Diversi stati membri preferiscono spingere per una nuova missione guidata da Bruxelles nel Mar Rosso piuttosto che seguire la missione promossa dagli Stati Uniti
Negli ultimi dieci giorni il Mar Rosso è diventato il terreno politico-militare della guerra tra Hamas e Israele. Da una parte ci sono gli Stati Uniti, dall’altra i paesi dell’Unione europea e sullo sfondo i ribelli Houthi sostenuti dall’Iran che dal 19 novembre scorso hanno attaccato dozzine di navi mercantili e petroliere che transitano nell’area. L’obiettivo degli Houthi è semplice: colpire le navi occidentali in risposta all’operazione militare israeliana su Gaza e mettere a repentaglio la tenuta economica internazionale, dato che nella zona transita il 12 per cento del commercio mondiale.
Gli attacchi – compiuti con droni e missili balistici – hanno costretto le più importanti compagnie di spedizioni marittime a sospendere nei giorni scorsi il traffico nella rotta che passa da Bab el Mandeb nel Golfo di Aden e sbuca poi nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez. Temendo importanti ripercussioni economiche gli Stati Uniti hanno fondato la missione Prosperity Guardian con l’obiettivo di garantire la sicurezze delle imbarcazioni e la loro libertà di navigazione. Secondo la Reuters, però, a una settimana di distanza l’operazione militare non ha ottenuto gli effetti sperati. Washington ha annunciato che ne avrebbero fatto parte circa 20 stati, ma solo una dozzina hanno dato il loro assenso. Inoltre, ci sono diversi dubbi sul reale coinvolgimento di alcuni dei paesi inclusi nella lista iniziale, tra cui Italia e Spagna.
Il nodo politico
In un primo momento la Spagna era stata inclusa nella task force Usa, ma il ministero della Difesa ha affermato l’intenzione di partecipare solo a missioni guidate dalla Nato o ad operazioni coordinate dall’Unione europea. «Non parteciperemo unilateralmente all’operazione sul Mar Rosso», ha affermato la Difesa spagnola. Il governo di Madrid è quello più critico nei confronti della posizione americana sul conflitto in Medio Oriente e più volte ha attaccato l’operazione militare israeliana su Gaza. Ma Reuters pone dubbi anche sulla posizione italiana, che fin da subito ha approvato il joint statement in cui si ribadiva la necessità di garantire la sicurezza di quel tratto di mare e di proteggere la libertà dei traffici marittimi.
Al momento però, l’Italia non ha ancora agito nell’ambito dell’operazione guidata dagli Stati Uniti, dato che per partecipare a una nuova operazione militare bisogna passare necessariamente dal parlamento che nelle ultime settimane è stato occupato da scadenze importanti come il Mes e la legge di Bilancio. Il ministero della Difesa ha quindi deciso di inviare nel Mar Rosso la fregata Fasan come rinforzo alla già in corso operazione Atlanta guidata dall’Unione europea che ha lo scopo di prevenire e reprimere gli atti di pirateria marittima lungo le coste degli stati del Corno d’Africa, proprio nel tratto attenzionato da quando è scoppiato il conflitto lo scorso 7 ottobre.
La Francia ha detto che le navi che parteciperanno alla missione Usa rimarranno sotto il suo comando. Per quanto riguarda la Germania, invece, la titubanza iniziale si è sciolta nelle ultime ore. Il ministero degli Esteri tedesco si è detto disponibile a una nuova missione europea nel Mar Rosso. Su iniziativa di Berlino, i rappresentanti degli Stati membri dell’Ue si sono incontrati a Bruxelles per discutere dell’ampliamento della missione inaugurata nel 2008, la Eu Navfor Somalia -Atalanta. Il portavoce per la politica estera della Commissione europea, Peter Stano, ha detto che «ci sono state discussioni prima di Natale», ma «non è stata presa alcuna decisione su alcuna nuova missione» nel Mar Rosso. Sembra, quindi, che da Bruxelles gli stati membri hanno intenzione di prendere in mano la situazione, sganciandosi da Washington. E non è soltanto per una delicata questione politica, come il posizionamento su Gaza, ma anche per evitare un’escalation militare con gli Houthi e gli iraniani. Che al momento non vuole nessuno.
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