Nel 377esimo giorno di guerra nella Striscia, tre miliziani sono stati uccisi dai militari di Israele a Gaza. Uno dei tre, dopo l’analisi del Dna e delle impronte digitali effettuate dall’esercito israeliano è stato riconosciuto essere il leader politico di Hamas, Yahya Sinwar, l’ideatore e il regista della strage e dei pogrom nelle comunità israeliane e nelle basi militari vicine alla Striscia avvenuti il 7 ottobre 2023.

L’ormai ex capo di Hamas, braccato da oltre un anno dalle forze di sicurezza israeliane è stato ucciso per caso, all’interno di un’abitazione di Rafah presa di mira dall’Idf. Nessuno sospettava che all’interno ci sarebbe stato il numero uno di Hamas.

Il successo di Bibi

Si tratta dell’assassinio più importante per il governo guidato dal premier Benjamin Netanyahu dopo quello del capo di Hezbollah, Nasrallah avvenuto recentemente a Beirut sud in Libano dopo un bombardamento mirato che ha distrutto numerosi edifici limitrofi.

Sinwar, prima capo dell’ala militare, era diventato da poco il numero uno del movimento dopo l’assassinio di Ismail Haniyeh, capo del braccio politico, avvenuto a Teheran da parte del servizio segreto esterno di Israele, il Mossad, nel corso delle trattative, poi ovviamente arenatasi, per la liberazione degli ostaggi.

«Il responsabile del massacro più grande del popolo ebraico dalla Shoah, l'arciterrorista che ha ucciso migliaia di israeliani e rapito centinaia di cittadini è stato ucciso dai nostri eroici soldati. Il conto è stato pagato», ha detto il premier Netanyahu in conferenza stampa. «Abbiamo chiarito cosa succede a chi ci fa del male». Poi, «come diceva re David, non smetterò di dare la caccia ai miei nemici finché non saranno scomparsi tutti», ha aggiunto con tono messianico Bibi. Perché quella di Israele, «sarà una guerra di resurrezione».

Infine un appello rivolto direttamente a chi ha ancora in mano la sorte degli ostaggi israeliani: «Chiunque deponga le armi e restituisca i nostri ostaggi, gli permetteremo di andarsene e di vivere. Chiunque faccia del male ai nostri ostaggi, avrà la testa sporca di sangue e ne risponderà».

Il futuro incerto

«Credo che da questo punto di vista Israele possa aver compiuto la sua azione di autodifesa. Mi auguro che la scomparsa del capo militare di Hamas possa portare a un cessate il fuoco a Gaza», ha invece affermato il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani.

Ma che succederà ora ad Hamas la cui dirigenza è stata decapitata? Chi sarà il successore? E cosa succederà a Gaza dopo 42.328 vittime civili di cui più della metà donne e bambini e ai suoi 2,3 milioni di profughi chiamati eufemisticamente abitanti della Striscia e che a Nord non ricevono aiuti alimentari sufficienti alla sopravvivenza da settimane? Che accadrà dunque ora?

Probabilmente, secondo la maggioranza degli analisti della spinosa questione medio orientale, avverrà quello che è accaduto in un recente passato, nel 2004 ad esempio alla morte dello sceicco disabile Ahmed Yassin, tra i fondatori del gruppo politico islamico e leader spirituale di Hamas.

Alla sua morte violenta i dirigenti superstiti nominarono come successore Abd al-Aziz al-Rantissi, portavoce di Hamas nella Striscia di Gaza che da lì a poco verrà ucciso anch’esso lasciando il posto a un altro dirigente fino a giungere ai giorni nostri quando dopo l’uccisione di Ismail Haniyeh, avvenuta nella capitale iraniana divenne capo Yahya Sinwar.

Anche in questo caso verrà nominato un nuovo leader come in passato, anche se è difficile fare nomi in un momento in cui l’organizzazione è stata decimata e completamente disarticolata. Ma tra i papabili per la successione non si può non pensare a Khaled Meshaal, già leader dell’organizzazione il gruppo dal 1996 al 2017. Cofondatore di Hamas insieme ad Ahmed Yassin, Meshaal dal 2012 vive a Doha, il suo nome rientrava già nella rosa dei possibili successori di Haniyeh. Così come tra i candidati figurava Muhammad Ismail Darwish, capo del Consiglio della Shura e controllore del "tesoro" finanziario di Hamas. C’è chi invece ipotizza un triumvirato composto dal già citato Meshaal, Muhammad Sinwar, 49 anni, fratello minore del defunto leader e Khalil al Hayya, 63 anni, una delle figure più influenti rimaste in vita nell'ufficio politico di Hamas a Gaza.

Quanto al futuro dell’organizzazione politica Hamas ci saranno anni di ricostruzione nell’ombra tra fasi ancora più difficili e momenti di ripresa sino alla comparsa sulle scene di nuovi, e forse più feroci Sinwar, presi tra le fila di quella generazione di sopravvissuti in qualche modo ai raid e alla distruzione israeliane della Striscia.

Nel giorno dell’uccisione di Sinwar sono morti 30 civili palestinesi sotto i raid a Gaza Nord nel campo profughi di Jabalya, alcuni a Gaza City sempre a settentrione della Striscia e una donna palestinese di 60 anni che nella Cisgiordania occupata e sotto l’autorità della Anp (non di Hamas) raccoglieva olive nel suo terreno ed è stata considerata un pericolo da una persona armata in divisa israeliana. Ed è su queste cifre di morte e sofferenze da entrambe le parti che l’Occidente deve trovare la forza di reagire per trovare una soluzione stabile per tutte le parti in causa. Affinché non compaiano altri Sinwar all’orizzonte.

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