Il tycoon: «Affronteremo il tema dei territori per mettere fine a questa guerra». E intanto dichiara nulle le grazie di Biden firmate con la “autopen”. Il Cremlino ringrazia: «Procediamo con la riattivazione delle relazioni con gli Usa»
Donald Trump dice che è stato un weekend di lavoro intenso sul fronte della guerra in Ucraina, i negoziatori hanno discusso di «come dividere alcuni asset», cioè innanzitutto «territori e centrali energetiche», e ci sono le condizioni perché lui e Vladimir Putin parlino di nuovo.
La conversazione avverrà martedì 18 marzo – secondo quanto ha detto il presidente domenica notte a bordo dell’Air Force One, circostanza confermata dal Cremlino – e l’obiettivo primario di Trump è l’accordo su un cessate il fuoco di 30 giorni. Discuteranno di territori ed energia, ma «il contenuto delle conversazioni fra due presidenti non è soggetto a discussioni preliminari».
Segnali calorosi
Dal governo russo sono arrivati segnali calorosi: «Stiamo procedendo sulla strada della riattivazione delle nostre relazioni bilaterali, di ripristinare vari modi di dialogo a diversi livelli», ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, parlando di passo «molto importante».
L’Ucraina e suoi alleati europei, capeggiati in questa fase dal Regno Unito di Keir Starmer, sperano che sul tavolo ci siano anche le garanzie di sicurezza che il presidente Volodymyr Zelensky disperatamente chiede, questione che ha scatenato l’ormai leggendario scontro fra Trump, il vicepresidente J.D. Vance e Zelensky nello Studio Ovale.
«Vogliamo vedere se riusciamo a mettere fine alla guerra. Forse riusciremo, forse non riusciremo, ma penso che abbiamo buone possibilità di farcela», ha spiegato Trump, aggiungendo: «Vedremo se avremo un annuncio da fare già martedì».
La Casa Bianca arriva al nuovo contatto diretto fra i presidenti dopo una serie di messaggi positivi portati dai vari emissari del presidente. L’ultimo è quello dell’inviato speciale Steve Witkoff, che ha a espresso un cauto ottimismo sull’andamento delle trattative e non ha identificato Putin come un ostacolo alla pace. «Non voglio mettere le parole in bocca a Putin, ma penso abbia indicato che accetta la filosofia del presidente Trump».
I leader dell’Unione europea temono che l’inviato abbia ragione, e che i due presidenti siano parte della stessa scuola filosofica. Al vertice dei ministri degli Esteri a Bruxelles, l’alta rappresentante della politica estera, Kaja Kallas, ha detto che «le condizioni presentate dalla Russia mostrano che non vuole veramente la pace, perché di fatto presentano come condizioni quelli che sono gli obiettivi finali che vogliono ottenere con questa guerra». Non ci si può fidare di Mosca, insomma.
La risposta a distanza del Cremlino non si è fatta attendere. Il portavoce del Cremlino ha detto che la «minaccia russa» per l'Europa è del tutto effimera. «Si tratta semplicemente di tentativi di creare un nemico esterno artificiale per giustificare una linea militarista, per la militarizzazione dell'Europa».
Da Kiev arrivano segnali di cautela. Se Mosca contribuirà a garantire sicurezza e giustizia per l’Ucraina, le sanzioni occidentali contro la Russia potrebbero essere revocate, ha detto Vladyslav Vlasiuk, commissario per la politica delle sanzioni del presidente Zelensky.
«In questo momento vogliamo solo assicurarci che la Russia compia passi significativi in questa direzione, poi si potrà discutere della loro rimozione», ha detto. Per il momento parlare di revoca delle sanzioni è decisamente prematuro. «Vogliamo solo assicurarci», ha detto Vlasiuk, «che la Russia compia passi significativi in quella direzione, solo allora potrà emergere il tema della revoca delle sanzioni».
Firme presidenziali
Putin non occupa però l’intero spettro dell’attenzione di Trump. Negli ultimi giorni il presidente si è occupato molto dell’“autopen”, lo strumento che replica la firma presidenziale che l’inquilino della Casa Bianca usa per firmare ordini e decreti da remoto, ed è arrivato a scrivere sul social Truth che i provvedimenti di clemenza firmati da Joe Biden prima di lasciare la guida del paese sono nulli, perché non sono stati autorizzati da lui ma da qualcuno che controllava l’autopen.
«Le grazie che Sleepy Joe Biden ha concesso al Comitato Non Selezionato dei Teppisti Politici sono perciò dichiarate nulle, vacanti, e senza più forza o validità. In altre parole, Joe Biden non li ha firmati ma, cosa più importante, non ne sapeva nulla!», ha scritto, facendo riferimento ai membri della commissione del Congresso che ha indagato sull’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, che Biden ha protetto dalle potenziali ritorsioni trumpiane concedendo una grazia preventiva.
Sono giorni che Trump si mostra ossessionato dall’autopen, dicendo che molti provvedimenti firmati da Biden non sono validi. A ben vedere, la logica dei messaggi di Trump in un certo senso assolve o almeno giustifica il suo predecessore, presentato come ignaro firmatario di decreti che in realtà erano validati da altri con l’ingannevole marchingegno.
L’origine dell’ultima mania social del presidente è un documento del think tank conservatore Heritage Foundation, che ha considerato l’uso dello strumento di firma nello scorso mandato e ha concluso che «chiunque controlla l’autopen controlla la presidenza».
L’anziano Biden, insomma, era in balia di qualcun altro, e pertanto le sue ultime, importanti decisioni sono da ritenere prive di valore.
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