Per i giudici d’appello è impossibile sostenere che i magistrati della procura palermitana fossero già a conoscenza, prima dell’informativa del 5 settembre 1992, “di elementi specifici e concreti che dessero contezza del possibile o probabile coinvolgimento di esponenti politici quali Lima, Nicolosi e Calogero Mannino”.
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci delle motivazioni della sentenza di secondo grado del processo sulla trattativa stato-mafia.
È una vicenda emblematica di come gli organi preposti all’azione di prevenzione e repressione dei delitti di criminalità organizzata abbiano saputo farsi del male, talvolta, più di quanto non vi siano riuscite le organizzazioni criminali mafiose che essi erano — e sono – chiamati a contrastare.
1 Il dato certo e innegabile è che i nominativi dei più noti e influenti esponenti politici coinvolti nell’inchiesta, o di cui l’indagine mafia e appalti aveva evidenziato un possibile coinvolgimento in specifiche vicende riconducibili al sistema di illecita spartizione degli appalti, e in cui risultavano certamente coinvolte figure di spicco delle famiglie mafiose locali, e di quella corleonese in particolare, non figurano nell’informativa che fu depositata il 20 febbraio 1991, ossia quella conosciuta da Falcone.
2 Si è accertato che le trascrizioni delle conversazioni da cui si ricaverebbero elementi di prova o indizi del possibile coinvolgimento dei vari Lima, Nicolosi, Mannino, De Michelis, non figurano tra quelle allegate all’Informativa predetta (fatta eccezione per un fugace cenno, in una delle trascrizioni allegate, al ministro De Michelis).
3 Quei nominativi non figurano neppure nelle due schede riepilogative che contengono i nomi dei personaggi ritenuti di maggiore interesse investigativo, rispettivamente, per l’ipotesi di associazione a delinquere di stampo mafioso (il primo elenco nominativo); e per l’ipotesi di associazione a delinquere semplice (secondo elenco nominativo). Nel primo elenco non comparivano nomi di esponenti politici; nel secondo, figuravano solo Domenico Lo Vasco e Giuseppe Di Trapani, all’epoca Assessori nella Giunta comunale di Palermo. Accanto ad ogni nominativo era indicata l’intercettazione telefonica in cui si faceva riferimento allo stesso personaggio.
4 Nel corpo dell’informativa, e in numerose pagine, si riportano stralci di conversazioni telefoniche intercettate, nelle quali si fa riferimento ad alcuni noti uomini politici, ma sempre “all‘interno di contesti discorsivi fra terze persone che non evidenziavano di per sé fatti illeciti” (così a pag. 33 della cit. “Relazione sulle modalità di svolgimento delle indagini mafia e appalti negli anni 1989 e seguenti”). Si può dissentire da tale apprezzamento, perché i riferimenti contenuti in alcune delle intercettazioni predette (per una puntuale rassegna di tali riferimenti, cfr. pagg. 128- 130 dell’ordinanza di archiviazione del gip di Caltanissetta del 5 marzo 2000) deporrebbero per condotte illecite o per gravi irregolarità, sia pure restando impregiudicati eventuali profili di responsabilità penale, soprattutto per i politici citati nel corso delle conversazioni captate).
Gli esponenti politici chiamati in causa
Ma è certo e indiscutibile che si tratta di esponenti politici locali, anche se tra loro ne figurano alcuni che ricoprivano o avevano ricoperto incarichi ministeriali, come l’on. Fiorino, all’epoca Sottosegretario al ministero per il Mezzogiorno, chiamato in causa per alcune gare di appalto al comune di Naro; o il Senatore Coco, già sottosegretario alla Giustizia; e poi ancora gli on.li Pumilia, Alessi e Cicero, oltre all’On. Bernardo Alaimo, all’epoca Assessore Regionale alla Sanità, al quale si fa cenno in varie parti dell’Informativa. E talvolta i riferimenti contenuti nelle telefonate intercettate non consentono di risalire all’identità degli esponenti politici cui si allude, oppure non è chiaro il ruolo che avrebbero avuto nelle vicende che interessano agli interlocutori; oppure il riferimento è a personaggi non meglio identificati e indicati come vicini a noti uomini politici, ma non direttamente a questi ultimi.
