- Napoli è la città più grande tra quelle dove Pd e Movimento 5 stelle sono riusciti a raggiungere l’accordo: il loro candidato, Gaetano Manfredi è il grande favorito e potrebbe vincere al primo turno.
- Se si dovesse andare al ballottaggio la partita aperta è quella dello sfidante: la spunterà il magistrato Catello Maresca, del centrodestra, o l’indipendente Antonio Bassolino?
- Il vincitore dovrà gestire una situazione complicata: Napoli è a un passo dal dissesto finanziario, schiacciata da una montagna di debiti che si fatica persino a quantificare.
Domenica e lunedì, a Napoli si voterà per le elezioni comunali in cui sarà scelto il nuovo sindaco della città. Sarà un voto particolare sotto molti aspetti. Napoli è l’unica grande città in cui centrosinistra e Movimento 5 stelle hanno raggiunto un accordo su un candidato sindaco fin dall’inizio.
Ed è anche la sola in cui il comune è a un passo dal dissesto finanziario, con un debito che nessuna sa quantificare Si tratta del lascito più pesante del sindaco uscente, l’indipendente Luigi De Magistris, che ha governato la città per dieci anni alla guida di una coalizione di sinistra. Cosa fare della sua eredità politica è un altro dei temi su cui i candidati si sono divisi.
Manfredi, il rettore
In città Movimento 5 Stelle, Partito democratico e Leu sostengono Gaetano Manfredi, 57 anni, ex ministro dell’Università nel secondo governo Conte ed ex rettore dell’università di Napoli Federico II. I principali sondaggi lo danno di gran lunga favorito sui suoi rivali e c’è una possibilità che riesca a superare il 50 per cento dei consensi, aggiudicandosi così la vittoria al primo turno.
La sua candidatura all’inizio ha avuto qualche problema a causa della difficile situazione economica del comune. A maggio, quando l’accordo sul suo nome sembrava ormai raggiunto, Manfredi aveva annunciato il ritiro dalla corsa poiché, sosteneva, senza una promessa di aiuti economici alla città il nuovo sindaco si sarebbe trasformato subito dopo l’insediamento in un «curatore fallimentare».
La questione si è poi risolta con l’impegno da parte dei leader della coalizione che lo sostiene ad approvare in parlamento una norma che alleggerisca la città di almeno parte dei suoi debiti.
Manfredi ha dalla sua parte una coalizione che si estende più verso destra che verso sinistra. Ad esempio, la lista Azzurri per Napoli è composta da ex membri di Forza Italia e altri centristi in passato vicini al centrodestra. La sinistra radicale invece si è sottratta all’alleanza e sostiene Alessandra Clemente, ex assessora di De Magistris.
Maresca, il magistrato
I problemi del centrosinistra però sono poca cosa di fronte a quelli incontrati dal centrodestra. Alla fine dello scorso maggio, Catello Maresca, 49 anni, magistrato anti camorra, famoso per aver arrestato il boss Michele Zagaria, ha chiesto l’aspettativa e ha annunciato la sua candidatura.
Salvini lo ha immediatamente appoggiato, ma il resto della coalizione ha mantenuto per settimane un atteggiamento piuttosto freddo. A turbarli c’era soprattutto la richiesta di Maresca di presentarsi come candidato totalmente civico, senza simboli di partito a suo sostegno (nel corso di un comizio a giugno aveva detto «me ne fotto dei simboli», suscitando parecchio fastidio tra gli alleati).
Il suo obiettivo dichiarato era raccogliere intorno a sé tutta la buona borghesia cittadina, anche quella di orientamento di progressista, ma rimasta insoddisfatta dal radicalismo e dal disordine degli ultimi dieci anni del sindaco Luigi De Magistris. Maresca ha definito la sua campagna soprattutto in opposizione a De Magistris con cui c’è «discontinuità totale», ha detto in un’intervista a Domani, «Io credo che debbano tornare a occuparsi della cosa pubblica i professionisti, i professori universitari».
Alla fine però le pressioni di Fratelli d’Italia e Forza Italia, che minacciavano di appoggiare un altro candidato, hanno avuto la meglio. Maresca ha accettato la presenza dei simboli di coalizione e il a luglio, durante un vertice a Roma, i leader del centrodestra hanno formalmente appoggiato la sua candidatura.
Ma i problemi per la coalizione non sono terminati. Al momento della presentazione delle liste sono stati scopertui una serie di errori nella documentazione presentata. Come risultato, sia la lista della Lega che due civiche a sostegno di Maresca sono state escluse dalla competizione.
Attualmente, i sondaggi danno Maresca secondo, a grossa distanza da Manfredi.
