- Benny Wenda, Patricia Poleo, Azer Samadov, Petr Silaev. Sono solo alcune delle persone che hanno subito ingiustamente una “red notice” dell’Interpol, ovvero delle segnalazioni elettroniche che hanno lo scopo di localizzare una persona ricercata.
- Secondo avvocati e ong a difesa dei diritti umani, questo meccanismo viene utilizzato sia per colpire i criminali sia per arrestare giornalisti e dissidenti residenti all’estero.
- «È quasi impossibile per l’Interpol riconoscere quali di queste hanno una natura politica. Anche la Russia e l’Ucraina usano le red notice per arrestare i politici e i dissidenti all’estero», dice Keith avvocato esperto in estradizioni internazionali.
Benny Wenda, Patricia Poleo, Azer Samadov, Petr Silaev. Sono solo alcune delle persone che hanno subìto ingiustamente una red notice dell’Interpol, ovvero delle segnalazioni elettroniche che hanno lo scopo di localizzare una persona ricercata. Spetta ai singoli stati poi decidere se arrestare, estradare o eseguire azioni simili nei confronti del destinatario del provvedimento.
Gli avvisi vengono sottoposti all’organizzazione internazionale di polizia da parte degli stati membri, ma sono diffusi alle forze dell’ordine solo dopo un procedimento di revisione. Il documento di solito è lungo un paio di pagine e contiene poche informazioni: dati anagrafici, informazioni generali e i capi di accusa.
Formalmente gli stati che ricevono una red notice e identificano il soggetto ricercato nel proprio territorio non sono tenuti ad arrestarlo. Nella pratica, però, molti paesi agiscono come se le segnalazioni fossero un mandato d’arresto internazionale. Ma secondo avvocati e ong a difesa dei diritti umani, questo meccanismo viene utilizzato sia per colpire i criminali sia per arrestare giornalisti e dissidenti residenti all’estero. A confermarlo è anche un rapporto pubblicato dalla sottocommissione dei diritti umani del parlamento europeo.
Le storie
Benny Wenda è un attivista che difende i diritti di una popolazione indigena in Indonesia. È stato torturato, minacciato e perseguitato politicamente da parte del governo. Si è trovato costretto a chiedere asilo politico al Regno Unito nel 2002.
Qui, nella storica città universitaria di Oxford inizia la sua campagna a difesa del popolo indigeno fino a quando nel 2011 viene raggiunto da un avviso di arresto da parte dell’Interpol. Il suo calvario dura un anno. Nel 2012 l’organizzazione internazionale di polizia rivede il suo caso e decide di revocare il mandato di arresto perché «dettato da motivazioni politiche» da parte del governo indonesiano.
Come il suo caso ce ne sono tanti altri. L’uso delle red notice è aumentato esponenzialmente nell’ultima decade. Nel 2001 sono stati diffusi 1.418 avvisi, mentre nel 2017 ben 13.048. «Gli avvisi devono passare attraverso un meccanismo di revisione che decide se si tratti di una segnalazione valida o di una persecuzione politica. Tuttavia aggirare il sistema è prassi, i governi mentono all’Interpol ed è facile ingannare la commissione che valuta le richieste», dice Ben Keith avvocato specializzato in estradizioni e crimini internazionali.
«Le red notice sono un meccanismo legittimo di applicazione del diritto penale, ma sono spesso usati per colpire le persone. La Turchia usa un numero spropositato di avvisi rossi contro i membri di Fetullah Gulen. È quasi impossibile per l’Interpol riconoscere quali di questi hanno una natura politica. Anche la Russia e l’Ucraina usano le red notices per arrestare i politici e i dissidenti all’estero», dice Keith che lungo la sua carriera più volte ha difeso clienti destinatari di provvedimenti emanati dall’Interpol.
La riabilitazione
Chi viene raggiunto dalle segnalazioni di arresto dell’Interpol subisce una serie di restrizioni che vanno dai limiti agli spostamenti personali al congelamento dei suoi beni e contocorrenti bancari. A questo si somma anche un evidente danno d’immagine e reputazionale della persona. Ciò è particolarmente problematico per business man e attivisti di caratura internazionale. Tuttavia, gli avvisi rossi dell’Interpol si possono cancellare ma il processo è lento e burocratico.
