Per il terzo giorno consecutivo, le truppe ucraine continuano ad avanzare in territorio russo. La penetrazione nella regione di Kursk è arrivata a oltre 25 chilometri, secondo i confusi rapporti che arrivano dal nuovo fronte. Gli ucraini avrebbero occupato l’importante nodo stradale di Sudzha, mentre reparti avanzati sarebbero arrivati fino ai villaggi di Korenevo e Anastasyevka. Secondo le stime più generose, gli ucraini avrebbero occupato in tre giorni 430 chilometri quadrati di territorio: più di tutti i risultati ottenuti nell’intera controffensiva della scorsa estate.

Con le informazioni contraddittorie che arrivano dal campo di battaglia, gli analisti internazionali e gli stessi ucraini restano divisi nella loro valutazione dell’operazione. Si tratta di una mossa geniale che ha colto i russi di sorpresa e che li costringerà a rallentare l’offensiva in corso in Donbass, oppure di un gesto disperato che porterà a un inutile sacrificio di soldati in un momento in cui l’esercito di Kiev è a corto di truppe?

Le reazioni

Mercoledì, il presidente russo Vladimir Putin aveva liquidato l’operazione ucraina come una «provocazione su larga scala», ma 48 ore dopo è chiaro che la situazione è serissima per le forze armate del Cremlino, che hanno reagito all’incursione in modo caotico e confuso. In tre giorni, il ministero della Difesa russo ha già proclamato sei volte di aver respinto l’incursione. Ma al momento non c’è traccia né di una resistenza organizzata né, tantomeno, di contrattacchi. Kiev, nel frattempo, mantiene il riserbo totale sull’operazione. Il presidente Volodymyr Zelensky ha commentato l’operazione soltanto in maniera indiretta. «L’esercito ucraino sa ancora come ottenere una sorpresa», ha detto Zelensky. Gli alleati sono stati sorpresi dall’operazione. La Casa Bianca ha fatto sapere che lascerà a Kiev commentare l’incursione, mentre un portavoce della Commissione europea ha detto che gli ucraini hanno diritto a colpire il nemico «ovunque ritengano opportuno».

L’assalto

Gli ucraini avevano già lanciato almeno due rapide incursioni in territorio russo, lo scorso marzo e poi a maggio. Ma l’operazione di questi giorni è avvenuta su tutt’altra scala. Secondo Konrad Muzyka, analista del conflitto ucraino per la società indipendente Rochan Consulting, nei combattimenti sono coinvolti elementi di almeno quattro brigate delle forze armate regolari e il piano di battaglia e il suo coordinamento sono nelle mani dell’alto comando militare.

Gli obiettivi

Negli ultimi giorni sono circolate diverse ricostruzioni sui possibili obiettivi ucraini. Secondo alcuni, l’obiettivo dell’attacco sarebbe la centrale nucleare di Kursk, oppure la stazione di pompaggio di Sudzha, utilizzata per trasportare gas dalla Russia in Europa attraverso l’Ucraina. Ma la stazione può essere bombardata a distanza e anche la sua occupazione non richiederebbe un’operazione massiccia come quella in corso.

L’obiettivo più ovvio è quello distrarre i russi e costringerli a mollare la presa sul Donbass, dove le loro truppe avanzano da settimane e la situazione per gli ucraini è sempre più critica. Una mossa speculare all’attacco che i russi hanno lanciato a maggio contro Kharkiv.

Un’altra possibilità è stata suggerita tra le righe dal consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak: puntare a occupare la maggior quantità di territorio possibile e poi usarla come moneta di scambio in un futuro negoziato.

Possibile successo

Nelle prime ore successive all’attacco, l’opinione comune di numerosi commentatori ucraini e internazionali era molto critica nei confronti dell’operazione, vista come uno spreco di risorse per motivi di propaganda. Ma a tre giorni dall’inizio, di fronte alla confusione dei russi e alla determinazione delle truppe di Kiev, l’opinione generale sta iniziando a mutare. Molti cominciano a paragonare l'attacco di questi giorni alla controffensiva di Kharkiv, lanciata di sorpresa nell’autunno del 2022 e terminata con la rapida liberazione di centinaia di chilometri quadrati di territori ucraino. A guidare l’attacco era stato il generale Oleksandr Syrsky, attuale comandante in capo delle forze armate ucraine.

«Se l’operazione ucraina avrà successo – ha scritto ieri l’analista Muzyka – costringerà i russi a diminuire i loro attacchi su Donetsk, creerà dei dilemmi per Mosca, consentirà a Kiev di mantenere una presenza nella regione di Kursk, migliorando la sua posizione negoziale, allora Syrsky sarà considerato un vincitore».

L’ombra del disastro

Ma i dubbi sull’esito dell’operazione restano numerosi. Il ministero della Difesa russo ha già annunciato di aver trasferito riserve dal vicino fronte di Kharkiv a quello di Kursk, ma non ci sono ancora segnali di spostamenti dai territori a sudest che più preoccupano gli ucraini: come ha scritto il giornalista del Kyiv Indipendent Francis Farrell, «la strada dal Donbass a Kursk è molto, molto lunga» e i russi dispongono di grosse riserve, come le centinaia di migliaia di soldati di leva che non vengono impiegati su suolo ucraino. Se davvero gli ucraini puntano a conservare i territori occupati fino ai negoziati, dovranno fare i conti con le difficoltà nel far affluire rifornimenti nella regione di Kursk e con la determinazione del Cremlino a liberare i territori nazionali occupati.

Nel frattempo, la situazione in Donbass resta critica e le truppe russe avanzano ormai ogni giorno, mettendo a rischio le città strategiche di Pokrovsk, Toretsk e Chasiv Yar. Barattare l’effimera conquista di qualche chilometro quadrato di territorio russo con la perdita dell’ultimo lembo di Donbass ancora in mano ucraina è certamente uno scambio che Kiev preferirebbe evitare.

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