Dal 2023 le aggressioni sessuali sono aumentate spaventosamente, soprattutto quelle di gruppo. L’intensificarsi dei conflitti, la presenza di uomini armati intorno e dentro ai campi e l’estrema precarietà di vita contribuiscono ad alimentare il fenomeno. A questo, si aggiunge il tabù dello stupro
In alcune aree della Repubblica Democratica del Congo (RDC), le donne, spesso sfollate a causa della guerra, vengono violentate sistematicamente. Il rischio di stupro si presenta un secondo dopo l’uscita dalla propria tenda in un campo per sfollati. Ma dalle tende le donne devono uscire per forza, per procurarsi cibo e acqua, per sé e la propria famiglia. È proprio quando si addentrano nei boschi intorno ai campi per sfollati, in cerca di cibo o legna da ardere, che vengono violentate da uomini quasi sempre armati.
A Goma, capoluogo della provincia del North Kivu, Medici Senza Frontiere, in un progetto destinato a persone sfollate, assisteva donne e ragazze che avevano subito violenza e vivevano in campi per sfollati fuori dalla città, come A.
A. è una giovane donna, madre di due figli, fermata da un gruppo di cinque uomini armati mentre cercava cibo nei campi. Ci ha raccontato di essere stata violentata per ore da tre di loro e poi torturata dagli altri due. Come spesso succede alle donne sopravvissute a violenza, dopo l’aggressione A. ha pensato di suicidarsi. In questi casi il supporto delle altre donne della comunità e l’assistenza medico-psicologica dei team di Msf è fondamentale. A. è stata convinta a chiedere aiuto dalla vicina di tenda, già presa in cura dai colleghi, così si è rivolta a Msf.
Fenomeno sistemico
Dal 2023 le aggressioni sessuali sono aumentate spaventosamente, soprattutto quelle di gruppo. All’inizio del 2024 Medici Senza Frontiere ha dovuto aprire due cliniche mobili in più, oltre a quella già presente, all’interno dei campi fuori Goma, per far fronte a tutte le richieste di assistenza e ai bisogni medico-sanitari delle sopravvissute. Solo nel primo semestre del 2024 nelle tre cliniche sono state assistite 3.500 sopravvissuti a violenza, di cui il 98 per cento erano donne.
L’aumento delle vittime è dovuto principalmente all’intensificarsi dei conflitti armati in prossimità dei campi, che spesso impediscono di garantire un’assistenza continuativa alle pazienti: a volte Msf è stata costretta a sospendere le attività mediche.
La presenza massiccia di uomini armati intorno e dentro ai campi e l’estrema precarietà di vita nelle tende sono i fattori che contribuiscono maggiormente ad alimentare il fenomeno delle aggressioni sessuali. A questi fattori si aggiunge l’evidenza che il fenomeno è ormai sistemico: la violenza è generalizzata e non fa che innestare e giustificare altra violenza, a cui ormai sembrano tutti assuefatti.
Una bambina di 4 anni che giocava fuori dalla propria tenda è stata avvicinata da un tassista di zona che aiutava nei trasporti dal campo di sfollati alla città di Goma. Vedendola da sola, l’aveva prelevata per qualche ora, violentata e poi riportata davanti alla tenda, come se nulla fosse accaduto. Sono tante le bambine vittime di violenza, alcune molto piccole, che necessitano spesso interventi chirurgici lunghi e complessi, a causa delle gravi lesioni fisiche riportate ai genitali.
Il target anagrafico degli aggressori è indiscriminato, donne dai 3 ai 70 anni. A schiacciare la vita di ognuna di loro non è solo lo stupro, ma anche lo stigma che la violenza sessuale porta con sé. Molte hanno paura a raccontare quanto successo e chiedere aiuto, motivo per cui l’organizzazione cerca di insistere quanto più possibile sull’attività di sensibilizzazione alla popolazione locale, fatta in collaborazione con promotrici della salute locali.
Il loro supporto è fondamentale per instaurare un rapporto di fiducia con le donne che hanno subito violenza. Da inizio anno, Msf ha registrato un aumento di donne che si sono rivolte all’organizzazione entro 72 ore dalla violenza. Tante di loro, però, rifiutano ancora di tenere e portare con sé il certificato medico ambulatoriale per fare ricorso giuridico, non vogliono che nessuno sappia delle violenze. Rischiano di essere ripudiate e abbandonate dai partner, temono di ritrovarsi da sole, emarginate anche dalla comunità, spesso con figli a carico.
Il tabù dello stupro acuisce il senso di isolamento e la disperazione delle donne, è un dolore nel dolore che schiaccia le loro vite e impedisce loro di ricominciare.
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