Il deputato, punto di riferimento per l’elettorato afroamericano, è stato decisivo nel 2020 per la campagna del presidente. Oggi lavora nell’ombra per aprire la strada a una candidatura della vicepresidente, l’unica che secondo i sondaggi può battere Trump
Tutti i discorsi sulla permanenza o meno di Joe Biden alla testa del ticket democratico non sarebbero mai avvenuti senza Jim Clyburn. Perché la sua candidatura alle primarie dem del 2020 sarebbe stata caratterizzata da un pesante insuccesso, schiacciata dalla macchina dei militanti a sostegno del senatore socialista del Vermont Bernie Sanders, fino a metà febbraio il favorito.
Invece Clyburn, deputato dem della South Carolina dal 1992, classe 1940, aveva deciso di salvare il suo vecchio amico Joe dalla vergogna di una sconfitta bruciante. Oggi invece sta spingendo senza clamori il suo antico alleato a fare un passo indietro, ma senza dare la sensazione di pugnalarlo alle spalle.
Questa mossa potrebbe essere il coronamento della carriera di un manovratore di retrovia con una lunga permanenza nei corridoi del Congresso, tenendo bene in mente il suo obiettivo di aiutare la comunità afroamericana ottenendo risultati immediati per loro.
Clyburn si autodefinisce un “progressista pratico” e infatti il suo consenso è presente per praticamente tutti i provvedimenti di spesa pubblica degli ultimi anni, così come non ha mai fatto mancare il sostegno ai leader pro tempore del partito al Congresso, da Nancy Pelosi fino all’attuale capo della delegazione alla Camera Hakeem Jeffries, come lui afroamericano e moderato. Clyburn peraltro mise tutto il suo peso politico nella ripartenza della campagna di Biden nel febbraio 2020: uno schema di gioco casa per casa, convincendo le singole persone del suo stato di residenza, la South Carolina, dove gli elettori dem sono quasi tutti afroamericani. Prima di allora, Biden non aveva vinto nemmeno un contest ed era arrivato soltanto quinto ai caucus dell’Iowa di inizio anno.
Normale quindi che la sua voce abbia un certo peso, nonostante abbia seguito l’ex speaker Pelosi nel suo pensionamento, lasciando la carica di assistente del leader dem che occupava dal 2023.
Unica possibilità
Perché dunque Clyburn sta pesando così tanto? Perché il suo atteggiamento pragmatico (o per meglio dire “pratico”) si è rivelato qualche giorno fa durante un’intervista alla Msnbc: Clyburn sarebbe pronto a sostenere Kamala Harris qualora il presidente Biden «dovesse farsi da parte». Il deputato della South Carolina oltretutto è uno dei responsabili della campagna per rieleggere il presidente, quindi una persona con informazioni di prima mano.
Due mosse in un colpo solo: rende immensamente più concreta la possibilità di un passo indietro di Biden senza scossoni che vedrebbero aprirsi divisioni all’interno del partito. La vicepresidente potrebbe subentrare ed ereditare i fondi raccolti finora (che altrimenti andrebbero restituiti) ma anche lo staff e l’infrastruttura sin qui al servizio del numero uno del ticket dem.
Clyburn però sarebbe anche disposto a correre un rischio maggiore: quello di organizzare una “mini primaria” tra i delegati alla convention lasciati liberi da Biden per scegliere il loro candidato, anche se ha specificato che la risposta era su «un’ipotesi che ora non c’è». Anche perché in questi giorni Kamala Harris sembra aver trovato la spinta che le è mancata in tutti questi anni. Si fa notare per la sua attività sui social e per essere una mobilitatrice dei supporter progressisti su cause come i diritti riproduttivi. Anche perché al momento un sondaggio della Cnn dice che lei è l’unica candidata competitiva contro Donald Trump, esclusa l’ex first lady Michelle Obama, la cui discesa in campo però è ben lontana dall’essere realistica, data la sua assoluta volontà di stare lontano dalla politica attiva dopo otto anni al fianco del marito Barack, bersaglio di attacchi violentissimi da parte della stampa conservatrice e dell’allora personaggio televisivo Donald Trump.
Rinnovamento
A ogni modo, qualora la candidatura Harris andasse in porto, Clyburn si conferma come uno dei pochi e silenti strateghi dem che hanno il polso della situazione, nonostante la veneranda età (ha due anni in più dello stesso Biden). Clyburn cita implicitamente un altro dato, quello che riguarda la fuga degli afroamericani da Joe Biden, specie per quello che riguarda i maschi neri. I repubblicani dal canto loro hanno già pubblicato il primo video di attacco che punta alla vicepresidente, definendola come “disinteressata” alla crisi sul confine messicano dato che negli anni in cui ha ricevuto una delega speciale per seguire la questione non si è particolarmente applicata a proporre soluzioni di compromesso.
Le debolezze di Harris, però, agli occhi di Clyburn, prima tra tutti l’impopolarità, non sono rilevanti come quelle riguardanti l’età del candidato. Anche lo stesso deputato, infatti, lo scorso marzo ha lasciato la sua carica al Congresso per dare un senso di rinnovamento che in caso di cambio al vertice dem arriverebbe in modo forse tardivo, ma nemmeno troppo, dato che in altre epoche un dibattito come quello dello scorso 27 giugno si sarebbe svolto a ottobre e allora non ci sarebbe stato nulla per poter salvare la campagna dem.
Clyburn sa che a volte bisogna far mosse contro la saggezza politica sedimentata, come fatto da lui nel 2020, quando ha salvato la campagna di Biden, mentre ora è intenzionato a salvarne l’immagine, garantendogli un’uscita di scena che nei suoi piani sarebbe più dolce di quella causata da una rivolta degli eletti e dei megadonatori.
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