La reazione degli abitanti della seconda città dell’Ucraina, dove l’annuncio sulla possibilità di usare le armi Usa per colpire oltre il confine arriva tra i bombardamenti russi e i festeggiamenti per la fine dell’anno scolastico
La stampa americana aveva da poco dato notizia del via libera ufficiale del presidente americano Joe Biden agli attacchi in territorio russo quando cinque esplosioni sono risuonate nella città ucraina di Kharkiv. Due missili russi S-300, ordigni antiaerei modificati per attacchi a terra, si sono schiantati in una foresta a sud della città, un terzo ha colpito una fabbrica di vestiti uccidendo un guardiano notturno e gli ultimi due hanno colpito un’area residenziale.
Venerdì mattina, centinaia di soccorittori erano ancora impegnati a scavare tra le macerie di un condominio di cinque piani, colpito da uno dei missili in un angolo del tetto. L’esplosione ha completamente distrutto i due appartamenti più in alto e ha fatto franare i loro detriti su quelli sottostanti. Un’intera ala dell’edificio è stata sventata e l’onda d’urto ha dannegiato altri 34 edifici.
Nell’attacco sono morte almeno cinque persone. Una di loro, una donna anziana, è stata sbalzato fuori dalla finestra. Il suo corpo è stato trovato a una ventina di metri dall’edificio e all’ora di pranzo i medici stavano ancora cercando di identificarla. Altre due sono state tirate fuori dalle macerie dopo ore di ricerche.
«Non c’erano assolutamente installazioni militari qui, si tratta di un’area dove abitano solo civili», dice Olena Shutchenko, vicepresidente del distretto incaricata delle emergenze e dei servizi sociali. Questo quartiere, spiega, è pieno di rifugiati che arrivano da altre parti della regione o della città di Kharkiv. «Posso assicurarvi che in ognuna di queste case vivono persone fuggite dai combattimenti». E che ieri notte si sono trovate di nuovo sotto le bombe.
Salvare Kharkiv
A Kharkiv gli allarmi aerei sono continui e le esplosioni quotidiane. «Siamo costantemente al lavoro – dice Eugene Vasylenko, dirigente dei servizi di emergenza della città arrivato sul luogo dell’attacco con elemetto e giubotto antiproiettile – Bombe aliante, missili. La Russia ci colpisce con tutto quello che ha». La seconda città dell’Ucraina è diventata negli ultimi mesi un bersagli privilegiato per l’aviazione russa. Una settimana fa, nell’attacco contro il centro commerciale Epicenter, 19 persone sono rimaste uccise.
Kharkiv è così vicina alle basi russe che spesso i sistemi antiaerei non fanno in tempo ad entrare in azione prima che i missili siano già sulla città. Le armi che i russi hanno utilizzato venerdì notte hanno un raggio di circa 300 chilometri: abbastanza da poter ricevere la rappresaglia dei missili Atacms che gli Usa hanno fornito a Kiev e che fino ad oggi non potevano impiegare in Russia.
Nel frattempo, a Vochansk, circa 70 chilometri da Kharkiv, proseguono i combattimenti tra i difensori ucraini e le truppe russe che all’inizio di maggio hanno a sorpresa attraversato il confine, lanciando un’offensiva che ha colpito Kiev impreparata. Anche se la situazione ora sembra si sia stabilizzata, la necessità di colpire le basi utilizzate dalle truppe russe, che si trovano immediatamente al di là del confine, ha persuaso la Casa Bianca a dare il suo via libera all’utilizzo di missili e proiettili di artiglieria per bombardarle.
La reazione degli abitanti
«Perché ci è voluto così tanto? A volte ho l’impressione che la comunità internazionale faccia solo da spettatore a questa guerra». Evgenia, 40 anni, ha passato la notte sveglia a causa delle esplosioni e la notizia della decisione di Biden non l’ha consolata più di tanto. Con il suo figlio più piccolo si trova di fronte alla scuola numero 173 di Kharkiv, un istituto specializzato in fisica e matematica che figura da anni nelle classifiche delle migliori scuole della città e del paese.
