Il capo di Hamas invia una lettera al leader libanese di Hezbollah e promette di continuare a combattere fino alla fine dell’occupazione israeliana
Il legame tra Hamas e Hezbollah è saldissimo e il conflitto in corso con Israele non fa che rafforzarlo. Lo testimonia la lettera mandata lunedì dal capo di Hamas Yahya Sinwar al leader del gruppo libanese Hassan Nasrallah e pubblicata dal giornale al-Mayadeen.
In questa lettera ci sono prima di tutto i ringraziamenti per il supporto verso la milizia palestinese di Hezbollah e per il messaggio di condoglianze successivo alla morte del vecchio capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ucciso lo scorso luglio a Teheran. La comunicazione tra i due capi conferma però anche le intenzioni di Hamas per il prossimo futuro.
Sinwar ha infatti assicurato a Nasrallah che le persone uccise da Israele, i «martiri» accresceranno i miliziani in forza e potere nell’affrontare «l’occupazione nazi-sionista». Nessun passo indietro quindi, ma la promessa che Hamas continuerà a lottare fino a quando «l’occupazione non sarà sconfitta e cacciata dalla nostra terra» e finché il loro stato indipendente «non si sarà stabilito con Gerusalemme come sua capitale”».
Nel frattempo, gli scontri non accennano a fermarsi. Secondo Al Jazeera sono almeno sedici le persone morte ieri a causa di diversi attacchi dell’esercito israeliano nel nord, nel centro e nel sud della Striscia di Gaza. Gli attacchi continui non permettono, tra l’altro, un miglioramento delle condizioni igieniche che hanno fatto scoppiare l’allarme poliomielite nella Striscia tra bambini e ragazzi. L’Oms si è attivata per portare a Gaza centinaia di migliaia di dosi di vaccino.
La campagna ha raggiunto gli obiettivi ed è stato concluso il primo ciclo di immunizzazioni, con più di 560mila bambini che hanno ricevuto la prima dose, ma la situazione sanitaria rimane a rischio. Nel nord di Israele circa 20 razzi e alcuni droni sono stati lanciati da Hezbollah in risposta agli attacchi israeliani in Libano, senza provocare vittime o feriti perché intercettati dalla contraerea o caduti in aree senza abitazioni.
La tensione non cala neanche in Cisgiordania, dove la scorsa settimana era stata uccisa dall’esercito israeliano anche un’attivista turco-statunitense. Mentre il corpo di Aysenur Ezgi Eygi è stato trasportato ieri in Turchia, dove oggi dovrebbero tenersi il funerale e la sepoltura, ancora non è chiara la dinamica che ha portato alla sua morte.
L’Idf ha comunicato che il colpo d’arma da fuoco che ha preso Eygi è stato sparato durante una protesta contro l’espansione di un insediamento di coloni ma che l’uccisione è stata un incidente. Versione che, per il momento, è stata ripresa anche dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden ma che potrebbe essere smentita da un’indagine del Washington Post.
Il Post ha infatti riportato che, da quanto ricostruito, la protesta a cui stava partecipando l’attivista era già scemata quando i soldati dell’Idf hanno aperto il fuoco nonostante l’assenza di gravi minacce immediate. Intanto la Turchia promette di continuare a indagare e accusa Israele di aver deliberatamente colpito la ragazza.
Ciò dimostra la spaccatura che rimane all’interno della comunità internazionale rispetto a questo conflitto, con il presidente cileno Gabriel Boric che ieri ha riferito in una nota che il Cile ha presentato l’adesione alla causa intentata alla Corte internazionale di giustizia dal Sudafrica contro Israele per l’ipotesi di genocidio nella Striscia di Gaza. «La comunità internazionale – ha scritto Boric – deve fare tutto quello che è a nostra disposizione per fermare il massacro a Gaza».
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