- L’occupazione russa a Kherson passa anche attraverso il ricatto alimentare: non sono più gli ucraini a decidere cosa mettere a tavola all’ora di pranzo, ma gli occupanti attraverso l’imposizione di prodotti russi
- I supermercati chiusi vengono riaperti dai russi che cambiano le insegne, all’insaputa dei legittimi proprietari, e li riempiono di merce russa, importata attraverso la Crimea senza garanzie sulla qualità
- Tra negozi chiusi e riapertura coatte si inserisce l’illegalità: la popolazione impoverita dal conflitto vende quello che può per strada senza permessi e controlli, mettendo a rischio la salute degli acquirenti.
Sulla strada Ushakova, nel centro di Kherson, le serrande dei negozi sono abbassate. Gli occupanti stanno cambiando le insegne di alcune catene alimentari ucraine sostituendole con quelle di aziende della Crimea. L’occupazione russa a Kherson passa anche attraverso il ricatto alimentare: non sono più gli ucraini a decidere cosa mettere in tavola all’ora di pranzo, ma gli occupanti attraverso l’imposizione di prodotti russi. In città non arrivano alimenti dall’Ucraina dal 24 febbraio, giorno dell’invasione voluta da Vladimir Putin. Settimana dopo settimana i supermercati si sono svuotati fino a chiudere. In contemporanea è diventato sempre più semplice trovare, invece, prodotti russi, importati da Sebastopoli.
«Nei primi giorni di occupazione, le uova per esempio erano introvabili: i russi non permettevano nemmeno la consegna in città di quelle locali della campagna circostante: le strade erano completamente bloccate, non lasciavano passare nessuno. Ora al mercato è pieno di uova. Molte, abbiamo visto, provengono dall’azienda avicola della città russa di Bobrov», dice Tatjiana, che abita a Kherson, e mostra il lotto stampato su un uovo che ha acquistato.
Occupazione alimentare
Secondo Tatjiana – e tanti altri nelle chat Viber e Telegram dei quartieri di Kherson – già nelle prime settimane di occupazione la merce russa finiva sulle bancarelle del mercato, attraverso la rivendita di aiuti umanitari provenienti dalla Russia.
I soldati russi non hanno mai permesso l’arrivo a Kherson di approvvigionamenti, ma hanno iniziato da subito a distribuire dai loro camion buste con aiuti umanitari. Col tempo sempre più persone, affamate e impoverite dalla guerra, hanno finito per accettarli. Secondo molti, una parte di questi prodotti finiva anche per essere rivenduta.
Ma accanto a un commercio del genere, che può sembrare iniziativa dei singoli, e in cui è difficile stabilire la complicità degli occupanti, è chiaro come la russificazione alimentare sia parte anche di una strategia da parte di Mosca nei territori occupati. Insieme alla repressione e alla riorganizzazione economico-amministrativa.
La prova è l’apertura sistematica di catene di supermercati della Crimea al posto delle aziende ucraine che operavano prima dell’occupazione. Negozi di questo tipo sono stati aperti a Kherson in via Universitetskaya, Kulika e nel quartiere Tavrichesky. A Ushakova ha aperto la catena di supermercati della Crimea Toru dove «è possibile acquistare merce russa», scrive Tsargrad.tv.
«Prima del 24 febbraio avevamo più di 1.300 punti vendita in tutta l’Ucraina, di questi circa 300 nell’oblast di Kherson, e siamo stati costretti a chiuderli. In alcuni casi, abbiamo venduto le scorte prima di abbassare le serrande. In altri, gli occupanti hanno derubato i nostri depositi per cui non abbiamo mai riaperto dopo l’inizio dell’occupazione», spiega Sergey Demchenko, portavoce della catena di supermercati Atb.
A Melitopol, in un edificio di proprietà di Atb gli occupanti hanno aperto il supermercato Mera, dove vendono prodotti russi ed espongono i prezzi in grivna e rubli, introdotta nella regione dal primo maggio.