Venerdì, a Kharkiv, era l’ultimo giorno dell’anno scolastico e alla scuola numero 173, per la prima volta in due anni, si è tenuta la festa per la fine delle lezioni e la consegna dei diplomi agli studenti dell’ultimo anno. Il fatto che per ragioni di sicurezza i genitori hanno dovuto attendere all’esterno non migliorato l’umore di Evgenia.
Ma una festa per i bambini è meglio che nessuna festa. Quest’anno è stata possibile organizzarla perché in autunno la preside ha fatto costruire un rifugio antiaereo nei sotterranei della scuola. Questo ha consentito da un lato di riportare parte delle lezioni in presenza (a Kharkiv, da due anni, le lezioni sono soltanto online, tranne per alcuni fortunati studenti che, a turno, le frequentano in metropolitana).
La presenza del rifugio ha anche fornito un sufficiente margine di sicurezza da consentire di organizzare la festa. Margine di sicurezza più teorico che pratico: vista la velocità con cui i missili arrivano dalla Russia, in caso di attacco difficilmente ci sarebbe stato il tempo di portare tutti nei rifugi. Anche per questo la festa è stata ridotta: un paio d’ore di canzoni e coreografie degli studenti, con i genitori tenuti fuori ad aspettare.
Svetlana Stankevich, da 13 anni preside della scuola 173, dice che la situazione in città è peggiorata molto negli ultimi mesi. Dopo la fine dell’assedio russo, nell’autunno del 2022, Kharkiv non si trovava più sotto minaccia militare. Lo scorso inverno è stato quasi sopportabile, con pochissisimi blackout e il riscaldamento che ha funzionato regolarmente. Ma gli ultimi mesi, con i nuovi bombardamenti e l’avanzata russa da nord, sono stati un’amara sorpresa. «Pensavamo che i russi ci avrebbero lasciati in pace, ma ci sbagliavamo».
Con una vita sempre più condizionata dai continui attacchi aerei, sono in molti qui a condividere la frustrazione di Evegenia per le decisioni degli alleati e a chidersi come mai la Russia avesse la possibilità di bombardare le loro città e i loro soldati al fronte, mentre gli americani impedivano loro di fare altrettanto. In poche città più che nella martoriata Kharkiv questa apparente contraddizione appariva inspiegabile.
La paure
Il via libera agli attacchi finalmente approvato dalla Casa Bianca è comunque limitato, scrive la stampa americana e conferma quella ucraina. Le truppe di Kiev potranno rispondere agli attacchi russi che arrivano da oltre confine o colpire basi e postazioni russe per prevenire avanzate o bombardamenti. In altre parole, gli Usa hanno dato il via libera a un utilizzo “tattico” delle loro armi, con lo scopo di influenzare la situazione sul campo di battaglia e, nella migliore delle ipotesi, limitare alcuni dei bombardamenti che subisce la città. La politica contraria agli attacchi a “lungo raggio” nel territorio russo, invece, non cambia.
In altre parole, gli Usa continuano a temere che se a Kiev venisse lasciata mano libera potrebbero usare le armi americane e degli altri alleati per colpire obiettivi così sensibili per Mosca da innescare una rappresaglia contro l’Ucraina stessa o comunque in grado di innescare un’escalation difficile da controllare.
È un argomento che appare incomprensibile per gran parte degli abitanti di Kharkiv, dove la sensazione comune è che la Russia stia già facendo quanto di peggio è in grado di fare e dove sono in pochi a temere un’ulteriore escalation.
Ma a Washington la pensano diversamente e mentre le relazioni tra Biden e Zelensky raggiungono il loro minimo dall’inizio della guerra, funzionari Usa hanno rivelato al Washington Post le loro preoccupazioni per gli attacchi che gli ucraini hanno lanciato, usando droni di fabbricazione propria, contro i radar anti-missile nucleare russi, una mossa che considerano irresponsabile e pensata per proprio per provocare una reazione da parte della Russia.
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