapporto con Copenaghen fino a che l’isola non sarà in grado di essere sovrana. Il caloroso abbraccio – pur a -9 gradi – tra il primo ministro uscente Mute Egede e una Frederiksen appena atterrata dimostra che anche il leader di Inuit Ataqatigiit ha apprezzato l’iniziativa.
Lo stesso non si può dire però per gli altri due partiti al governo, come Atassut e come Siumut della neoeletta ministra degli Esteri Vivian Motzfeldt, che ha definito «inappropriato» il viaggio di Frederiksen. Frederiksen però non poteva aspettare. Trump e Vance continuano a ribadire la volontà di ottenere il controllo dell’isola, in un modo o nell’altro, senza contare gli attacchi diretti alla Danimarca, definita un cattivo alleato. In un clima di tensioni crescenti, toccherà al segretario di Stato Marco Rubio e al ministro degli Esteri danese Lars Lokke Rasmussen provare a distendere gli animi. I due si incontreranno oggi a Bruxelles, a margine della ministeriale Nato, e non sarà facile. Il vertice a sua volta sarà ricco di tensioni, vista la concomitanza con l’annuncio dei dazi Usa. Rubio si troverà a discutere con gli europei sugli aiuti all’Ucraina e sui soldi per la difesa.
La Groenlandia sarà lo sfondo dei discorsi tra lui e Rasmussen. Il ministro danese ha usato toni concilianti, dicendosi «aperto alle critiche», pur rimarcando di non apprezzare il tono con cui sono state espresse. Rubio ribadirà le ragioni dell’interesse Usa sull’isola. I motivi non detti sono le risorse energetiche e le materie prime custodite tra i ghiacci polari. Quella invece manifestata pubblicamente è l’esigenza di fare dell’isola un perno della difesa settentrionale degli Usa. Washington ha apprezzato l’annuncio di Copenaghen di un aumento delle spese per la difesa artica. Più navi e soldati danesi nelle acque attorno all’isola rappresentano comunque un passo avanti nella deterrenza agli occhi di Russia e Cina. A Bruxelles c’è anche Mark Rutte: il punto dirimente per il segretario della Nato è «come difendere l’Artico» dalla militarizzazione della Russia e dai tentacoli cinesi.
Copenaghen, però, non vuole rimanere passiva. E lo ha dimostrato rilevando tramite la multinazionale danese Moeller Maersk il controllo della Panama Canal Railway Company, ferrovia di 76 chilometri che collega i due scali portuali del canale di Panama. A riportarlo è stato il Financial Times, spiegando come sia una mossa che limita l’influenza degli Usa sullo snodo marittimo.
Solo poche ore prima, come una partita a scacchi, il Washington Post aveva rivelato che alcuni funzionari della Casa Bianca hanno iniziato a calcolare quanto costerebbe alle casse Usa prendere il controllo della Groenlandia. Dai vantaggi dello sfruttamento dei giacimenti dell’isola, alle spese delle sovvenzioni da corrispondere a Nuuk ogni anno per il suo sostentamento. Copenaghen invia circa 580 milioni di euro annualmente. Dal momento che le minacce verbali non sembrano pagare, gli Usa vorrebbero trovare un accordo più vantaggioso per tentare i groenlandesi. Washington e Copenaghen hanno iniziato a muoversi sulla scacchiera.
© Riproduzione riservata