Mentre continua lo scontro tra Israele e i paesi che forniscono le forze Onu in Libano, a Gaza Nord almeno quattro palestinesi sono morti bruciati vivi nelle loro povere tende e una quarantina sono rimasti feriti dopo un raid aereo dell’esercito israeliano nell'ospedale dei martiri di Al-Aqsa nella città centrale di Deir al-Balah. Il bombardamento ha causato un incendio che ha colpito l'accampamento di tende degli sfollati.

Secondo i medici palestinesi, ripresi dall’agenzia americana Ap, alcuni civili sono morti in seguito alle gravi ustioni. L'ospedale dei martiri di Al-Aqsa stava già lottando per curare un gran numero di feriti da un precedente attacco a una scuola trasformata in rifugio nelle vicinanze che ha ucciso almeno 20 persone quando è stato sferrato un raid aereo di prima mattina. Le riprese dell'Ap mostrano bambini tra i feriti.

L'esercito israeliano ha affermato come di consueto da un anno a questa parte di aver preso di mira i militanti nascosti tra i civili e che l’ospedale «era un centro di comando di Hamas», senza però fornire alcuna prova o evidenza di quanto affermato. L'Idf ha anche detto, come è accaduto in analoghe situazioni, di aver aperto un’indagine sull'incidente.

L’Onu parla di «situazione disperata» a Gaza Nord dove non arrivano i rifornimenti di cibo dai primi di ottobre. Inoltre l’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ritiene che l’esercito di Israele stia tagliando il Nord di Gaza dal resto della Striscia.

A riprova di un rinnovato furore su quanto resta ancora in piedi a Gaza dopo 12 mesi di combattimenti continui, fonti mediche nella Striscia, riprese dal quotidiano israeliano Haaretz, hanno affermato che almeno dieci persone sono state uccise e 30 ferite, tra cui donne e bambini, in un attacco aereo israeliano su un centro di distribuzione di aiuti umanitari nel campo profughi di Jabalya, nel nord di Gaza. Un portavoce della Mezzaluna Rossa palestinese ha detto che le squadre di soccorso non sono state in grado di raggiungere il sito.

Civili palestinesi come scudo

Come se non bastasse l'esercito israeliano avrebbe usato civili palestinesi come scudi umani a Gaza. Lo rivela un'indagine del New York Times basata sulle testimonianze di soldati israeliani ed ex detenuti palestinesi secondo i quali i soldati di Israele costringono regolarmente gli abitanti della Striscia a svolgere il ruolo di "esca" anche all'interno dei tunnel di Hamas o ammanettati tra le rovine di una città semi distrutta alla ricerca di bombe lasciate dai terroristi.

Sebbene la portata di tali operazioni sia sconosciuta, precisa il Nyt, la pratica, illegale sia per il diritto israeliano che quello internazionale, è stata utilizzata da almeno 11 squadre dell'Idf in cinque città di Gaza, spesso con il coinvolgimento di agenti delle agenzie di intelligence israeliane.

Non va meglio sul fronte libanese dove Israele sta preparando l’invasione terrestre preceduta di intensi bombardamenti e raid aerei. La Croce Rossa libanese ha riferito che 21 persone sono state uccise in un attacco israeliano contro un villaggio nel nord. È la prima volta che il villaggio in una regione montuosa a maggioranza cristiana, viene preso di mira da quando Hezbollah e Israele sono entrati in guerra aperta il 23 settembre.

Il raid ha preso di mira un appartamento, secondo l'agenzia nazionale Ani. In questa situazione di estrema tensione gli Usa hanno fatto sapere di aver mandato a Tel Aviv il sistema antimissile Thaad con relativi militari.

Unifil trova ordigni esplosivi

Ieri mattina, durante un movimento logistico, una pattuglia del contingente italiano di Unifil ha individuato una serie di ordigni esplosivi incendiari posizionati lungo la strada che conduce alla base operativa avanzata Unp 1-32A, nel sud del Libano.

Un team di artificieri del contingente nazionale, intervenuto sul posto, ha messo in sicurezza l'area ma non ha potuto completare le operazioni di bonifica poiché, per cause in via di accertamento, uno degli ordigni si è innescato provocando un rogo nell'area circostante. Non si registrano danni a persone o mezzi. È stata aperta una indagine per scoprire gli autori della potenziale minaccia.

Sulla vicenda dell’Unifil Israele torna all’attacco con il ministro degli Esteri, Eli Cohen, che ha accusato, con la diplomazia che si conviene al responsabile della politica estera, le forze di peacekeeping dell'Unifil nel Libano meridionale di essere una forza «inutile» che non è riuscita a proteggere gli israeliani dagli attacchi di Hezbollah. «Queste forze non hanno contribuito in alcun modo al mantenimento della stabilità e della sicurezza nella regione, non hanno garantito l'applicazione delle risoluzioni Onu e fungono da scudo per Hezbollah».

Cohen si è rivolto poi al segretario dell'Onu Guterres considerata da Israele “persona non grata”: «È giunto il momento che lei risponda alla richiesta che le è stata rivolta, che ritiri l'Unifil dalle zone di conflitto e smetta di fare il gioco di Hamas».

Pronta la risposta di Roma e Bruxelles. «Abbiamo ribadito che quello che è accaduto è inaccettabile. I soldati italiani non si toccano. Non lasceremo le postazioni, anche perché è una decisione che spetta soltanto alle Nazioni unite. Noi non scappiamo dai luoghi dove ci sono delle difficoltà». Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Berlino, nella sede dell'Ambasciata italiana, dopo il summit sui Balcani. «I nostri soldati hanno sempre fatto il loro dovere, non sono terroristi di Hezbollah», ha aggiunto.

Borrell: sostegno a Unifil

«In Libano, un'altra linea rossa è stata pericolosamente oltrepassata dall'esercito israeliano, il bombardamento delle Forze di difesa israeliane delle forze di peacekeeping delle Nazioni Unite è stato condannato all'unanimità dall'Unione europea e oggi i ministri hanno ribadito il loro pieno sostegno all'Unifil», ha detto l'alto rappresentante Ue, Josep Borrell, arrivando al Consiglio Esteri del Lussemburgo.

«Non è il segretario generale dell'Onu che decide se le truppe dell'Unifili devono restare in Libano ma il Consiglio di sicurezza, quindi si smetta di attaccare Guterres» ha detto Borrell precisando, inoltre, che non c'è accordo tra i 27 sull'embargo di armi a Israele, dato che alcuni Paesi chiedono di «aumentare» le consegne e non ridurle. «Gli aiuti in ingresso a Gaza sono al punto più basso dall'inizio della guerra. La fame è usata come arma. La gente è esausta e non si può spostare da nord a sud ancora», ha sottolineato Borrell con la consueta franchezza.

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