Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha annunciato che le forze armate americane hanno ucciso il capo dell’Isis, Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi, in un raid nel nord-ovest della Siria.

Lo ha fatto prima su Twitter e poi tramite una conferenza stampa in cui ha detto: «Questa operazione testimonia la portata e la capacità dell’America di eliminare le minacce terroristiche, non importa dove cerchino di nascondersi nel mondo». Di fronte ai media e alla nazione Biden ha parlato pochi minuti senza rispondere alle domande dei giornalisti che gli hanno chiesto quante siano state le vittime civili.

Le immagini scattate dopo l’attacco, diffuse dall’Associated Press, mostrano una casa di cemento grigio semidistrutta immersa tra gli ulivi nelle città di Atmeh, vicino al confine con la Turchia nella provincia siriana di Idlib, controllata dai ribelli. Per terra si vedono indumenti, stracci e un peluche tagliato a metà. Intorno alla struttura uomini armati e non.

Al-Qurayshi non è l’unica vittima dell’attacco. Secondo quanto riportato dai Caschi bianchi, un gruppo di difesa e soccorso civile siriana che opera in diverse parti del paese da quando è scoppiato il conflitto civile nel 2011, sono state uccise tredici persone (tra cui quattro donne e sei bambini). Al-Qurayshi è morto poco dopo l’inizio dell’operazione facendo esplodere una bomba che ha ucciso anche i membri della sua famiglia e chi si trovava nell’abitazione.

L’operazione

Copyright 2022 The Associated Press. All rights reserved.

Come in tutte le più delicate operazioni militari, le fonti governative hanno rilasciato le informazioni principali senza entrare nei dettagli. Si parla in anonimato, con il contagocce, ma secondo una prima ricostruzione della stampa statunitense che cita testimoni oculari la missione è iniziata intorno all’una di notte di giovedì e sono stati impiegati diversi elicotteri.

Dall’alto, in lingua araba, gli americani hanno chiesto ad al Qurayshi e a chi era con lui di arrendersi ma senza ottenere risposta. «Coloro che vogliono prendere parte alla jihad, vengano fuori!» ha detto un testimone al New York Times. «Tutti saranno al sicuro se vi arrendete. Quelli che restano moriranno».

Dopo qualche ora è iniziato l’attacco condotto con colpi di artiglieria pesante e missili che hanno distrutto parte della casa e le finestre. Dopo l’esplosione della bomba azionata dal capo dell’Isis i militari americani hanno liberato l’area lasciando a terra un elicottero, che poi è stato distrutto, a causa di un malfunzionamento. «Tutti gli americani sono tornati sani e salvi dall'operazione. Più tardi, in mattinata, farò un discorso al popolo americano. Che Dio protegga le nostre truppe», ha detto Joe Biden annunciando il buon esito dell’operazione su Twitter.

Gli ultimi giorni

Copyright 2022 The Associated Press. All rights reserved.

Un attacco così incisivo contro l’Isis da parte degli Stati Uniti era nell’aria, dopo che nei giorni scorsi i miliziani hanno attaccato una prigione nella città di Hasaka per liberare i detenuti del prigione di Gweiran gestita dalle forze curde. La struttura ospitava circa 3.500 detenuti sospettati di essere legati allo stato islamico. I combattimenti sono durati quasi una settimana ed è servito l’intervento degli Stati Uniti in soccorso alle forze curde per risolvere la situazione.

Di al Qurayshi si conosce ben poco. È succeduto ad Abu Bakr al Baghdadi, ucciso in un raid simile nell’ottobre del 2019 sempre in Siria ma nella città di Barisha. Nel febbraio del 2020 un bollettino di intelligence statunitense riportava la possibilità di nuovi attacchi terroristici dopo l’audio rilasciato dall’allora nuova guida dell’Isis al-Qurayshi, che chiedeva di compiere attacchi sia contro Israele sia contro i paesi arabi membri della coalizione anti Isis per vendicare la morte di al Baghdadi.

Attacchi da compiere con ogni mezzo possibile, anche con l’uso armi chimiche e sfruttando la pandemia (definita un segnale della giustizia divina contro l’Occidente), l’obiettivo è cogliere impreparate le forze occidentali. 

Questa volta, però, a essere colto impreparato è stato lo stesso al Qurayshi. E il suo nome sarà accostato per sempre a quello del suo acerrimo nemico, il presidente degli Stati Uniti, emblema del potere occidentale. Così Biden, come i suoi predecessori, colpisce e uccide il vertice del terrorismo jihadista. Nel 2011, con Barack Obama alla Casa Bianca, le truppe americane avevabo ucciso Osama bin Laden ad Abbottabad, in Pakistan. Durante la presidenza di Donald Trump, invece, è stato ucciso l’uomo che ha proclamato la nascita del califfato, Abu Bakr al Baghdadi.

Ora si attende di sapere chi prenderà il posto di al Qurayshi. Perché lo sanno tutti che la morte di un leader non equivale alla morte del jihad, la cui ideologia fondamentalista e violenta viaggia online tra le cellule e i gruppi presenti non soltanto in Siria, come dimostrato dall’assedio della prigione ad Hasaka, ma anche in Europa.

E lo sa anche Biden che nel suo discorso alla Casa Bianca ha detto: «L’operazione della scorsa notte ha tolto un importante leader terrorista dal campo di battaglia e ha inviato un forte messaggio ai terroristi di tutto il mondo. Vi daremo la caccia e vi troveremo».

© Riproduzione riservata