Da oltre quattro mesi, ogni sabato, gli studenti serbi scendono in piazza per protestare contro il regime di Aleksandar Vučić dopo i gravi incidenti avvenuti alla stazione di Novi Sad, che hanno provocato 16 morti a margine di un'altra manifestazione del movimento studentesco. Il 15 marzo quasi mezzo milione di persone si sono riversate nelle strade di Belgrado in quella che è considerata la più grande manifestazione nella storia della Serbia. Una partecipazione popolare che non si vedeva nel paese balcanico dai movimenti contro Slobodan Milošević, alla fine degli anni ’90.

Ma c’è un altro elemento che accomuna le proteste di oggi a quelle di trent’anni fa: un vessillo rosso con il cavallino rampante. Ad attirare l’attenzione di molti è stata, infatti, la presenza in piazza di una bandiera della Ferrari che si staglia inconfondibile in mezzo a una moltitudine di bandiere serbe.

Lo sport, questa volta, non c’entra. La bandiera della scuderia di Maranello è infatti da tre decenni una presenza fissa nelle marce antigovernative. Un simbolo di protesta utilizzato, anche, per schernire il governo e la narrazione secondo cui ad alimentare le proteste sarebbero agenti stranieri.

L’origine del simbolo

È il 7 dicembre 1996 e da ormai venti giorni migliaia di studenti scendono in piazza quotidianamente per protestare contro il regime di Milošević. Le temperature sono attorno allo zero mentre pioggia e neve si alternano per tutto il giorno creando un clima ostile che non frena l’entusiasmo e la passione dei giovani serbi. A un certo punto, mentre dal palco i leader delle opposizioni incitano la folla, tra gli striscioni e le bandiere della Serbia spunta per la prima volta una bandiera della Ferrari.

L’idea era venuta qualche giorno prima a un gruppo di ragazzi che, cercando un modo per ritrovarsi facilmente in mezzo alla folla, aveva deciso di utilizzare quella bandiera rossa come segno distintivo. Da quel momento, a tutte le successive manifestazioni, il gruppo si presentò in piazza con quel vessillo trasformandolo in uno dei simboli di quel movimento.

«Anche con la pioggia, la neve o la tempesta, lei era lì», ha spiegato anni dopo alla Bbc Igor, proprietario di quella prima bandiera. «Per me la Ferrari è un simbolo di forza, perseveranza e resistenza. Per questo ogni volta che c’è un’ingiustizia c’è anche la sua bandiera». Qualcuno ci vedeva un simbolo di apertura all’occidente. Altri un tentativo di attirare l’attenzione. Ma la sua presenza costante ha dato ulteriore forza al movimento. Un simbolo di speranza che colpì tutti tanto che il futuro primo ministro Zoran Đinđić disse: «Saprò che è finita quando non ci sarà più quella bandiera».

«Vedendo quel simbolo in piazza ogni giorno in molti si sono fatti forza», ha spiegato Igor. «Pensavano: se loro sono tornati in piazza devo farlo anche io». E così quando, dopo 88 giorni di manifestazioni, nel febbraio 1997 Milošević ammise la sconfitta, quel simbolo era ancora li. E di nuovo si stagliava nel cielo di Belgrado il 5 ottobre 2000 quando il suo regime finì dopo la cosiddetta “rivoluzione dei bulldozer”.

Agenti stranieri

Ma la bandiera della Ferrari per molti ha rappresentato anche una risposta ironica alle accuse che, sistematicamente, vengono mosse contro i manifestanti anti governativi in Serbia. A gennaio, riprendendo un copione ormai consueto, il presidente Vučić ha accusato l’occidente di avere un ruolo nelle proteste. Dietro ai manifestanti, secondo il presidente, si celerebbero infatti agenti stranieri incaricati di destabilizzare il paese balcanico e promuovere un cambio di regime. Accuse infondate che già erano state mosse trent’anni prima da Milošević.

Così la bandiera del cavallino rampante con il tempo è diventata anche la risposta ironica dei serbi a quelle accuse che ciclicamente ritornano ad ogni protesta. Una delle principali aziende italiane, simbolo dell’industria occidentale, portata in piazza ad ogni manifestazione. Simbolo di un’ingerenza straniera che non c’è.

La lettera di Montezemolo

La presenza di quel simbolo in mezzo ai manifestanti venne inevitabilmente notato anche in Italia e, ovviamente, a Maranello. «L’azienda senza che noi chiedessimo nulla ci contattò per chiederci un indirizzo a cui spedire dei regali», ha raccontato Igor esprimendo tutto il suo stupore per quel gesto.

Qualche giorno dopo, infatti, dalla Ferrari arrivarono due pacchi contenenti libri con la storia della fabbrica, cinque cappellini, alcune spille e un biglietto di ringraziamento firmato da Luca Cordero di Montezemolo.

L’allora presidente della Ferrari aveva particolarmente apprezzato il gesto dei giovani manifestanti e aveva espresso il desiderio di poterli incontrare. Un incontro che non è mai avvenuto, ma che non ha impedito alla bandiera rossa di continuare a sventolare nei cieli della Serbia ad ogni manifestazione.

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