I colloqui di Riad mediati dagli Usa portano a un cessate il fuoco navale. Passo avanti, ma non è quello che voleva Trump. Lo scetticismo di Kiev
Dopo la tregua degli attacchi contro le infrastrutture energetica, nella guerra in Ucraina arriva anche il cessate il fuoco sul mar Nero. Dopo tre giorni di intense trattative a Riad, in Arabia Saudita, Russia e Ucraina, con la mediazione della Casa Bianca, si sono impegnate a «evitare l’uso della forza» e a «garantire la sicurezza di navigazione» in tutto il mar Nero.
Ancora una volta, il presidente americano Donald Trump non è riuscito a portare a casa il risultato a cui puntava: un cessate il fuoco completo di 30 giorni e ha dovuto accontentarsi di una nuova “mini tregua”. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha detto che questo nuovo cessate il fuoco è entrato «immediatamente» in vigore e ha chiesto a Donald Trump «sanzioni e armi» se i russi lo violeranno.
Anche se non è quello a cui puntava la Casa Bianca, l’accordo raggiunto ieri potrebbe comunque essere un risultato simbolicamente importante per il processo di pace. La Russia, però, chiede un allentamento delle sanzioni prima di considerare l’accordo in vigore, un punto su cui la Casa Bianca non si è invece impegnata formalmente.
Il principale risultato dei colloqui sembra quindi in bilico. Per il resto, le trattative hanno prodotto un magro bottino: si è parlato di misure concrete per implementare il cessate il fuoco energetico, del continuo lavoro per favorire lo scambio di prigionieri, il rimpatrio dei bambini ucraini che si trovano in Russia e dell’intenzione del presidente Trump di «mettere fine alle uccisioni» quanto prima possibile.
Fragile accordo
Insomma, le incognite e i dettagli dell’intesa raggiunta, ognuno potenzialmente in grado di farla deragliare, sono ancora moltissimi. Gli ucraini dicono che considereranno qualsiasi movimento della flotta russa nella parte occidentale del mar Nero come una violazione del cessate il fuoco e aggiungono che, per implementare effettivamente l’accordo, serviranno altre consultazioni tecniche.
Dal canto suo Mosca dice che, prima di considerare in vigore la tregua, le sanzioni che hanno colpito le banche russe che si occupano di export agricolo dovranno essere sospese. In particolare, il Cremlino vuole che queste istituzioni finanziarie siano riconnesse al sistema di pagamenti Swift, una richiesta che ha bisogno dell’assenso degli europei, che sembra molto difficile da ottenere in questo momento poiché serve l’unanimità di tutti gli stati membri.
Nel frattempo, il ministero degli Esteri di Mosca accusa Kiev di aver violato il cessate il fuoco energetico, bombardando alcune raffinerie in Russia. Gli ucraini rovesciano le accuse, con Zelensky che attacca: «Noi non bombardiamo le infrastrutture energetiche russe, mentre Vladimir Putin continua a colpire le nostre. Al momento è questa la tregua energetica».
Kiev, nel frattempo, sottolinea che la sua capacità di danneggiare la Russia continua a crescere. Ieri, in un’intervista a un giornale norvegese, il ministro dell’Industria ucraino, Herman Smetanin, ha detto che il nuovo missile ucraino con un raggio di oltre mille chilometri, il famigerato Long Neptune, è stato usato contro obiettivi nella penisola di Crimea.
Cui prodest?
Nell’attuale clima era davvero difficile attendersi di più dai colloqui di Riad. Intanto è già iniziato il dibattito su chi otterrà i maggiori benefici da questa nuova tregua, con i commentatori e gli analisti ucraini particolarmente dubbiosi sul fatto che l’attuale accordo convenga davvero al loro paese.
Prima di tutto, va ricordato che l’idea di un cessate il fuoco sul mar Nero era stata presentata la prima volta proprio dagli ucraini all’inizio di marzo, ma all’epoca non si parlava di un allentamento delle sanzioni, l’aspetto dei colloqui di ieri che più preoccupa gli ucraini. In ogni caso, sono i russi che hanno più da guadagnare da una tregua sul mare, il teatro di guerra dove hanno mostrato le principali difficoltà in questi tre anni.
A oggi, su quasi tutto il mar Nero, è già in corso una “tregua di fatto”, dovuta ai successi dei droni navali ucraini che hanno costretto la flotta russa a ripiegare nelle sue basi sulla costa orientale del Mar Nero, dove sono relativamente al sicuro ma da cui è difficile interferire con le operazioni ucraine.
Grazie a questa ritirata russa, le rotte commerciali utilizzate dagli ucraini per esportare le loro materie prime agricole sono state di fatto riaperte e il traffico mercantile in uscita dai loro porti ha quasi raggiunto i livelli di attività pre conflitto, superando persino il volume toccato tra 2022 e 2023, quando era in vigore una precedente tregua raggiunta con la mediazione della Turchia, il famoso “accordo sul grano”.
Per convincere i russi ad accettare questo nuovo cessate il fuoco, la Casa Bianca si è impegnata a collaborare con Mosca per facilitare le esportazioni di grano e fertilizzanti, una delle ragioni per cui la Russia non aveva rinnovato la precedente tregua. Questa promessa potrebbe tradursi in un alleviamento delle sanzioni, come da richiesta di Mosca, anche se nel comunicato non ci sono dettagli in proposito.
Non è chiaro invece cosa guadagneranno gli ucraini dall’accordo. Un risultato importante sarebbe la sospensione degli attacchi su Odessa, il principale porto ucraino bombardato quasi ogni settimana con particolare violenza dall’aviazione russa. Nei testi pubblicati fino a questo momento, però, non c’è alcuna menzione della città. Il principale risultato per Kiev è probabilmente quello di dimostrare che non sono gli ucraini l’ostacolo alla pace. Come ha detto ieri Zelensky: «Adesso nessuno potrà accusarci di non volere la pace».
© Riproduzione riservata