Nessun riferimento indiziante a carico di personalità politiche di rilievo nazionale o a ministri in carica. E in particolare non risulta citato in tal senso nessuno di quei personaggi che avevano suscitato l’interesse della stampa nazionale (con gli articoli richiamati nella cit. Relazione su mafia e appalti, pubblicati su “Il Secolo XTX” e sul Corriere della Sera, oltre che sul quotidiano “La Sicilia”). In particolare, non si facevano i nomi di Lima, Nicolosi e Mannino, che invece figurano per la prima volta nell’informativa depositata il 5 settembre 1992 e nelle intercettazioni allegate a quest’ultima informativa (e all’informativa “Caronte” trasmessa il 1° ottobre 1992 alla procura di Catania).
Quanto al nome dell’on. De Michelis, chiamato in causa in un articolo a firma di Alberto Cavallaro sul Corriere della Sera del 20 luglio 1991 (che riportava pesanti accuse all’operato della procura della Repubblica di Palermo, attribuendole ai Carabinieri che avevano condotto l’indagine, e cioè al Ros; ma per quanto concerneva De Michelis si limitava a dire che era in buoni rapporti con uno degli indagati), indizi di un suo coinvolgimento in affari illeciti inerenti alla gestione di appalti nel Nord est emergono in un’informativa del Ros trasmessa il 12 novembre 1991 alla procura di Palermo, che però disponeva lo stralcio degli atti e la loro trasmissione per competenza alla procura di Roma. In precedenza, all’on. De Michelis faceva riferimento solo una delle conversazioni intercettate su un’utenza in uso all’Ing. La Cavera, allegata all’informativa del 2 luglio l990. Ma in tutte le altre conversazioni allegate alla medesima informativa ed anche alla successiva Informativa del 5 agosto 1990 — che fu certamente portata a conoscenza della procura di Palermo, nella persona del Proc. Aggiunto Giovanni Falcone e del Sost. Proc. dott. Lo Forte — figurano riferimenti a vari uomini politici alcuni dei quali noti e influenti a livello regionale [...], altri anche di rilievo nazionale, come Lima, Gunnella, Turi Lombardo: ma quasi sempre in contesti tutt’altro che perspicui. Ma ancora non figurava, nelle informative predette, alcun riferimento al possibile coinvolgimento nell’ipotizzata gestione unitaria e verticistica del sistema di illecita spartizione degli appalti, o comunque in illeciti concernenti vicende in materia di appalti pubblici, di esponenti politici quali lo stesso Lima, Nicolosi e Calogero Mannino.
L’unico “Mannino” il cui nominativo figurava in una delle conversazioni intercettate su un’utenza in uso al La Cavera, chiamato in causa peraltro per vicende che nulla avevano a che vedere con l’indagine su mafia e appalti, venne identificato in Mannino Antonino (già segretario provinciale del P.C.I.), ed escusso dal pm Dott. Lo Forte proprio per chiarimenti in ordine alle conversazioni in cui era scaturito il suo cognome.
Si riferisce sicuramente all’oggetto dell’indagine mafia e appalti, e precisamente a presunti illeciti commessi nella gara di aggiudicazione dei lavori per il Palazzo dei Congressi, vinta dall’impresa Costanzo, che aveva prevalso sull’impresa Tosi, la conversazione telefonica dell’ing. La Cavera intercettata il 26 maggio 1990 e allegata all’informativa del 5 agosto ‘90. Ivi si fa riferimento a due uomini politici, uno dei quali era l’ex ministro Gunnella mentre l’altro era il deputato regionale Lauricella. Ma ancora una volta, nessun riferimento a Lima, Nicolosi e Calogero Mannino figurano nelle più significative conversazioni, intercettate su utenze Sirap o su utenze private, ma comunque in uso all’ing. La Cavera, alle quali si dà risalto nelle Informative del 2 luglio e del 5 agosto 1990 e le cui trascrizioni sono allegate alle medesime informative (cfr., in particolare, conversazioni intercettate il 13 -14 e 30 maggio ‘90; 2-5-6 e 13 giugno ‘90, richiamate sia nell’ordinanza Lo Forti che nella Relazione Mafia e appalti).
Cinque intercettazioni importanti
Il raffronto delle conversazioni predette con quelle cui invece venne dato congruo risalto nelle informative trasmesse rispettivamente alla procura di Palermo il 5 settembre 1992 e alla procura di Catania il 1 ottobre 1992 (c.d. Informativa “Caronte”), entrambe a firma del Capitano De Donno, non dà adito al minimo dubbio.
