- Gli Usa hanno lanciato i primi segnali di scontento nei confronti di Kiev mentre il presidente americano ha abbassato i toni dello scontro verbale con la Russia nel timore di un allargamento del conflitto.
- Nel Donbass intanto lo scontro tra l’esercito russo e quello ucraino va avanti a colpi di artiglieria. Kiev è totalmente dipendente dagli aiuti provenienti dall’estero.
- Nel lungo periodo a determinare le sorti del conflitto sarà anche la disponibilità occidentale a sostenere economicamente il governo ucraino. La “war fatigue” però rischia di minare il sostegno a Kiev.
Mentre la guerra in Ucraina prosegue e le forze di Kiev cercano di fermare l’avanzata russa nell’est, emergono le prime incrinature nei rapporti tra gli Stati Uniti e il governo ucraino. In una sola settimana, Washington ha lanciato alcuni importanti messaggi al presidente Volodymyr Zelensky, segno dello scontento tanto di Joe Biden quanto dell’intelligence americana.
Quest’ultima, come riportato dai media locali, ha lamentato la mancata condivisione di informazioni sugli obiettivi strategici dell’esercito ucraino e sul reale andamento della guerra. Per Kiev è certamente importante fornire un’immagine positiva delle proprie forze e dei propri risultati sul campo, così da giustificare nuove richieste di aiuti agli alleati occidentali, ma la carenza di informazioni rischia di essere controproducente per la stessa Ucraina. In mancanza di dati precisi, il sostegno militare americano infatti non può essere adeguato alle necessità dell’esercito ucraino, rendendo così ancora più complicato il lavoro dell’amministrazione Biden.
I messaggi degli Usa
Ma gli screzi tra Kiev e Washington riguardano anche le fasi precedenti lo scoppio del conflitto. Il presidente Usa ha rimproverato l’alleato ucraino per non aver dato ascolto all’allarme su un’imminente invasione lanciato a inizio febbraio, provocando indignazione nel governo di Zelensky. Per tutta risposta Kiev ha accusato gli Stati Uniti di non aver fatto abbastanza per evitare il conflitto, citando il mancato incremento delle sanzioni contro la Russia più volte richiesto a inizio anno.
Negli ultimi giorni, invece, i media statunitensi hanno riportato come Biden abbia ripreso il segretario di Stato Antony Blinken e quello della Difesa, Lloyd Austin, per aver detto che l’obiettivo degli Usa è indebolire in modo permanente la potenza militare della Russia. L’ammonimento del presidente, trapelato solo di recente alla stampa, risale in realtà ad aprile, ma la diffusione della notizia con due mesi di ritardo non è un caso.
Rispetto alle prime fasi del conflitto, il presidente ha modificato la sua retorica e abbassato i toni dello scontro verbale con l’omologo russo, facendo anche marcia indietro su alcune sue dichiarazioni che avevano lasciato intendere la volontà di arrivare a un cambio di regime a Mosca.
Obiettivo di Biden è indebolire la Russia per evitare che scenari come quello ucraino si ripropongano nuovamente in futuro, ma nel fare ciò è suo interesse primario evitare che la guerra finisca con il coinvolgere anche la Nato e quindi gli Stati Uniti, che verrebbero tra l’altro distolti da quello che è il loro quadrante di maggiore interesse: l’Indo-Pacifico. A tutto vantaggio della Cina, considerato nemico numero uno degli Usa.
Ma diverse priorità corrispondono anche a diverse prospettive di risoluzione del conflitto. Per Kiev è impensabile cedere parte del proprio territorio alla Russia in cambio della fine delle ostilità, ma per un’America alle prese con problemi interni e con un fronte occidentale che inizia a mostrare le prime incrinature un simile scenario potrebbe invece diventare presto una possibilità.
Indicative a riguardo sono anche le pressioni fatte recentemente dagli Usa affinché l’esercito di Kiev si concentri su obiettivi più realistici nella conduzione delle operazioni belliche, soprattutto nell’est del paese.
Una guerra lunga
A pesare sulle valutazioni americane, e occidentali in generale, è anche la consapevolezza che il conflitto potrà durare ancora diversi anni, come affermato dallo stesso segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.
