A oggi su 27 stati membri 21 prevedono un salario minimo. I paesi avranno due anni di tempo per recepire la direttiva che sarà formalmente approvata dal Consiglio entro la fine del mese
Con 505 voti favorevoli, 92 contrari e 44 astenuti il parlamento ha approvato in via definitiva la nuova legislazione sui salari minimi adeguati nell’Unione europea.
«La legge, concordata a giugno con il Consiglio, intende migliorare le condizioni di vita e di lavoro di tutti i lavoratori dell’Ue e promuovere progressi in ambito economico e sociale», si legge nel comunicato pubblicato dal parlamento europeo. «A tal fine, vengono definiti i requisiti essenziali per l’adeguatezza dei salari minimi garantiti, come stabilito dalle leggi nazionali e/o dai contratti collettivi». La legge vuole inoltre migliorare l’accesso effettivo dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo.
L’eurodeputata olandese Agnes Jongerius del gruppo Socialisti & Democratici e correlatrice del testo ha espresso soddisfazione per la sua approvazione: «I prezzi dei generi alimentari, delle bollette energetiche e degli alloggi stanno esplodendo. La gente fa davvero fatica ad arrivare a fine mese. Non abbiamo tempo da perdere, il lavoro deve tornare a pagare. Questa direttiva stabilisce gli standard per un salario minimo adeguato. Allo stesso tempo, stiamo dando un impulso alla contrattazione collettiva, in modo che un maggior numero di lavoratori sia maggiormente tutelato».
Cosa accade ora
La nuova direttiva si applicherà a tutti i lavoratori dell’Ue con un contratto o un rapporto di lavoro. I paesi membri in cui è già prevista una legislazione in materia non saranno tenuti a introdurre queste norme o a rendere gli accordi già previsti universalmente applicabili.
Ma come si calcola il salario minimo? La direttiva approvata oggi prevede che i paesi membri «potranno determinare un paniere di beni e servizi a prezzi reali, o fissarlo al 60 per cento del salario mediano lordo e al 50 per cento del salario medio lordo». Per semplificare le procedure il parlamento incentiva la contrattazione collettiva a livello settoriale e interprofessionale. «Gli stati membri in cui meno dell’80 per cento dei lavoratori è interessato dalla contrattazione collettiva, dovranno - congiuntamente alle parti sociali - stabilire un piano d’azione per aumentare tale percentuale», si legge nel testo.
La norma sarà approvata formalmente da parte del Consiglio nel mese di settembre e i paesi hanno un tempo massimo di due anni per recepire la direttiva all’interno del proprio ordinamento.
A oggi su 27 stati membri 21 prevedono un salario minimo. Le retribuzioni più alte sono quelle previste per i lavoratori in Lussemburgo, Irlanda e Germania, mentre in Bulgaria e le repubbliche Baltiche si registrano quelle più basse.
In Italia, così come Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Italia e Svezia affidano ai contratti collettivi l’accordo sul salario minimo tra dipendenti e datori di lavoro.
Il dibattito politico italiano
Negli ultimi mesi il dibattito politico italiano è tornato più volte sul tema del salario minimo. Il Movimento cinque stelle spinge per fissare il tetto a 9 euro l’ora per tutti i lavoratori, mentre Sinistra Italiana a 10 euro. Il centrodestra di Salvini, Meloni e Berlusconi propone invece un taglio fiscale per aumentare gli stipendi, mentre il Partito democratico di Enrico Letta ha intenzione di rimodulare i salari minimi già decisi dai contratti collettivi.
«Mentre in Italia gli altri partiti pensano ad alzare stipendi ai superdirigenti di Stato, noi continuiamo a batterci per il salario minimo legale a 9 euro l'ora. Basta paghe da fame!», ha scritto su Twitter il presidente del Movimento Cinque stelle Giuseppe Conte, facendo riferimento all’emendamento introdotto nel decreto Aiuti bis che alza il tetto degli stipendi ai manager della Pubblica amministrazione.
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