- «La regina Soraya credeva nei diritti delle donne e nella forza dell’educazione, tanto che mio nonno disse: “Io sono il re, ma il ministro dell’Istruzione è mia moglie”. Su spinta di Soraya, lui dichiarò che il Corano non impone il velo e che le donne delle tribù vivono a viso scoperto. Lei fu la prima a toglierlo in pubblico», racconta la principessa d’Afghanistan Soraya.
- «Telefonate ne ricevo tante. I miei connazionali vivono nel terrore e mi chiedono tutti di poter uscire dal paese».
- La motivazioni del ritorno dei Talebani, racconta, sono «geopolitiche». Gli accordi di Doha del 2020 tra Usa e Talebani, che hanno previsto il ritiro, il Pakistan e «la nuova Via della Seta». Cina e Iran «hanno tutto l’interesse a veder diminuire l’influenza e la presenza di truppe americane in Asia centrale».
Quando parla del suo paese d’origine, la principessa Soraya dell’Afghanistan comincia sempre dalla condizione femminile. Da anni in Italia, in questi giorni il suo telefono ha continuato a squillare con richieste di aiuto provenienti da donne, a cui lei cerca di rispondere come può. Per questo il suo primo ricordo va sempre alla nonna, sua omonima e moglie del re Amanullah Kahn, che è considerata il simbolo delle donne afghane.
Negli appena dieci anni di regno dal 1919 al 1929, dopo l’indipendenza dal Regno Unito, la famiglia reale mise al centro la questione femminile, con un programma di riforme considerata tra le più progressiste di tutta l’Asia che passava dalla scolarizzazione, la necessità di consenso al matrimonio, la possibilità di accedere ai tribunali per rivendicare i propri diritti e l’abolizione dell’obbligatorietà del velo.
«La regina Soraya credeva nei diritti delle donne e nella forza dell’educazione, tanto che mio nonno disse: “Io sono il re, ma il ministro dell’Istruzione è mia moglie”. Su spinta di Soraya, lui dichiarò che il Corano non impone il velo e che le donne delle tribù vivono a viso scoperto. Lei fu la prima a toglierlo in pubblico», racconta.
I regnanti furono deposti da una insurrezione armata e costretti a riparare in Italia, ma la regina Soraya è ancora molto amata in Afghanistan. La sua eredità modernizzatrice, però, sembra ormai sepolta dal corso della storia.
Quante telefonate sta ricevendo in questi giorni dall’Afghanistan? Che cosa le chiedono?
Telefonate ne ricevo tante. I miei connazionali vivono nel terrore e mi chiedono tutti di poter uscire dal paese.
In vent’anni di occupazione o presenza occidentale, infatti, milioni di afghani hanno lavorato con gli occidentali. Ma anche chi ha lavorato per lo stato è considerato un traditore e ora tenta di fuggire.
Una delle testimonianze più strazianti di questi giorni è il video di una ragazza afghana, che dice: «A nessuno importa di noi, moriremo lentamente dalla storia». È quello che succederà?
Penso proprio di sì. Le donne afghane sono coraggiose, ma non bisogna dimenticare che l’Afghanistan è uno dei paesi più maschilisti al mondo e che cinquant’anni di guerra hanno portato il paese alla povertà, alla violenza ma soprattutto all’ignoranza.
A pronunciare questa frase è stata una donna e sono le donne che, dopo la presa di Kabul, oggi temono per la vita. I talebani, nelle prime dichiarazioni, hanno detto che potranno andare al governo, ma “sotto la legge della sharia”. Cosa si nasconde dietro questo giro di parole?
La sharia è il complesso di regole dettate nel Corano e, come tutti i codici, è suscettibile di molte interpretazioni.
Quindi la traduzione di quella dichiarazione è semplice: i Talebani potranno fare, e perciò faranno, quello che vogliono, con o senza giri di parole.
Che cosa succederà alle sindache come Zarifa Ghafari, alle avvocate che difendono le donne, alle giornaliste in televisione?
