La telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin non era finita nemmeno da un’ora che nella città di Kramatorsk, nel Donbass ucraino, si sono udite due forti esplosioni e poi, a breve distanza, una terza. Vigili del fuoco e polizia locale parlano di un drone russo che si è schiantata su un edificio multipiano, ci sarebbero due feriti leggeri. I canali Telegram locali parlano anche di una altro attacco nella vicina Slovyansk. In un filmato si vede una grande fiammata alzarsi vicino a un edificio industriale. Un altro drone russo avrebbe colpito una sottostazione elettrica lasciando centinaia di case al buio.

Pochi minuti prima, il presidente russo aveva garantito di aver ordinato ai suoi generali di fermare i bombardamenti contro la rete energetica ucraina, un gesto di distensione per addolcire il suo rifiuto del cessate il fuoco completo che gli aveva proposto da Trump. «Le parole di Putin sono in evidente conflitto con la realtà», ha accusato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.

Gli ucraini denunciano che nella notte tra martedì e mercoledì, dopo la telefonata Cremlino-Casa Bianca, Mosca avrebbe lanciato un totale di 150 droni su tutta l’Ucraina, compresa la capitale Kiev, dove gli allarmi sono suonati fino alle due del mattino. Gli analisti hanno calcolato che gli ultimi lanci sono probabilmente avvenuti ben oltre la mezzanotte, ore dopo la conclusione della telefonata.

Tra gli obiettivi colpiti ci sono due cliniche nella città di Sumy, a poca distanza dalla regione russa di Kursk e dove negli ultimi giorni rischia di aprirsi un nuovo fronte. L’inviato di Trump, Steve Witkoff, dice invece che si fida della «sincerità di Putin». I due leader, ha aggiunto, potrebbero incontrarsi «presto», mentre il cessate il fuoco definitivo potrebbe arrivare già «nelle prossime due settimane». Nel frattempo, il Cremlino si è difeso sostenendo di aver immediatamente sospeso quasi tutti gli attacchi alle reti energetiche ucraine e di aver addirittura abbattuto sei dei suoi stessi droni, mentre accusa Kiev di aver colpito una raffineria a Krasnodar, uno dei bersagli proibiti secondo il nuovo cessate il fuoco.

Bersagli proibiti

Quello che poteva sembrare uno dei più brevi cessate il fuoco della storia ha assunto contorni più precisi mercoledì, quando i partecipanti hanno messo in chiaro che, in un certo senso, questa mini tregua deve ancora cominciare. Zelensky ha detto che per considerare il cessate il fuoco energetico completamente in vigore bisognerà prima discutere ulteriori dettagli, come ad esempio una lista di bersagli proibiti, centrali energetiche, linee ad alta tensione, trasformatori, che sarà consegnata agli alleati e, da loro, alla Russia.

Andrà inoltre specificato chi e come monitorerà le eventuali violazioni dell’accordo, un ruolo che Kiev spera sia preso da Washington. Altro passaggio importante, ha detto Zelensky, era che Trump gli riferisse il contenuto della telefonata con Putin.

La telefonata è in effetti arrivata mercoledì sera, è durata circa un’ora e, secondo il presidente americano, è stata «molto buona» e si è concentrata su riassumere al suo omologo i contenuti della conversazione con il leader del Cremlino. «Direi che siamo decisamente in pista», ha detto Trump. Nella telefonata, Zelensky avrebbe confermato la sua disponibilità a fermare gli attacchi contro le raffinerie russe.

Di contro, il tycoon – secondo la nota della Casa Bianca – ha assicurato che gli Usa offriranno ulteriori supporti di difesa aerea dall’Europa per proteggere i civili dagli attacchi. Le due telefonate degli ultimi giorni confermano a Kiev che la situazione diplomatica non è più così grave come appariva soltanto un paio di settimane fa. Dalla conversazione tra Trump e Putin, molti ucraini si attendevano un autentico tradimento.

Resoconti divergenti

Ad esempio, una nuova sospensione degli aiuti militari oppure la richiesta di rinunciare alla sovranità su tutti o parte dei territori occupati dalla Russia. Trump, invece, ha negato di aver parlato di territori con Putin e non ha fatto menzione della possibile sospensione degli aiuti militari, una richiesta ribadita invece dal leader russo, a dimostrazione che i resoconti di parte americana e di parte russa della telefonata in alcuni punti divergono decisamente.

Per gli ucraini è stato di sollievo anche scoprire che Trump non avrebbe nemmeno accennato alle richieste aggiuntive che Putin avrebbe fatto in cambio della sua eventuale accettazione della richiesta di cessate il fuoco: stop alla mobilitazione e all’addestramento dell’esercito ucraino, una condizione che di fatto paralizzerebbe lo sforzo militare ucraino rendendo molto complicato riprendere le ostilità in caso di fallimento dei negoziati.

Ma il bicchiere per Kiev è al massimo mezzo pieno. La proposta di cessate il fuoco del presidente americano è stata di fatto respinta da Putin senza che dalla Casa Bianca siano arrivate le minacciate reazioni, come lo «spaventoso» aumento delle sanzioni in precedenza promesso da Trump. Putin sembra essere riuscito ad acquistare un po’ di tempo per decidere la sua prossima mossa. Acconsentire a un vero cessate il fuoco, come gli chiedono gli oligarchi, oppure respingerlo definitivamente come gli chiedono i falchi e rischiare la rottura con Trump?

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