Nella notte l’Idf ha eseguito una serie di bombardamenti nonostante la tregua in vigore. «Siamo tornati ad ascoltare scioccanti notizie sulla morte di amici e parenti. Non so chi perderemo durante questo Ramadan», dice Hisham Jabar, che con i suoi 4 figli è tornato nel nord di Gaza dopo il cessate il fuoco e non ha più trovato il suo quartiere. «Non mi aspettavo che la guerra sarebbe tornata così velocemente»
Sono passate ore, ma Shireen Majdi sente ancora un fortissimo fischio nelle orecchie. Quando si è alzata da terra, rintronata e con il sangue che le usciva dal timpano, non sapeva se fosse viva o morta, perché attorno a lei c’era l’inferno.
È stato violento e inaspettato il bombardamento che Israele ha scagliato su Gaza nelle prime ore di martedì 18 marzo, quando, dopo due mesi di cessate il fuoco, l’incubo dei raid è tornato. «Gli attacchi sono arrivati all'improvviso e hanno preso di mira le persone che vivevano nelle tende», racconta Zaki Ahsraf, un padre sfollato di tre bimbi che vive in un rifugio a Deir al Balah. «Ho visto genitori cercare freneticamente i loro figli che erano stati spazzati via dall'intensità dei bombardamenti».
Bombe e ramadan
Il fuoco dei missili ha illuminato la buia notte di Gaza quando nessuno sapeva del fallimento dell'ultimo round di negoziati tra Hamas e Israele. «Siamo tornati ad ascoltare tristi e scioccanti notizie sulla morte dei nostri amici e parenti. Questa è la parte peggiore della guerra. Non so chi perderemo durante questo Ramadan», dice Hisham Jabar, 37 anni, che con i suoi 4 figli è tornato nel nord della Striscia dopo il cessate il fuoco e non ha più trovato nemmeno il suo quartiere.
«Non mi aspettavo che la guerra sarebbe tornata così velocemente», ha detto ancora. La sua tendopoli è stata colpita da uno dei primi bombardamenti della notte e la sua famiglia è viva per miracolo. In queste ore a Gaza sono tornati caos ed agitazione. «Abbiamo paura, non sapevamo che sarebbe potuto accadere così presto», dice Lamia Abu Saher facendosi portavoce di un gruppo di cittadini che vive in una tendopoli di Gaza City e che ora teme per le prossime ore.
L’Idf ha già diffuso un avviso di evacuazione per tutti coloro che si trovano nei quartieri di Beit Hanoun, Hazaa e nel nuovo quartiere di Absan. «Per la tua sicurezza, devi evacuare immediatamente nei rifugi noti nella città occidentale di Gaza e a Khan Yunis», si legge nella dichiarazione. «Continuare a rimanere nell'area contrassegnata in rosso mette in pericolo la tua vita e quella dei tuoi familiari».
Il problema, però, è che l’area sulla cartina delimitata in rosso circoscrive l’intero perimetro della Striscia, lasciando ai cittadini ben poche aree sicure. «Ammesso che ci siano delle zone in cui non cadano le bombe», dicono i cittadini.
Il bilancio
Per ora il bilancio è di 404 morti e 562 feriti, ma le capacità di curare sono molto limitate. L’ospedale Al Shifa di Gaza City, per esempio, ha fatto sapere di non avere posti liberi né materiale sufficiente a fare medicazioni o suture. Già prima dei bombardamenti di martedì notte, infatti, Israele aveva chiuso il valico di Rafah e bloccato gli aiuti.
«Sono già molti giorni che a Gaza non arriva nulla: né benzina, né acqua, né rifornimenti alimentari», spiega il giornalista Hassan Isdodi. «I prezzi sono aumentati tantissimo e l’elettricità c’è a singhiozzi. Anche caricare i telefoni è impossibile, perché i generatori sono pochi e spesso c’è la fila. Ci tocca centellinare le tacche delle batterie, così che siamo isolati dal mondo anche dal punto di vista delle comunicazioni», racconta ancora il cronista.
Durante i primi raid, quando nel silenzio e nella quiete della notte i fischi dei primi razzi hanno fatto vibrare le pareti, nessuno era pronto alla fuga e nessuno aveva telefoni pronti per chiamare aiuto o documentare quello che stava accadendo. «Siamo stati presi alla sprovvista e questo è ancora più disumano», racconta Essam Abu Tarek, uno dei medici dell’ospedale Kamal Adwan di Beit Lahia. «Quando sai che può succedere che ti cada addosso una bomba, sei pronto a scappare, dormi con un occhio aperto e uno chiuso. Quando non te l’aspetti, invece - dice ancora il dottore - hai ancora più possibilità di morire».
Il mese del Ramadan, iniziato con un briciolo di serenità e di speranza, è stato bruscamente interrotto dai bombardamenti e ce ne saranno ancora. «In queste ore si dice che ci saranno altri raid – dice il giornalista Hassan Isdodi – ma gira voce che ci sarà anche una ulteriore invasione di terra guidata dal nuovo capo di stato maggiore dell’Idf Eyal Zamir».
Verso un nuovo esodo
La popolazione di Gaza è destinata a doversi nuovamente spostare in cerca di un luogo sicuro. Dopo che l’accordo di cessate il fuoco siglato a gennaio è stato approvato, in migliaia sono tornati nelle città d’origine, pur sapendo di non trovare più la casa.
«Quando siamo arrivati e non abbiamo più trovato la casa abbiamo ricostruito la stessa tenda in cui abbiamo vissuto per mesi sulla spiaggia di Al Mawasi», racconta Jamila Jabril, che ha un fratello e una sorella dispersi chissà dove. «Ora dove andremo ancora? Quando riusciremo a sentirci al sicuro e potremo cercare i corpi dei nostri cari?».
Gli ultimi bombardamenti hanno distrutto quel poco che ancora non era stato sbriciolato, tra cui una scuola dove si erano rifugiate alcune famiglie e dove una giovane insegnante, Maja, aveva iniziato a fare lezione online di arabo e di inglese a studenti sparsi in tutta Italia.
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