Il più grande scambio di prigionieri tra Russia e occidente dai tempi della Guerra Fredda ha permesso la liberazione di Vladimir Kara-Murza e Ilya Yashin, i principali esponenti del mondo liberale russo dopo la morte di Alexey Navalny, due persone che hanno l’ambizione politica di mettersi alla guida dell’opposizione russa all’estero.

Tuttavia, lungi dal suscitare una simpatia incondizionata per gli oltre due anni passati nelle colonie penali di Mosca e nonostante la netta condanna dell’invasione dell’Ucraina, le loro prime dichiarazioni pubbliche hanno generato una tempesta di critiche, sia da parte degli ucraini che in alcuni segmenti della diaspora russa.

Il giorno dopo l’arrivo in Germania, Kara-Murza, Yashin e Andrei Pivovarov (un’altro oppositore liberato), hanno tenuto una conferenza stampa a Bonn rilasciando diverse interviste ai media indipendenti russi, promettendo che continueranno l’attività politica anche dall’esilio. A suscitare scandalo però sono state le affermazioni sulla necessità di alleviare le sanzioni per i «russi comuni» e di fermare i combattimenti con una trattativa di cessate il fuoco.

Kara-Murza ha ricordato la sua attività di lobbying per chiedere ai governi occidentali l’introduzione di sanzioni contro la Russia dopo l’annessione della Crimea del 2014, sottolineando che all’epoca era fondamentale garantire che le misure punitive fossero rivolte ai funzionari e agli oligarchi del regime di Vladimir Putin, non ai russi comuni. Kara-Murza ha detto che adesso l’occidente si sta allontanando da quell'idea e le sanzioni stanno colpendo tutta la società russa, criticando questa scelta e promettendo che lavorerà affinché le sanzioni si limitino a colpire il regime.

Non è difficile capire il messaggio che Kara-Murza voleva trasmettere. La gente in Russia è scontenta dalle conseguenze delle sanzioni, compresi i simpatizzanti dell’opposizione e gli attivisti contro la guerra. Qualsiasi leader dell’opposizione russa che approvi incondizionatamente le sanzioni, viste come una punizione collettiva, non ha molte possibilità di avere un vasto consenso all'interno della Russia. Le sue parole però hanno attirato le critiche immediate da parte delle comunità più radicali della diaspora russa e dai funzionari del governo ucraino, oltre che da molti commentatori.

Sedersi al tavolo

Yashin è inciampato in una controversia ancora più grande con un'intervista a Dozhd TV, un canale indipendente russo che dopo la guerra si è trasferito prima a Riga e poi ad Amsterdam. Quando gli è stato chiesto di come rompere la situazione di stallo sul fronte russo-ucraino, Yashin ha detto che entrambe le parti hanno urgente bisogno di sedersi al tavolo delle trattative per fermare i combattimenti con un cessate il fuoco, facendo addirittura dei paralleli con gli accordi di Minsk.

Per gli ucraini questo è stato visto come un invito a cedere di fatto i territori occupati alla Russia, ma le sue parole hanno suscitato feroci critiche anche da moltissimi russi all’estero. Yashin il giorno dopo ha postato un video su YouTube per chiarire (in russo) cosa intendeva dire realmente e delineare meglio la sua posizione sulla guerra, affermando che in nessuna circostanza i territori dell'Ucraina dovrebbero essere ceduti a Putin.

«Capisco che siete rimasti senza informazioni per tanto tempo e non comprendiate tutta la crudeltà della guerra e di cosa stanno facendo i nostri connazionali in Ucraina, ma non vi rendete conto di cosa dite», ha scritto su Facebook la fotografa e attivista russa Victoria Ivleva. Un commento che da solo ne riassume molti.

Quel che è accaduto in parte è un processo inevitabile, poiché l’opposizione russa in esilio si sta dividendo in due campi ben distinti: i radicali, che vogliono dissociarsi completamente dalla Russia di Putin in tutte le sue forme a partire dall’invasione dell’Ucraina, e i moderati, che vogliono continuare a rivolgersi alla maggioranza dei russi in patria, a cui non piace essere colpevolizzati per l'accettazione passiva delle scelte del Cremlino.

Inoltre, questo episodio conferma la distanza di fondo tra gli ucraini e una parte – nel suo complesso forse maggioritaria – del mondo dell’opposizione russa. Una spaccatura che riguarda, oltre agli ucraini, altri paesi dello spazio post-sovietico europeo, dai baltici alla Georgia passando per la Bielorussia.

L’idea di una parte significativa degli attivisti e dei funzionari governativi di questi paesi è che l’unica possibilità di coesistenza tra Russia e Occidente passa per una gravissima sconfitta militare russa in Ucraina, l’evento storico che costringerebbe i russi ad abbandonare la mentalità imperialista da superpotenza. Una forma mentis che, secondo loro, caratterizza anche gli esponenti più noti dell’opposizione liberale russa, fino a rappresentare un ostacolo insormontabile a ogni possibilità di aprire un dialogo.

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