A un solo giorno dall’apertura delle procedure di voto, l’attuale vicepresidente di Biden ha raggiunto la maggioranza necessaria. Sarà la prima donna afroamericana e di origini indiane a correre per la Casa Bianca: «Sono onorata, abbiamo molto lavoro da fare», ha detto
Kamala Harris agguanta la nomination democratica ed entra nella storia come la prima donna afroamericana e di origini indiane a essere candidata alla presidenza degli Stati Uniti: «Sono onorata, abbiamo molto lavoro da fare», ha detto a caldo la vicepresidente dopo essersi assicurata i voti dei delegati necessari per la corsa alla Casa Bianca.
Le procedure di voto virtuale sono iniziate giovedì e già più di 2.350 delegati hanno votato per Harris, regalandole così la maggioranza necessaria per la storica candidatura: «Il fatto che possiamo dire già oggi, un giorno dopo l'apertura del voto, che la vicepresidente ha superato la soglia necessaria e sarà ufficialmente la nostra candidata la prossima settimana è eccezionale», ha annunciato il presidente del Democratic National Committee, Jamie Harrison.
«Una delle mie migliori decisioni è stata scegliere Kamala Harris come vicepresidente. Ora sarà la nostra candidata, non potrei essere più orgoglioso. Vinciamo», ha commentato invece l’attuale presidente degli Stati Uniti, Joe Biden.
Chi sarà il vice?
Le votazioni si chiuderanno ufficialmente lunedì 5 agosto alle 18, quando potrebbe essere noto anche il nome del suo vice. Harris incontrerà i finalisti della corsa alla vicepresidenza durante il fine settimana. Solo successivamente, secondo indiscrezioni, annuncerà la sua scelta.
In pole position per l'incarico c'è il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, nei confronti del quale comunque molti democratici nutrono dubbi. Ebreo praticante - secondo i critici - potrebbe alienare il voto dei progressisti e dei gruppi pro-palestinesi, rendendo così ancora più in salita la strada per battere Donald Trump e conquistare la Casa Bianca.
Nella rosa dei papabili figurano anche i governatori di Minnesota e Kentucky, Tim Walz e Andy Beshear, e il senatore dell'Arizona Mark Kelly.
Le parole di Trump
La scelta del numero due di Harris non sembra, almeno pubblicamente, preoccupare Donald Trump: «Non mi interessa chi sceglieranno, facessero come vogliono», ha commentato il tycoon in merito alla selezione del numero due di Harris. «Se scegliesse Shapiro, che è ebreo, perderebbe al sua piccola base palestinese», ha aggiunto criticando il candidato in pole position e ribadendo la sua popolarità in Medio Oriente. «Io porterò la pace, anche se so essere duro con Israele», ha aggiunto.
La campagna dell'ex presidente ha perso slancio da quando Joe Biden si è ritirato, e sta cercando di riorganizzarsi per affrontare la nuova nemica più giovane del presidente. E soprattutto più popolare, come dimostrato dal boom della raccolta fondi: 310 milioni di dollari solo in luglio grazie a donazionI sotto i 200 dollari, soprattutto da parte di insegnanti e infermieri.
La cifra stratosferica - la maggiore della storia delle elezioni, secondo la campagna di Harris - è il doppio di quanto raccolto da Trump nello stesso periodo e questo agita i repubblicani, già preoccupati dagli attacchi dell'ex presidente alla sua rivale. Trump l'ha infatti accusata di essere «diventata nera» solo per convenienza, mentre in realtà è indiana.
Un commento controverso che lo ha esposto a una valanga di critiche, anche all'interno del suo partito, dove si vuole attaccare Harris sui contenti e non su un tema scivoloso come quello della razza. Continuare sulla strada intrapresa da Trump, è il timore, potrebbe allontanare gli elettori afroamericani e le donne, di cui i repubblicani hanno disperatamente bisogno per conquistare la Casa Bianca.
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