«Noi siamo totalmente estranei a questo tipo di riaperture. Occupano i nostri edifici, cambiano le insegne e riempiono gli scaffali con i loro prodotti. Stanno portando avanti questa strategia in tutti i territori occupati, tra cui Kherson. In alcuni casi cercano innanzitutto di entrare in contatto con i nostri manager. In altri sequestrano direttamente i nostri edifici. Posso assicurare che questo sta avvenendo senza il nostro consenso», dice Demchenko.
Impoverimento alimentare
Il portavoce di Atb è preoccupato anche per la qualità di quello che finisce sulle tavole di chi abita nei territori occupati: «Non ci sono controlli su questi prodotti importati dalla Russia o dalla Crimea. Nessuno conosce le scadenze e le caratteristiche di questa merce».
Secondo Demchenko un cambiamento così drastico nelle abitudini alimentari degli abitanti di Kherson ha poi inevitabili ricadute psicologiche su una popolazione già provata dall’occupazione: «Gli acquirenti si abituano alle marche, ai prodotti. Hanno dovuto cambiare radicalmente le loro abitudini da un giorno all’altro. Questo finisce per logorare chi abita lì insieme a tutta una serie di altri fattori come l’incertezza per il futuro, il cambio della moneta e delle bandiere sugli edifici».
I prodotti russi riempiono le bancarelle dei mercati e gli scaffali dei negozi alimentari: «Ne vediamo tantissimi che arrivano dalla Crimea quando giriamo in cerca di aiuti per la popolazione. C’è chi ancora per principio non vuole acquistarli, ma chi non può farne a meno, e ha la possibilità, li compra», dice Olga, una volontaria di Kherson.
Per chi abita a Kherson fare la spesa è diventato sempre più difficile: molti hanno perso il lavoro con l’inizio della guerra e i prezzi nei negozi sono triplicati. «Nelle prime settimane di invasione ci chiamavano per chiedere aiuto soprattutto anziani e mamme sole che avevano mariti al fronte. Poi piano piano la platea dei bisognosi si è ampliata. Oggi ci chiamano anche famiglie giovani, magari con figli piccoli, ma che non hanno più denaro perché non percepiscono lo stipendio da più di tre mesi e hanno finito i risparmi», spiega la volontaria.
Questo caos alimentare, tra negozi chiusi e prezzi triplicati, diventa inevitabilmente terreno fertile per l’illegalità. I farmaci si acquistano nelle auto da chi è riuscito a stabilire un canale per andarli a prendere in città limitrofe, come Mykolaiv.
Al posto dei bar ci sono banchetti improvvisati in cui si vendono bevande e alcol sfusi. In una città che giorno dopo giorno si impoverisce si cerca di guadagnare poche monete come si può. Si pesca nel Dniepr e si vende il pescato per terra su dei giornali.
«Adesso è iniziato il caldo, quindi per strada attorno a questi banchi, che vendono pesce e altri alimenti, è pieno di mosche, c’è cattivo odore. Non riconosco più la mia città», dice Tatjiana. Poi mostra la foto di un banchetto improvvisato che vende bevande e ricorda: «Prima al suo posto c’era un bellissimo roseto».
L’esportazione in Crimea
Mentre Kherson è sottoposta alla russificazione alimentare, in Crimea si vendono la frutta e la verdura della regione occupata. Nelle chat Telegram girano tantissime foto di fragole, cetrioli, verza con i cartellini su cui c’è scritto “Kherson” come provenienza. Ulteriore segno, per gli abitanti, che i russi stanno sfruttando la terra occupata per riempire le casse della loro economia.
«La Russia sta derubando i territori di Kherson», ha scritto il giornalista Denys Kazanskyi che ha pubblicato il video di una lunga fila di camion diretti verso la Crimea. Sostiene che siano pieni dei prodotti provenienti dalla campagna della regione occupata.
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