Gli indipendenti
Chi invece è rimasto un candidato indipendente, senza l’appoggio di nessun partito, è l’ex sindaco ed ex presidente della regione Antonio Bassolino, un dei politici più conosciuti da napoletani.
A 74 anni, Bassolino ha deciso di candidarsi dopo aver ottenuto la 19esima assoluzione per accuse relative al periodo in cui era presidente della regione. Fallite le trattative con il Pd, un partito che aveva contribuito a fondare, Bassolino ha deciso di presentarsi da solo.
Bassolino si è fatto notare soprattutto per una campagna elettorale energica e condotta alla vecchia maniera. L’ex sindaco è stato costantemente in giro per la città e ha tenuto decine di comizi in altrettanti quartieri. Bassolino si presenta come un moderato che può insidiare voti tanto al centrosinistra di Manfredi, quanto al centrodestra di Maresca.
Si rivolge a un elettorale completamente diverso Alessandra Clemente, l’unica candidata a rivendicare l’eredità del sindaco De Magistris. Avvocata e attivista anti camorra, Clemente ha 34 anni ed è assessora al patrimonio nell’attuale giunta comunale ed è l’erede designata del sindaco.
La sua è la candidatura più a sinistra tra le attuali e punta a cercare di ricostruire la coalizione di movimenti che ha condotto per due volte alla vittoria il sindaco de Magistris. Gli iscritti di Potere al popolo, il partito nato dal centro sociale Ex-Opg, hanno votato per sostenere la sua candidatura all’80 per cento.
Lei stessa ha detto che la sua candidatura rappresenta un’esperienza politica che è opposta «a quella del governo Draghi». Secondo i sondaggi, però, replicare gli exploit di De Magistris è una sfida divenuta quasi impossibile.
Cosa farà il Movimento
Visto che Napoli è il principale banco di prova dell’alleanza giallo-rossa, il rapporto in città tra Pd e Movimento 5 stelle è stato sottoposto a particolare scrutinio. In città, il Movimento è ancora una forza con cui fare i conti. Anche se non ha mai brillato alle comunali, alle ultime europee aveva ottenuto il 40 per cento dei voti. Due dei suoi leader più importanti, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il presidente della Camera Roberto Fico, sono originari della città o della sua provincia.
Tutto questo rende molto importante capire se il partito e i suoi elettori sosterranno davvero la candidatura di Manfredi, insidiato a sinistra da Clemente e nel suo elettorato storico dalla candidatura di Bassolino.
Non sembrano esserci dubbi sul sostegno all’alleanza da parte dei leader nazionali del Movimento, che si riflette ad esempio nell’atteggiamento della capogruppo in consiglio regionale, Valeria Ciarrambino. Ma parte dei consiglieri comunali del Movimento a Napoli, così come una fetta di attivisti, sono invece molto scettici. C’entra soprattutto la forte rivalità con il Pd campano, dove è forte la corrente del presidente di regione Vincenzo De Luca, storico avversario del Movimento.
Il dissesto
Il tema che ha dominato la campagna elettorale è la situazione dei bilanci pubblici della città, piena di debiti e ormai incapace di affrontare anche l’ordinaria amministrazione. Il debito è così alto ed è stato gestito in maniera così approssimativa che nessuno dei candidati sa esattamente a quanto ammonti. Potrebbero essere 2,5 miliardi di euro o forse di più.
Il comune si trova in pre-dissesto dal 2012, una procedura concordata di gestione del debito che precede il dissesto vero e proprio. Un comune che si trova in quest’ultima situazione viene parzialmente commissariato, è obbligato ad alzare al massimo tutte le aliquote locali, mentre una commissione di nomina ministeriale si occupa della gestione dei debiti e dei creditori, decidendo chi deve essere pagato per primo.
Per questa ragione Manfredi aveva minacciato di ritirarsi dalla corsa. Temeva che in questa situazione finanziaria, la sua elezioni avrebbe coinciso con il parziale commissariamento del comune, impedendogli quindi di mantenere le sue promesse elettorali ed esponendo lui e la città a un lungo stillicidio politico.
Tra le ragioni di questi problemi economici ci sono le difficoltà del comune a riscuotere multe e sanzioni, solo il 16 per cento di quanto dovuto arriva alle casse comunali. Discorso simile per le imposte comunali, come quella sui rifiuti e quella sugli immobili. Il denaro non incassato negli ultimi anni da varie fonti è pari a circa 2 miliardi di euro. Per risolvere questi problemi servirà cambiare molto dell’amministrazione cittadina. Ma affinché questa complicata e probabilmente dolorosa ristrutturazione non avvenga nel pieno di un dissesto, Napoli avrà bisogno dell’aiuto del governo centrale, sotto forma di fondi o di leggi speciali, cioè proprio quello che ha chiesto Manfredi minacciando il suo ritiro dalla corsa.
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