Quella nel Donbass infatti si è ormai trasformata in una guerra di logoramento fatta di assalti ai centri urbani e di attacchi di artiglieria, elemento centrale in questa fase del conflitto. Da qui la richiesta avanzata dagli ucraini per una nuova fornitura di lanciarazzi, mortai, obici e relative munizioni, oltre a sistemi radar di contro-artiglieria, utili per individuare l’origine degli attacchi russi e rispondere con maggiore precisione.
Ma il sostegno che arriva dall’occidente potrebbero non essere abbastanza per soddisfare i bisogni dell’esercito ucraino. L’ultimo pacchetto di aiuti approvato dagli Usa comprende anche obici, lanciarazzi multipli, munizioni e radar, ma in un numero non necessariamente sufficiente per rompere le linee russe.
A incidere sulle capacità di risposta dell’esercito ucraino poi sono anche i ritardi nelle forniture di armamenti, le lunghe linee di approvvigionamento, sottoposte tra l’altro agli attacchi russi, nonché il rifiuto dei paesi occidentali di inviare alcuni tipi di armamenti richiesti da Kiev e il cui impiego allargherebbe ulteriormente il conflitto. Un rischio in realtà già esistente, considerata la gittata e l’avanzamento tecnologico del materiale inviato di recente in Ucraina e la cui fornitura, insieme all’apporto fornito dall’intelligence, fanno sorgere domande sul fatto che l’occidente, Usa in primis, sia in guerra contro la Russia. Seppur non ufficialmente.
Senza il sostegno occidentale, però, Kiev non sarebbe in grado di continuare a combattere. Come dichiarato dal capo dell’intelligence militare ucraina, Vadym Skibitsky, il paese è ormai totalmente dipendente dall’artiglieria, e in generale dagli armamenti, che arrivano dall’esterno, tanto che l’esercito si è visto costretto a ridurre il numero di munizioni giornaliere per non restarne sprovvisto prima dell’arrivo di nuovi rifornimenti.
La Russia invece può far conto su un numero di pezzi d’artiglieria superiore rispetto a quello dell’Ucraina, il che le permette di compiere attacchi di maggiore intensità e di colpire aree più più ampie, infliggendo danni pesanti all’avversario. D’altronde l’artiglieria è uno dei punti di forza dell’esercito russo fin dai tempi dell’Unione sovietica ed è stata massicciamente impiegata anche in Cecenia e più recentemente in Siria. Una scelta utile per limitare le perdite tra i soldati e per compensare la carenza di personale, uno dei punti deboli della Federazione.
Ma nemmeno l’artiglieria russa può resistere all’infinito. Con il tempo, anche Mosca dovrà fare i conti con l’usura dei suoi armamenti e con la difficoltà nel produrre nuove munizioni a causa delle sanzioni imposte sulle esportazioni militari. Senza contare le perdite ugualmente registrate dai russi a seguito degli attacchi ucraini, meno intensi ma generalmente più precisi grazie all’impiego combinato di artiglieria e intelligence. Nonostante ciò, secondo l’intelligence ucraina, la Russia può mantenere questa stessa intensità di attacchi senza produrre nuovi armamenti e senza mobilitare ulteriormente la popolazione per un altro anno. Uno scenario impossibile per l’Ucraina senza il sostegno costante dell’occidente.
Sostegno economico
In un confronto destinato a durare a lungo, a essere determinanti sono anche i risvolti economici. Nei primi mesi di guerra Mosca ha potuto contare sui proventi derivanti dalla vendita di gas e petrolio ai paesi europei, mentre ora a sostenerne l’economia sono Cina e India, nuovi principali acquirenti del settore energetico. Con il passare del tempo, però, l’impatto delle sanzioni sull’economia si farà sempre più pesante, a causa in particolare dell’esclusione dal sistema Swift e della rottura dei rapporti economici con l’occidente, con effetti negativi anche sulle capacità belliche della Russia.
L’Ucraina invece avrà sempre più bisogno dell’aiuto dei suoi alleati anche sul piano economico, un sostegno che dipenderà anche dai successi militari di Kiev e dall’andamento dell’economia in Europa, ugualmente colpita dalle sue stesse sanzioni e preoccupata per una crisi energetica nel prossimo inverno.
La concessione dello status di paese candidato all’Ue può essere sicuramente una buona notizia per il governo di Kiev, ma con l’aumentare dei problemi economici nell’Unione e negli Usa, il sostegno all’Ucraina potrebbe ugualmente a essere messo in discussione, avvantaggiando di fatto il presidente russo.
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