- A quasi quattro mesi dall’invasione dell’Ucraina ordinata dal presidente russo, la quasi-alleanza tra Mosca e Pechino è più solida che mai.
- È il messaggio che Xi Jinping e Vladimir Putin hanno voluto lanciare al mondo con la loro prima telefonata resa nota dal 24 febbraio scorso.
- «Xi ha sottolineato che la Cina ha sempre valutato in modo indipendente la situazione sulla base del contesto storico e del merito della questione – riferisce l’agenzia Xinhua – e ha promosso attivamente la pace nel mondo e la stabilità dell’ordine economico globale».
A quasi quattro mesi dall’invasione dell’Ucraina ordinata dal presidente russo, la quasi-alleanza tra Mosca e Pechino è più solida che mai. È il messaggio che Xi Jinping e Vladimir Putin hanno voluto lanciare al mondo con la loro prima telefonata resa nota dal 24 febbraio scorso, una conversazione intercorsa nel giorno in cui il segretario generale del Partito comunista cinese ha compiuto 69 anni. Putin aveva già chiamato Xi il 25 febbraio, ma per un dialogo riservatissimo nel quale avrebbe spiegato le ragioni che l’hanno spinto ad attaccare Kiev.
Nel resoconto del colloquio di ieri fornito dai media di Pechino è soltanto alla fine che trova spazio un accenno alla «crisi ucraina» (la parola “guerra” non viene mai utilizzata, come da manuale della propaganda russa). «Xi ha sottolineato che la Cina ha sempre valutato in modo indipendente la situazione sulla base del contesto storico e del merito della questione – riferisce l’agenzia Xinhua – e ha promosso attivamente la pace nel mondo e la stabilità dell’ordine economico globale».
Infine, secondo il presidente cinese «tutte le parti dovrebbero spingere per una soluzione adeguata della crisi ucraina in modo responsabile, e la Cina continuerà a svolgere il proprio ruolo per questo obiettivo».
In sostanza, mentre in Cina sulla guerra in Ucraina i media continuano a mostrare solo le ragioni del quasi-alleato e le “colpe dell’occidente”, la leadership di Pechino rompe il silenzio da un lato per chiarire che la partnership “senza limiti” sottoscritta da Xi e Putin il 4 febbraio scorso a Pechino non è stata incrinata dal conflitto nel cuore dell’Europa e, dall’altro, per rassicurare il mondo che, dietro le quinte, la Cina sta lavorando per la pace.
Il nemico comune
Con ogni probabilità Xi ieri ha sollecitato Putin (che ha definito più volte il suo “miglior amico”) a interrompere quanto prima la sua avventura militare: la guerra sta contribuendo all’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime alimentari, danneggiando un’economia globalizzata come quella cinese.
Eppure la parte di gran lunga più pubblicizzata del dialogo tra i due leader è quella dedicata alle relazioni bilaterali che – ha ricordato Xi – «dall’inizio di quest’anno, hanno mantenuto un solido slancio nonostante le turbolenze e i cambiamenti globali». Xi ha lodato la cooperazione economica e commerciale celebrando il ponte autostradale inaugurato venerdì scorso, che collega la città cinese di Heihe con Blagoveshchensk, nell’estremo oriente russo.
A rafforzare la quasi-alleanza non è solo l’interscambio commerciale (gas, carbone e petrolio russo in Cina; macchinari, componentistica e hi-tech cinese verso la Russia), che nel periodo gennaio aprile 2022 ha toccato i 51 miliardi di dollari, in crescita del 25,9 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
A rendere sempre più stretto l’abbraccio tra Pechino e Mosca sono soprattutto le tensioni internazionali che vedono entrambe sempre più ai ferri corti con gli Stati Uniti. Non a caso ieri Xi e Putin hanno ribadito l’impegno di entrambi per «compiere sforzi costruttivi per rafforzare la tendenza del mondo a diventare multipolare e per creare un ordine internazionale più giusto e ragionevole».
Come quest’obiettivo possa conciliarsi con un’aggressione come quella contro l’Ucraina è piuttosto misterioso, ma va comunque ricordato che entrambi i leader, da anni, insistono su un obiettivo comune, ribadito nella dichiarazione congiunta siglata in occasione dell’apertura delle olimpiadi invernali: una diversa distribuzione del potere internazionale.
Il peso di Taiwan
Nell’attesa di veder realizzato questo proposito, ieri la Russia ha dovuto toccare con mano il suo isolamento dai paesi avanzati, quando allo International Economic Forum di San Pietroburgo (la “Davos russa”, nella città di Putin) in luogo dell’abituale élite finanziaria globale – che ha boicottato in massa l’evento – si sono presentati soprattutto gli amministratori delegati di compagnie di paesi asiatici e mediorientali che, come la Cina, non appoggiano le sanzioni internazionali contro Mosca. Tra loro spiccava una delegazione di Talebani spedita dal governo di Kabul.
Ma la Russia isolata dall’occidente continua a essere corteggiata dalla Cina, che ne ha bisogno ancor di più in una fase in cui sta salendo pericolosamente la tensione su Taiwan, di cui la leadership cinese teme che gli Stati uniti vogliano sostenere le spinte indipendentiste.
In questo quadro a Pechino serve il sostegno assoluto di Mosca alle Nazioni unite e l’appoggio militare russo in un oceano Pacifico dove gli Usa hanno messo in campo le nuove alleanze Aukus e Quad.
Per questo ieri Putin ha ribadito a Xi che «che la Russia sostiene la nuova Iniziativa di sicurezza globale proposta da parte cinese e si oppone a qualsiasi forza che interferisca con gli affari interni della Cina utilizzando come scuse, tra le altre, le cosiddette “questioni” del Xinjiang, di Hong Kong e di Taiwan».
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