Diversi media locali russi dicono che dal primo aprile il Cremlino lancerà una campagna di reclutamento per arruolare 400mila “volontari”, una mossa politicamente meno rischiosa rispetto alla chiamata di nuovi riservisti o del via libera per l’impiego al fronte dei soldati di leva
L’offensiva russa in Ucraina lanciata con le truppe arruolate nella mobilitazione dello scorso autunno si è già impantanata a Bakhmut e nel resto del bacino del Donbass.
Per rimediare alle perdite, che tra morti e feriti si aggirano ormai sulle 200mila unità, il governo russo avrebbe intenzione di reclutare fino a 400mila nuovi soldati, hanno scritto oggi diversi media locali russi, ampiamenti ripresi in Ucraina e in Europa.
Ma il ministero della Difesa russo ha smentito la notizia, assicurando che nessuna nuova mobilitazione è in preparazione. La chiamata alle armi dei riservisti è considerata una scelta politicamente molto rischiosa che il presidente russo Vladimir Putin non prende alla leggera, sostengono diversi analisti.
I segnali però, indicano che l’esercito russo ha un crescente bisogno di nuove forze non solo per mantenere l’offensiva, ma anche per resistere alle future controffensive ucraine. Anche se una mobilitazione è probabilmente considerata troppo pericolosa, il Cremlino sembra pronto a ricorrere a soluzioni ibride.
Mobilitazione o reclutamento?
La notizia di una nuova campagna di reclutamento è iniziata a circolare questa mattina su alcuni media della regione degli Urali.
Il sito Ura.ru, ad esempio, ha parlato di una massiccia campagna di pubblicità e reclutamento che il governo avrebbe intenzione di lanciare a partire dal primo aprile. Nel frattempo, il Cremlino avrebbe inviato ai vari governi regionali le quote di “volontari” che si aspetta vengano forniti da ogni regione: un totale di 400mila nuovi “soldati a contratto”.
In altre parole, quella in preparazione non è in senso stretto una “mobilitazione”, che prevede il richiamo in servizio di chi ha già trascorso un periodo nell’esercito, ma piuttosto di una campagna per incentivare l’arruolamento di nuovi volontari. Ma nella Russia di Putin il confine tra richiamati e volontari appare molto labile.
Sempre questa mattina è circolata la notizia che in regioni come Lipetsk, Penza e Voronezh, le autorità locali hanno già iniziato a distribuire a parte della popolazione note di convocazione presso i centri di reclutamento.
La giustificazione ufficiale è la necessità di aggiornare i dati personali dei convocati, una spiegazione ripetuta questa mattina anche dal portavoce di Putin, Dimitri Peskov.
Ma secondo diversi media indipendenti e canali Telegram russi, una volta arrivati ai centri di reclutamento, in molti hanno ricevuto pressioni e in alcuni casi vere e proprie minacce affinché firmassero un contratto di servizio militare.
I numeri
Esperti e analisti sono concordi sul fatto che presto o tardi le forze armete russe avranno bisogno di nuove truppe se vogliono continuare a combattere in Ucraina. Dopo aver iniziato il conflitto con una forza stimata in circa 190mila soldati, alla fine della scorsa estate il Cremlino si è trovato con un esercito dissanguato ed in inferiorità numerica rispetto agli ucraini.
La spettacolare offensiva ucraina di Kharkiv e la più lenta, ma ugualmente vittoriosa, conquista di Kherson, sono considerate una diretta conseguenza della mancanza di truppe di prima linea a disposizione del Cremlino.
Dopo aver esitato a dichiarare la mobilitazione per tutti i primi sette mesi di guerra, alla fine dello scorso settembre Putin ha finalmente dato il via libera alla chiamata in servizio dei riservisti. Secondo le principali stime, in pochi mesi l’esercito russo avrebbe mobilitato circa 300mila soldati.
Una parte di queste truppe sarebbe stata inviata immediatamente in prima linea, quasi senza addestramento, per tamponare i buchi nella linea causati dalle due offensive ucraine. Il resto avrebbe proseguito l’addestramento e sarebbe stato impiegato nell’offensiva invernale, che sta arrivando in questi giorni al suo culmine in Donbass e nella città di Bakhmut.
Dopo tre mesi di intensi combattimenti, queste nuove forze sarebbero ormai esaurite, mentre gli ucraini avrebbero ancora a disposizione le loro riserve con cui si preparerebbero a lanciare una controffensiva primaverile.
Per rimpinguare le file dell’esercito la scelta più ovvia, ma anche quella politicamente più rischiosa, sarebbe impiegare i soldati di leva: le decine di migliaia di ragazzi che prestano servizio militare obbligatorio e che fino a questo momento non sono mai stati utilizzati in Ucraina.
Una nuova mobilitazione di riservisti, tendenzialmente più anziani, è considerata meno rischiosa, ma comunque problematicoa. Se le notizie di questa mattina saranno confermate, significa che il Cremlino per ora opta per la strada più sicura: una mobilitazione “strisciante” e non dichiarata, in cui spera che “volontari” più o meno reali siano sufficienti a tappare i buchi che si sono creati nelle forze armate.
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