Nella relazione Mafia e appalti si passano in rassegna in particolare 5 conversazioni intercettate:
il 19.03.1990, tra Ciaravino e La Cavera, con ripetuti cenni al coinvolgimento degli on.li Mannino (Calogero), Nicolosi e Lombardo nell’affare Sirap, pilotato da Angelo Siino; il 6.04.’90, tra Ciaravino e Salvo Lima, con riferimenti al rapporto dello stesso Lima con l’imprenditore mafioso Cataldo Farinella, che sarà segnalato dai carabinieri nella prima Informativa su mafia e appalti nel febbraio ‘91, e poi arrestato nel luglio ‘91 siccome indiziato del reato di cui all’art. 416 bis c.p.; il 22.04.’90, tra Ciaravino e Grammauta, con riferimenti compromettenti all’on. Nicolosi, all’Assessore Gorgone, all’on. Capitummino; il 9.05.’90. tra Ciaravino e un interlocutore non meglio identificato: contiene riferimenti all’on. Turi Lombardi; l’8.06.’90, ancora tra Ciaravino e La Cavera, con molteplici riferimenti agli on.li Salvo Lima, Turi Lombardo, Calogero Mannino, e Rosario Nicolosi.
È di tutta evidenza che si tratta di intercettazioni realizzate sulle medesime utenze o su utenze collegate a quelle già monitorate e nel medesimo periodo (primavera del 1990) o addirittura nelle stesse settimane in cui erano state realizzate le intercettazioni allegate alle Informative del 2 luglio e del 5 agosto 1990. Ma le “nuove” intercettazioni saranno portate a conoscenza dei magistrati della procura di Palermo solo con l’Informativa depositata il 5 settembre 1992.
Una parte, quindi, delle intercettazioni realizzate sulle stesse utenze, o su utenze collegate, non venne resa nota ai magistrati titolari dell’inchiesta, o almeno non v’è prova che fosse stata loro resa nota.
E tale prova non può inferirsi, come sostiene la Difesa richiamando un discutibile costrutto inferenziale del GIP Lo Forte, dal fatto che l’attività d’intercettazione nel corso della quale furono captate le suddette “nuove” conversazioni (nuove nel senso che se ne fa menzione per la prima volta nell’informativa del 5 settembre 1992) era stata regolarmente autorizzata dagli stessi magistrati: le autorizzazioni, invero, che furono certamente rilasciate, erano motivate dalla rilevanza delle intercettazioni, incluse quelle sulle utenze Sirap e sulle utenze Ciaravino, portate a conoscenza dei magistrati con le prime informative in cui veniva segnalata l’opportunità di sottoporre quelle utenze a intercettazione: che sono appunto le informative del luglio e dell’agosto 1990.
Ora, eventuali e successive richieste o sollecitazioni ad autorizzare la proroga di quelle intercettazioni, o a disporre l’intercettazione su nuove utenze - di cui comunque non v’è traccia nella pur certosina ricostruzione operata dal gip di Caltanissetta — non potevano che trarre spunto da altre conversazioni, captate nel prosieguo dell’attività di intercettazione già in corso nella primavera del ‘90, o quanto meno in giorni e settimane diverse e successive a quelle cui risalivano le intercettazioni già segnalate nelle informative di luglio e agosto ‘90. Altrimenti, perché non segnalarle subito?
Una versione poco credibile
Orbene, a tutto concedere, si può ancora sostenere che già nel periodo compreso tra la primavera e l’estate del 1990, la procura di Palermo era in possesso di elementi concreti e spunti investigativi che potevano far ipotizzare un possibile coinvolgimento, in quello che si andava delineando come un sistema strutturato di gestione verticistica e unitaria degli appalti in Sicilia, anche di esponenti politici di rilievo nazionale, ancora da identificare o il cui ruolo andava messo a fuoco.
Conseguentemente, in linea puramente teorica, e a tutto concedere, si può sostenere che le indiscrezioni giornalistiche che cominciano a comparire in una serie di articoli di cronaca pubblicati prima e nell’imminenza degli arresti di Siino e soci [...], fossero frutto di una fuga di notizie originatasi negli ambienti giudiziari, grazie a buone entrature in seno alla procura di Palermo dei giornalisti che divulgarono quelle notizie.
