Le operazioni del Cremlino per interferire nelle elezioni americane avvengono tramite influencer politici che non hanno bisogno di finanziamenti stranieri per essere filoputiniani
Qualche tempo fa sarebbe stato quasi una bestemmia per un conservatore americano, sia esso un politico oppure un semplice appartenente al mondo dei media, essere accostato alla Russia. Senza andare agli anni della Guerra fredda, ancora soltanto nel 2012 il candidato alla presidenza Mitt Romney affermava con chiarezza che Mosca rappresentava il principale nemico geopolitico per Washington.
Oggi molte cose sono cambiate, a partire dalla trumpizzazione del partito, che ha portato per anni molti militanti a condividere l’ammirazione del tycoon per il presidente russo, da lui percepito come “vincente”. Perciò non stupisce l’incriminazione da parte del dipartimento di Giustizia americano di due dipendenti dell’ex ramo americano di Russia Today chiamati Kostiantyn Kalashnikov ed Elena Afanasyeva, accusati di aver versato 10 milioni di dollari nelle casse di una media company con sede in Tennessee dieci milioni di dollari, con lo scopo di creare contenuti favorevoli agli interessi della Russia e che minassero il consenso americano alla guerra in Ucraina.
La società, Tenet Media, pur non citata mai esplicitamente nel documento, ospita sei influencer ultraconservatori con milioni di follower su social come Instagram e TikTok, dove diffondono contenuti «eterodossi» a difesa «dei valori occidentali», si legge sul sito della compagnia.
I nomi sono molto noti agli addetti ai lavori: Tim Pool, David Rubin e Lauren Southern, i quali però non sono accusi di alcun reato, a differenza di Kalashnikov e Afansyeva, che però rimangono irreperibili. Quello che salta all’occhio è che decine di altri personaggi, pur senza questo sostegno proveniente direttamente da un’organizzazione molto vicina al Cremlino, continuano a fare contenuti di questo tipo con elogi per Putin e per gli interessi della Russia.
Anche dopo l’invasione dell’Ucraina, questa ammirazione tra i sostenitori di Donald Trump permane, non più esplicita come poteva essere nel 2017, dove da alcuni esponenti dell’estrema destra repubblicana veniva spregiudicatamente descritto come «ultima speranza dell’Europa bianca». Però, in modo sottaciuto, viene minata costantemente la fiducia americana nella necessità del sostegno allo sforzo bellico dell’Ucraina.
Si dice per concentrarsi sulla Cina, ma altri come Tucker Carlson, l’ex anchorman di Fox News che si è trasformato in un influencer di estrema destra e intervista storici filonazisti, la cosa è più esplicita: Putin è un alleato contro la lotta all’ideologia woke anche grazie alla sua campagna di “moralizzazione” contro la comunità Lgbtq+ e la dissidenza progressista.
I “modelli” da imitare
Questa fascinazione è da individuare anche nel sempre maggiore disprezzo per la democrazia che si registra nell’elettorato repubblicano, ormai forgiato da anni di diffidenza per i processi elettorali, dove i democratici sono accusati di aver “rubato” le scorse elezioni presidenziali a Donald Trump e dal mood sempre più paranoide riguardo ai media visti come «collusi con i democratici». E Putin non è l’unico leader autoritario a essere ammirato. Ancora di più nel cuore dei conservatori è Viktor Orbán, il premier ungherese, visto come un autentico modello di trasformazione delle istituzioni in senso autoritario.
In una conversazione con il conduttore di Fox News Sean Hannity proprio lo stesso Trump ha ribadito la sua stima per il leader magiaro, ribadendo che, anche se i suoi detrattori lo accusano di essere un «uomo forte», a volte «l’uomo forte è proprio quello che occorre».
Un salto argomentativo notevole rispetto a qualche tempo fa, quando Orbán veniva definito quale leader democratico che vinceva solo perché l’opposizione è debole e divisa, rigettando quindi tutto l’argomento riguardante l’autoritarismo.
Ora Trump sposa invece quell’attitudine con toni espliciti. E quindi non si può non notare come due oscuri agenti russi abbiano speso la ragguardevole cifra di dieci milioni di dollari per ottenere quello che avrebbero potuto avere in modo totalmente gratuito da Donald Trump, Tucker Carlson e decine di altre figure ben più note di Pool, Rubin e Southern, che peraltro in questa vicenda affermano di essere vittime di un “raggiro” da parte di un finanziatore che non si era identificato in modo esplicito.
Insomma, un’operazione che risente di vecchie logiche da guerra ibrida che non tengono conto di come gran parte della destra trumpiana sia naturalmente allineata alla posizioni putiniane. Senza bisogno di oscuri finanziamenti.
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