Non è la prima volta che il giudice Samuel Alito finisce al centro di controversie. Ma è la prima volta che ci finisce per via di alcune imbarazzanti bandiere che sono state avvistate nei pressi delle sue abitazioni. A fare lo scoop è stato il New York Times, che ha rivelato come nelle settimane successive all’assalto a Capitol Hill nel gennaio 2021 nel giardino della sua residenza nei sobborghi di Washington sia stata posta una bandiera americana rovesciata.

Non era una disattenzione, secondo la giornalista Jodi Kantor, ma rappresenterebbe l’adesione del giudice al movimento “Stop The Steal” che sposava (e tuttora crede a) la teoria complottista delle elezioni presidenziali del 2020 “rubate” dai dem all’allora presidente Trump. Lo stesso giudice si è giustificato qualche giorno più tardi con uno strano alibi: sarebbe stata la moglie Martha-Ann a metterla così in occasione di una disputa con un vicino su argomenti politici. Cattivo gusto quindi, ma sembrava poco altro. Poi il 22 maggio è arrivato un nuovo articolo che parla di un’altra bandiera in un’altra casa del giudice, stavolta nella località di villeggiatura di Long Beach, in New Jersey.

La scorsa estate c’era la cosiddetta Pine Tree Flag, un vessillo utilizzato nel passato remoto dalle truppe del generale George Washington nel 1775, ai primordi di quella che sarebbe diventata la Guerra per l’indipendenza americana. Sulla stoffa c’è la raffigurazione di un pino stilizzato e sotto una scritta che dice «an appeal to Heaven». Fino a qualche anno fa era una reliquia da museo, oggi è diventata invece un simbolo dei cristiani nazionalisti e di tutti coloro che chiedono che il governo sia maggiormente ispirato ai principi della Bibbia.

Una bandiera simile c’è anche di fronte all’ufficio dello speaker Mike Johnson, che non ha mai fatto mistero della sua vicinanza alla destra cristiana. Nel caso del giudice Alito però è diverso. Dovrà giudicare entro il termine di giugno diversi casi che coinvolgono persone che erano tra gli insorti del 6 gennaio, e alcuni di questi brandivano proprio una bandiera bianca con il pino. Secondo diversi analisti dei movimenti religiosi integralisti, il richiamo a Washington è dovuto al fatto che si vuole riconquistare una non meglio precisata “libertà religiosa” anche con le armi, come fecero i rivoluzionari americani nel Settecento.

Alcuni senatori dem, perciò, hanno chiesto che Alito quantomeno si ricusi dall’analisi dei casi più scottanti, come ha detto in una nota Richard Blumenthal del Connecticut. Il senatore Dick Durbin, viceleader del gruppo di maggioranza al Senato ha rincarato la dose chiedendo che venga istituito un codice etico stringente per i giudici della Corte Suprema. Nel giugno 2023 lo stesso giudice era stato oggetto di un’inchiesta pubblicata dal portale di giornalismo investigativo ProPublica, dove si diceva che Alito fosse stato più volte ospite del miliardario Paul Singer nel suo lussuoso resort in Alaska, dove il giudice si sarebbe dedicato alla pesca al salmone.

In particolare, era stato evidenziato come Alito fosse stato portato sul jet privato di Singer sia all’andata che al ritorno. All’epoca Alito rispose piccato con un editoriale puntuto sul Wall Street Journal, affermando che i viaggi a spese del miliardario erano semplice “ospitalità personale”. Non solo: Alito cercava di chiudere la questione con un argomento giuridico, sostenendo che il Congresso non aveva alcuna autorità nel regolare la Corte suprema, affermazione quantomeno smentibile leggendo l’articolo tre della Costituzione americana, che afferma che spetta proprio al potere legislativo di regolamentare il sistema giudiziario federale.

Al momento però non c’è nulla che si possa fare all’atto pratico per costringere il giudice a ricusarsi dai casi controversi, né sembra che voglia farlo. Tutto questo però va a detrimento della credibilità di una Corte sempre più screditata e spostata a destra, ed è ironico che lo stesso Alito abbia scritto una sentenza uscita giovedì che restringe la possibilità di far ricorso ai tribunali per ridisegnare le mappe elettorali dei distretti del Congresso in caso di presunte discriminazioni razziali. Nessuna sorpresa in questo e nemmeno nessuna soluzione in vista per il campo progressista, che appare destinato a subire un’altra ondata di sentenze negative nei prossimi mesi.

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