Come annunciato dalle pagine di questo quotidiano nei giorni scorsi, il presidente Vladimir Putin ha rivolto giovedì sera un discorso alla nazione sugli «eventi che si stanno verificando nelle operazioni della zona militare speciale», dopo le dichiarazioni del suo omologo statunitense sul permesso concesso agli ucraini di lanciare «armi a lungo raggio di fabbricazione occidentale sul territorio della Federazione russa».

Ripercorrendo le tappe di questa «escalation del conflitto», così come viene descritta nelle parole del presidente russo, che vanno dall’attacco di sei missili Atacms a quello combinato dei sistemi Storm Shadow e Himars nelle regioni russe di Bryansk e Kursk, Putin ha annunciato che «il conflitto regionale in Ucraina, provocato dall’Occidente, ha acquisito elementi di carattere globale».

Motivo per cui il presidente russo ha ordinato un «attacco combinato contro uno degli oggetti del complesso militare-industriale dell’Ucraina (…) con un missile balistico dotato di equipaggiamento ipersonico non nucleare». Si tratta del missile “Oreshnik”, che ha raggiunto la città di Dnepropetrovsk, «testato» in «condizioni di combattimento in risposta alle azioni aggressive dei paesi Nato nei confronti della Russia» con una velocità Mach 10 di 2,5-3 chilometri al secondo che nessun sistema di difesa aerea nel mondo può intercettare e abbattere.

Questo passaggio del discorso è fondamentale perché rivela un duplice obiettivo. Da un lato, il Cremlino vuole rassicurare l’opinione pubblica russa sul fatto di possedere armi così sofisticate, che nemmeno il nemico statunitense può contrastare, agendo «senza paura» contro chi mira a destabilizzare la sicurezza della Federazione russa e «distruggere il sistema internazionale, (…) aggrappandosi alla propria egemonia». Dall’altro lato, Putin manda un chiaro segnale politico all’amministrazione americana, rialzando il livello dello scontro e rilanciando la posta in gioco.

L’evoluzione dello scontro

Quando lo scorso settembre sono state presentate da Putin le modifiche alla dottrina nucleare russa, avevamo, infatti, ripreso il concetto di “gestione dell’escalation” che permea i criteri fondanti e attuativi dell’utilizzo della bomba atomica. È errato pensare che il discorso di Putin porti direttamente e velocemente all’utilizzo dell’arsenale nucleare, perché sussistono diversi “limiti prefissati” da oltrepassare.

Vero è che il primo limite è venuto meno dopo l’annuncio del passaggio da una «guerra regionale» a una «su larga scala», che implica il riconoscimento di uno scontro diretto con la Nato, ma vi sono ancora diversi step che il Cremlino oculatamente sta monitorando.

Tra questi, l’eventualità, come è stato accennato da Putin, di uscire dal terreno ucraino per colpire membri della Nato e il ricorso all’utilizzo di armi “ibride”, come attacchi cibernetici, sabotaggi o attentati, volti a destabilizzare il mondo occidentale.

Al momento, come d’altronde sta avvenendo da alcuni mesi anche da parte degli Usa, siamo nel campo del fear-inducement delle parti in gioco: minacciare, attaccare, attendere, ma contenere l’avversario in attesa di un’ulteriore evoluzione. È emerso, infatti, dalle dichiarazioni del portavoce presidenziale russo, Dmitrij Peskov e da quella americana, Karine Jean-Pierre, che il Cremlino aveva avvertito la Nato dell’uso di questo missile attraverso i canali di riduzione del rischio nucleare e, per questo motivo, ad esempio, è stata sospesa la seduta del parlamento ucraino (Rada).

Allora quale potrà essere l’evoluzione di questa situazione? Molti analisti sostengono che il fine ultimo degli alleati occidentali è portare l’Ucraina in una posizione più forte al negoziato con la Russia, nella convinzione che il Cremlino stia attualmente bluffando perché non supererà mai la linea russa del nucleare.

Le linee rosse

Eppure, la storia putiniana è contraddistinta da diversi episodi nei quali Putin non ha avuto alcun scrupolo a superare le linee rosse. Basti pensare all’invasione in Georgia nel 2008 e quella ucraina nel 2022, all’annessione illegale della Crimea nel 2014 e di alcuni territori nel Donbas nel 2022, e si potrebbe continuare con altre evidenze in diverse aree geopolitiche, soprattutto nel Medio Oriente, per non parlare delle questioni di natura più domestica come le guerre cecene.

Senza creare, quindi, nessun allarmismo, ma nella consapevolezza che con il passare delle settimane/mesi vi è un maggiore rischio di incidenti o di superamento di altre soglie della dottrina nucleare, è opportuno non sottovalutare le decisioni del capo del Cremlino che è disposto a chiudere, temporaneamente o meno, la partita solamente alle proprie condizioni, ritenendo di non aver più nulla da perdere: à la guerre comme à la guerre.

Inoltre, un’altra linea rossa è appena stata superata. Mentre si discute sulla tipologia del missile Oreshnik, è bene ricordare che la velocità e le testate puntabili indipendenti che possono, quindi, colpire contemporaneamente zone differenti, costituiscono un unicum nelle guerre militari sinora in atto.

Anche se il Cremlino continuasse ad avvertire gli Usa e la Nato di altri attacchi, anche permettendo, come ha ricordato Putin, «ai cittadini degli stati amici che si trovano lì (Ucraina) di lasciare le zone pericolose per ragioni umanitarie», gli effetti sul terreno di questi missili sono devastanti e il popolo ucraino continuerà a essere martoriato. Siamo sicuri che questa strategia rafforzerà sul piano politico il governo di Volodomyr Zelensky?

Certamente, la situazione è sempre più complicata politicamente sia per il presidente ucraino sia per i suoi alleati che dovrebbero spiegare alle proprie opinioni pubbliche perché una guerra dovrebbe concludersi con un accordo a vantaggio della Russia su posizioni che erano in discussione già dal 2013.

Questa guerra sinora ha dimostrato che la vera linea rossa è lo sdoganamento di concetti come “deterrenza nucleare” o “bomba nucleare” che incutevano timore sino a qualche anno fa. Nel frattempo, la svolta di Joe Biden sulle mine antiuomo all’Ucraina potrebbe rappresentare, invece, il superamento della “linea rossa occidentale”.

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