Nella peggiore delle ipotesi saranno uccise. Altrimenti, verranno costrette a stare chiuse in casa.
Da dove nasce questo disprezzo per le donne?
Nel 1980, durante l’invasione sovietica in Afghanistan, nel confinante Pakistan sono state istituite migliaia di scuole coraniche finanziate dall’Arabia Saudita, tuttora presenti e funzionanti.
Lì sono confluiti non solo profughi afghani ma anche giovani provenienti da altri paesi musulmani, a cui è stato insegnato quel che oggi è l’apparato ideologico dei talebani. È un esercito senza fine, che è stato costruito con la complicità degli Stati Uniti, alleati di Arabia Saudita e Pakistan.
La domanda è come si è arrivati a questo punto. Negli anni Venti, sua nonna Soraya regina d’Afghanistan stava in pubblico senza il velo, fondava organizzazioni per i diritti delle donne, apriva scuole femminili e pubblicava giornali.
Non solo. Fu istituita la scuola obbligatoria, pubblica e pagata dallo stato, sia per le femmine che per i maschi fino alla quinta elementare.
Furono mandate giovani studentesse a studiare medicina in Turchia a spese della regina, che soleva dire anche in pubblico: “Il 50 per cento della popolazione non ha voce, è arrivato il momento che anche le donne contribuiscano alla costruzione della società”. Quelle afghane furono le prime leggi a favore delle donne in tutta l’Asia, infatti il Time Magazine nel 1927 dedicò una copertina con la foto della Regina Soraya, che è considerata una delle donne più influenti del Novecento. Ma tutto questo è stato spazzato via.
Che cosa ha consentito ai Talebani di riprendere il controllo del paese?
Ragioni geopolitiche: prima di tutto gli accordi di Doha del 2020 tra Usa e Talebani, che hanno previsto il ritiro delle truppe statunitensi. Ma non va omesso che i talebani non avrebbero preso il potere senza l’appoggio malefico del Pakistan. Poi hanno giocato un ruolo importante anche gli interessi regionali di natura sia economica, con la nuova Via della Seta, che bellica. In particolare la Cina e l’Iran hanno tutto l’interesse a veder diminuire l’influenza e la presenza di truppe americane in Asia centrale.
Dopo vent’anni di presenza occidentale, quali promesse sono state tradite e perché?
Gli occidentali sono arrivati nel 2001 per ricostruire l’Afghanistan, ma hanno voluto provare a farlo secondo i loro metodi.
Il che significa con una profusione di danaro, enormi sprechi e conseguente corruzione che ha dilagato nel paese.
Ma attenzione: la gran parte del danaro è rientrato nelle tasche degli occidentali.
Che cosa intende?
Che la grande quantità di soldi che è formalmente arrivata in Afghanistan è stata spesa malamente. Le faccio l’esempio dell’istruzione. La stragrande maggioranza delle borse di studio messe a disposizione erano per accedere alle accademie militari. Anche in Italia, all’accademia di Modena.
Migliaia di giovani afghani sono stati mandati a frequentare i corsi della Nato e a fare inutili battitacchi: ho notizia che gli ultimi quattro studenti sono arrivati a Roma da Kabul sabato scorso, per frequentare un corso di strategia militare della Nato.
Pochissime, invece, sono state le borse di studio nelle discipline civili, come la medicina.
Eppure l’esercito afghano ha lasciato immediatamente campo libero ai talebani.
L’esercito afghano era senza stipendio da sei mesi. La ragione per cui è crollato tutto è sempre legata al denaro: erano i dollari statunitensi a mantenere lo stato afghano, che si è liquefatto nel momento in cui quel flusso si è interrotto.
L’Europa può fare qualcosa per le donne? L’unica strada è fuggire dal paese?
Ha visto anche lei le foto del cargo Usa, carico di più di seicento civili? Se le guarda bene nota che la maggior parte di loro erano uomini. Le donne rimarranno nel paese, nonostante quel che potrà succedere loro, per una ragione semplice: come fanno a fuggire se non possono nemmeno uscire di casa?
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