Bisogna sottoporre una richiesta alla commissione di revisione dell’organizzazione, fornire prove dettagliate sul singolo caso ed esporre in maniera convincente la propria innocenza. «Non è una pratica che si svolge in pochi giorni. È un processo per il quale in media trascorrono otto o nove mesi». Per i meno fortunati c’è bisogno di più tempo. È il caso di Patricia Poleo, giornalista pluri premiata che si è occupata nei suoi articoli di diversi casi di corruzione del governo venezuelano guidato dall’ex presidente Hugo Chavez.
Nel 2010 è stata arrestata in Perù, nonostante avesse ottenuto asilo politico negli Stati Uniti, dopo che l’Interpol ha notificato ai suoi 190 stati membri un mandato di cattura. Ci sono voluti oltre due anni e un numero cospicuo di prove e documenti per convincere la commissione di revisione dell’Interpol che il caso contro di lei era di natura politica e non criminale.
Il caso cinese
Attualmente sono circa 60mila le red notice che circolano tra gli stati membri, di cui solo 7.508 sono pubbliche. Succede, quindi, che la maggior parte delle persone colpite non sappia neanche di essere finito nella lista dei ricercati dell’Interpol e lo scopre dopo aver effettuato un controllo alle frontiere.
Cina, Turchia, Russia, Azerbaigian e i paesi del Golfo persico sono gli stati che sottopongono il maggior numero di richieste di red notice all’Interpol. Ognuno ha degli obiettivi precisi: reprimere la dissidenza uigura, colpire la diaspora curda all’estero o semplicemente arrestare chi critica l’operato del governo. Un report del 2021 di Safeguards defenders ha evidenziato gli abusi della Cina nell’utilizzare gli strumenti messi a disposizione dall’Interpol per perseguire attivisti e dissidenti.
Secondo il rapporto dal 2005 al 2014 Pechino ha sottoposto una media di 33 segnalazioni di red notice ogni anno. Nel 2016, invece, una relazione di un media cinese citato da Safeguard ha annunciato che sono state inviate 615 segnalazioni di arresto.
Yu Hao è un cittadino cinese che è stato arrestato a causa di un avviso rosso dell’Interpol nel 2019 appena arrivato in Polonia dopo essersi trasferito dai Paesi Bassi. Dopo oltre due anni di attesa per la sua udienza – la maggior parte del tempo trascorsa in isolamento – si è suicidato nel carcere di Varsavia. Lo scorso luglio Yidiresi Aishan, un ingegnere informatico uiguro che vive in Turchia dal 2012, è stato arrestato a Casablanca, in Marocco. A sua insaputa era destinatario dal 2017 di un avviso di arresto.
Il suo caso ha assunto una rilevanza internazionale tanto che l’Interpol ha sospeso rapidamente il provvedimento e dopo un riesame veloce, a inizio agosto è stato anche annullato. Ma ci sono altri casi di uiguri che sono stati estradati sulla base di una red notice e di cui ora se ne sono perse le tracce. Fa parte della strategia repressiva utilizzata da Pechino per colpire la minoranza turcofona dello Xinjiang che vive all’estero. In totale si stimano circa 5 milioni di uiguri residenti fuori dalla Cina, molti dei quali sono perseguitati in maniera più o meno esplicita dalle autorità cinesi.
La necessità di riforme
Dal 2016 sono state attuate una serie di modifiche che sulla carta dovrebbero garantire una revisione più stringente sulle red notice sottoposte dagli stati più autoritari. Per esempio non possono essere raggiunti da un tale provvedimento chi è richiedente asilo oppure un rifugiato politico. Ma le ong denunciano una situazione pressoché invariata della situazione.
Non è chiaro se il neoeletto presidente dell’Interpol, il generale degli Emirati Arabi Uniti Ahmed Naser al Raisi, abbia intenzione di mettere mano all’intero meccanismo e dare vita a una riforma che elimini le criticità del sistema.
Gli stessi Emirati Arabi Uniti hanno più volte fatto uso delle red notice per colpire dissidenti che vivono all’estero e contro al Raisi stesso sono stati aperti processi in diversi stati dopo diverse accuse di tortura formulate da due cittadini britannici.
Secondo Keith una riforma è necessaria. «Bisogna aumentare la frequenza degli incontri della commissione che valuta le rimozioni delle red notice e garantire che chi venga colpito da queste misure possa fare appello tramite un organismo creato ad hoc», dice.
Durante la sua esperienza ha avuto testimonianza di diversi casi di conflitti di interesse. «Ho assistito un cliente russo e durante la sua revisione il membro russo della commissione ha abbandonato l’aula finché la decisione finale non fosse presa. È un episodio che mette in discussione l’indipendenza dell’organismo».
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