L’Europa orientale è più decisa della linea dura con Mosca
- La partita si sta facendo sempre più dura e sembra sempre più evidente che i paesi dell’Est e i tre paesi baltici, più esposti alla minaccia russa e limitrofi all’enclave di Kalinigrad, stiano dando la linea politica al resto dell’Unione sulle risposte da dare, dopo sei mesi di conflitto in Ucraina a Mosca.
- Qualcosa di simile a quanto fatto dalla Lituania contro la Cina quando Vilnius è diventata un antagonista del Dragone per la sua decisione di aprire uffici di rappresentanza a Vilnius e Taipei.
- La Germania si oppone alla decisione sui visti ma Finlandia, Polonia e Paesi baltici sarebbero disposti a smettere di consentire ai russi di entrare nei loro territori con un visto turistico forse anche per motivi di sicurezza nazionale vista la guerra delle spie in corso in Europa. Dopo la sospensione dei voli tra Ue e Russia, molti russi transitano da questi Paesi, per raggiungere altre destinazioni europee. L’importante è evitare un’Europa dei visti à la page.
L’Unione europea si avvia a sospendere l’accordo sui visti con la Russia e varare una linea comune in materia di ingresso nei propri confini dei cittadini russi. Lo riporta il Financial Times citando alcune fonti privilegiate di Bruxelles, secondo le quali la sospensione è un tentativo di limitare il numero dei permessi di viaggio emessi dopo che alcuni membri dell’Europa orientale hanno minacciato di chiudere unilateralmente i loro confini ai turisti russi.
La partita si sta facendo sempre più dura e sembra sempre più evidente che i paesi dell’est e i tre paesi baltici, più esposti alla minaccia russa e limitrofi all’enclave di Kalinigrad, stiano dando la linea politica al resto dell’Unione sulle risposte da dare a Mosca, dopo sei mesi di conflitto in Ucraina.
Qualcosa di simile a quanto fatto dalla Lituania contro la Cina quando Vilnius è diventata un’antagonista del Dragone per la sua decisione di aprire uffici di rappresentanza a Vilnius e Taipei. Taiwan ha solo 15 ambasciate nel mondo ma numerosi uffici di rappresentanza, una spina nel fianco di Pechino che le considera una sorta di ambasciate de facto e un modo per superare il divieto di avere relazioni dirette con Taiwan in nome del principio dell’unica Cina, alla quale pure Vilnius si attiene.
La piccola Lituania, che ha esperienza su come trattare con il minaccioso gigante vicino, la Russia, ha definito quello che accade nello Xinjiang come un “genocidio” contro gli uiguri, popolazione turcomanna di religione musulmana. Non solo. Ha dato lo sfratto alla Huawei per rimuovere le proprie infrastrutture del 5g dal suolo del piccolo paese baltico.
Insomma, mentre l’ex cancelliere tedesca Angela Merkel approvava in tutta fretta un accordo di cooperazione commerciale fra Pechino e la Ue durante il semestre di presidenza tedesco, nonostante l’opposizione del presidente americano Joe Biden (che però non era ancora in carica), Vilnius, novello David contro Golia, inaugurava da sola la linea dura con Mosca e Pechino.
La crisi dei visti
Ma torniamo ai visti. Alcuni paesi europei hanno chiesto un’azione comune a Ursula von der Leyen per fermare il flusso di russi in Europa con visti turistici. Paesi come la Repubblica Ceca e la Polonia (entrambi ex paesi del Patto di Varsavia) hanno smesso di rilasciare visti ai turisti russi poco dopo che il presidente Vladimir Putin ha ordinato l’invasione dell’Ucraina lo scorso febbraio. Da allora hanno fatto pressioni a Bruxelles per emanare un divieto completo, facendo eco a un appello del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Altri paesi però hanno continuato a garantire i documenti di viaggio, consentendo ai russi con visti di circolare liberamente nell’area Schengen. Insomma un caos che permette a Mosca di aggirare gli ostacoli.
Come primo passo, l’Unione europea si appresta a dare sostegno politico alla sospensione dell’accordo Ue-Russia nella due giorni di riunione a Praga, che si aprirà domani. «Non è appropriato per i turisti russi girare per le nostre città. Dobbiamo inviare un segnale alla popolazione russa che questa guerra non è ok, non è accettabile», afferma un funzionario europeo al Financial Times.
Divisioni
Parte dell’accordo del 2007 fra l’Ue e la Russia è stato sospeso alla fine di febbraio ma la novità riguardava solo i funzionari del governo e gli uomini d’affari. Una sospensione più ampia riguarderebbe il trattamento preferenziale per tutti i russi quando richiedono i visti europei: a loro verrebbero richiesti più documenti, rendendo i visti più costosi e allungando i tempi di attesa. «Siamo in una situazione eccezionale che richiede misure eccezionali».
Il Ft riporta anche la volontà di superare entro fine anno la sospensione dell’accordo sui visti e introdurre “cambiamenti più profondi”. Anche se – scrive il quotidiano della City – «non c’è consenso sulle misure aggiuntive che Bruxelles potrebbe adottare per ridurre il numero di visti dell’Ue da rilasciare ai russi o per interromperne del tutto il rilascio o su altre proposte, come l’estensione di qualsiasi divieto ai bielorussi». Ovviamente Bruxelles valuta anche se le nuove misure potrebbero compattare il popolo russo ancora di più.
Si tratta di equilibrare la risposta. Se paesi come la Germania del cancelliere Olaf Scholz sono contrari a un divieto assoluto al rilascio dei visti e anche l’alto rappresentante per la Politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ha detto che il blocco dev’essere “selettivo”, gli stati che confinano con la Russia – come Finlandia, Polonia e paesi baltici – sarebbero disposti a smettere di consentire ai russi di entrare nei loro territori con un visto turistico forse anche per motivi di sicurezza nazionale vista la guerra delle spie in corso in Europa.
Dopo la sospensione dei voli tra Ue e Russia, infatti, molti russi transitano da questi paesi per raggiungere altre destinazioni europee. L’importante è evitare un’Europa dei visti à la page.
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