Fermo restando che in nessuno degli articoli citati, come già rammentato, si faceva specifico riferimento all’identità degli esponenti politici che si presumevano coinvolti nell’inchiesta (a parte il cenno di cui s’è detto all’on. De Michelis); e che nessun interesse avrebbero avuto i magistrati dell’Ufficio predetto a montare o sobillare o dare comunque adito ad una campagna di stampa che sostanzialmente accusava lo stesso Ufficio giudiziario di volere insabbiare quell’inchiesta o di volere coprire le responsabilità dei politici coinvolti.
Ma detto questo, ciò che non può, ad avviso di questa Corte, sostenersi, perché contrario alla logica e alle evidenze disponibili, è che i magistrati della procura palermitana fossero già a conoscenza, prima di esserne edotti con l’informativa del 5 settembre 1992, di elementi specifici e concreti che dessero contezza del possibile o probabile coinvolgimento nelle vicende oggetto del procedimento di cui erano titolari anche di esponenti politici quali Lima, Nicolosi e Calogero Mannino.
Non può militare a sostegno di tale tesi la nota indirizzata al dott. Falcone in data 30 agosto 1990, con la quale si preannunciava come imminente il deposito di un’informativa di carattere complessivo, precisandosi tuttavia che “sono in atto ulteriori complessi accertamenti tesi alla identificazione di personaggi legati al inondo economico-politico nazionale che, in base alle funzioni e agli incarichi svolti, valenti sull'intero territorio dello Stato, forniscono valido ed insostituibile aiuto al raggiungimento degli scopi illegali dell’organizzazione stessa”.
In pratica, la nota testé citata non contiene riferimenti espliciti a personaggi politici di primo piano, ed anzi precisa che era ancora in corso l’attività mirata alla loro identificazione. Inoltre, preannuncia il deposito di un’informativa di carattere complessivo — che è ovviamente qualcosa di più e di diverso dalle periodiche richieste o sollecitazioni ad autorizzare proroghe di intercettazioni — avente ad oggetto proprio il versante d’indagine concernente le collusioni politiche in vicende di ingerenza mafiosa nella gestione degli appalti (poiché era questo l’oggetto dell’investigazione in
corso da parte dei carabinieri). Ma la prima Informativa che risponda a questa tipizzazione è quella depositata il 5 settembre 1992. O meglio, essa è la prima in cui quelle collusioni vengono, sia pure come ipotesi investigative, esplicitate.
Se poi per informativa di carattere complessivo si doveva intendere un rapporto indiziario - come usava dirsi un tempo — che compendiasse le risultanze acquisite in ordine all’ipotesi investigativa originaria dell’esistenza di un sistema che si era andato strutturando in senso unitario e verticistico per la spartizione degli appalti con un ruolo preminente di Cosa Nostra, allora quella informativa complessiva poteva ben essere quella datata 16 febbraio 1991, che fu consegnata personalmente dal Capitano De Donno al procuratore Aggiunto Giovanni Falcone.
Nessun credito merita quindi la versione rilanciata dallo stesso De Donno nel corso dell’esame dibattimentale cui si sottopose al processo Mori/Obinu, secondo cui si era concordata con i magistrati titolari del procedimento, e quindi con lo stesso Giovanni Falcone, il deposito di una sorta di informativa preliminare sui profili e le vicende che coinvolgevano i politici di maggiore rilievo (i cui nominativi quindi sarebbero stati fatti ai magistrati addirittura prima ancora del deposito dell’informativa del febbraio 1991, o contestualmente ad essa) che avrebbe poi dovuto essere successivamente implementata con le risultanze acquisite in esito alle ulteriori
indagini. E in questa pre-informativa - come testualmente la definisce il De Donno - che sarebbe stata consegnata al dott. Falcone e al dott. Lo Forte un mese prima (dell’informativa datata 16 febbraio 1991) era contenuto l’elenco nominativo, o comunque si facevano i nomi di tutti i politici che i carabinieri ritenevano coinvolti in questa indagine.
Di quella che De Donno battezza come una sorta di informativa preliminare, o pre-informativa, non v’è traccia agli atti, e non se n’è trovata traccia neppure nella certosina ricostruzione e opera di acquisizione anche documentale operata dal gip di Caltanissetta che istruì il procedimento, anzi, i procedimenti — poi sfociati nella citata ordinanza di archiviazione del 15 marzo 2000.
© Riproduzione riservata