L’intero centro città di Kiev ha tremato venerdì mattina quando otto missili balistici russi sono precipitati nell’area situata intorno allo stadio della Dinamo Kiev. Una persone è morta e altre 12 sono rimaste ferite. È la prima volta in quasi due anni che i missili russi arrivano così vicini al centro storico della capitale ucraina. Secondo le forze armate russe, il raid sarebbe la «risposta» al bombardamento ucraino sulla regione russa di Rostov sul Don.

L’aviazione ucraina rivendica l’abbattimento di cinque degli otto missili. Detriti dei proiettili sono precipitati in tre distretti della capitale, incendiando cinque automobili e danneggiando una conduttura del riscaldamento centralizzato. Più di 630 abitazioni, 16 cliniche, 17 scuole e 13 asili sono rimasti senza riscaldamento a causa dell’attacco.

L’onda d’urto delle esplosioni ha anche danneggiato un edificio che ospita gli uffici di sei ambasciate straniere – quelle di Albania, Argentina, Palestina, Macedonia del Nord, Portogallo e Montenegro – mandando in frantumi finestre, porte e facendo crollare i soffitti. Nessun dipendente delle ambasciate è stato ferito.

«Un altro atroce attacco russo contro Kiev. Questa volta in un edificio che ospita l’ambasciata del Portogallo e diversi altri servizi diplomatici. Il disprezzo di Putin per il diritto internazionale raggiunge nuovi vertici», ha commentato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Anche la chiesa cattolica di San Nicola è stata danneggiata, con diversi vetri del rosone andati in frantumi. Si tratta della seconda chiesa cattolica più antica di Kiev, un edificio neogotico costruito a cavallo del Novecento su progetto di un architetto polacco e uno italiano.

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Poche ore dopo l’attacco, in piena mattinata, un nuovo allarme è scattato e nella capitale si è diffusa la notizia dell’arrivo di un missile Oreshnik, il missile sperimentale con capacità nucleari già utilizzato in un attacco contro la città di Dnipro e di cui il presidente russo Vladimir Putin ha più volte magnificato il potenziale distruttivo. Migliaia di persone hanno trascorso ore nei rifugi, prima che l’allarme rientrasse.

Mentre l’attenzione internazionale si concentra su Kiev, la Russia ha lanciato un pesante bombardamento anche sulla città di Kherson, colpita da droni e artiglieria. Kherson si trova nel sud dell’Ucraina ed è separata dai territori occupati dalle truppe russe soltanto dal fiume Dnipro. Il bombardamento potrebbe essere collegato ai tentativi russi di attraversare il fiume e costituire una testa di ponte sulla riva destra del fiume. Le forze armate di Kiev sostengono di aver respinto tutte le incursioni fino a questo momento.

Ucraina

Elettricità, Kiev respira

Il paese trema per gli attacchi aerei, ma non più così tanto per il freddo. Dopo essere scese di quasi dieci gradi sotto zero, le temperature medie in Ucraina sono tornate a salire concedendo una preziosa pausa al sistema energetico del paese, devastato dai bombardamenti russi. Grazie al clima più clemente, le autorità energetiche ucraine hanno potuto sospendere i blackout programmati che fino a pochi giorni fa interrompevano le forniture di elettricità fino a otto ore al giorno.

La situazione nelle città lungo il fronte, come Kherson e gli altri centri del Donbass, rimane comunque difficilissima e centinaia di migliaia di ucraini devono affrontare ogni giorno non soltanto l’assenza di energia elettrica, ma anche di riscaldamento. E il resto del paese potrebbe presto trovarsi in una situazione simile. Secondo gli esperti, quando a gennaio le temperature raggiungeranno la media di -10 o -15 gradi, città come Kiev potrebbero trovarsi con appena quattro ore di corrente al giorno.

Avanzano le trattative

Continuano intanto le manovre diplomatiche in vista di quello che ormai si considera l’imminente inizio dei negoziati per tentare di mettere fine al conflitto che dura da quasi tre anni. Venerdì 20 il ministero degli Esteri ucraino ha annunciato di aver stabilito una data per la prima visita nel paese del generale Keith Kellog, l’incaricato del dossier ucraino dal presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump.

La data, spiega il ministero, non è stata annunciata pubblicamente per ragioni di sicurezza, ma la leadership di Kiev si prepara ad accogliere l’inviato di Trump nelle prossime settimane, forse nei primi giorni di gennaio.

La nomina di Kellog, un generale in pensione e un repubblicano della vecchia scuola senza particolari simpatie per la Russia e per Putin, ha dato qualche ragione di ottimismo alla leadership ucraina. Pur sostenendo la necessità di mettere fine alla guerra portando Mosca e Kiev al tavolo delle trattative, Kellog è uno di quei repubblicani che sostengono la necessità di fornire ulteriori aiuti all’Ucraina nel caso in cui Putin si rifiutasse di trattare seriamente.

Nel frattempo, il primo ministro ungherese Viktor Orbán è tornato a chiedere una tregua di Natale ai contendenti, che coincida con un vasto scambio di prigionieri. «Sarebbe la dimostrazione che raggiungere la pace nel prossimo futuro non è impossibile», ha detto. Ma la proposta non piace a Kiev. Dopo essere stata respinta dal presidente Zelensky, è arrivata anche la replica del ministero degli Esteri che ha definito «superflua» la proposta. Orbán però non si è perso d’animo e ha detto che mentre Mosca ha già di fatto accettato la proposta, anche Kiev potrebbe presto cambiare idea.

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