Il gas naturale è tornato in auge negli Stati Uniti. Nei primi sei mesi di quest’anno i produttori di energia hanno annunciato piani per costruire più capacità a gas di quanto non abbiano fatto in tutto il 2020. È un notevole cambiamento della politica energetica statunitense. Solo pochi anni fa gli obiettivi climatici e il crollo dei prezzi dell'energia pulita sostenevano l'idea di chi credeva che gli Stati Uniti fossero vicini al picco di consumo, poi è arrivata la fame di elettricità dei nuovi data center e degli impianti di produzione dei veicoli elettrici. La sola domanda dei data center per l’intelligenza artificiale (Ai) è destinata a crescere fino a dieci volte entro il 2030.

La resistenza del gas, che solo nel 2016 ha superato il carbone come prima fonte di elettricità negli Stati Uniti, ha sorpreso la scuola di pensiero degli esperti che fino a poco tempo fa avevano previsto che l'era della crescita della domanda statunitense di corrente elettrica sarebbe presto giunta al termine. Ma non erano sbagliate le loro proiezioni, semplicemente, nell’equazione mancava l’impatto di nuove tecnologie come l’Ai la cui fame di energia non era stata prevista. Secondo il sito specializzato The Verge, solo per “addestrare” GPT-3 (modello di OpenAI nel frattempo superato dalla quarta versione) sono stati consumati poco meno di 1300 megawattora di energia elettrica, pari al consumo annuale di circa 130 case statunitensi.

Se fino a qualche anno fa ci si aspettava che l'energia solare ed eolica sarebbero state in grado di risolvere le esigenze di generazione aggiuntiva, ora è chiaro a tutti gli osservatori che prima di parlare di picco del petrolio e del gas ci vorrà più tempo. La società di analisi Yes Energy stima che più di 200 unità di produzione di energia elettrica dal gas sono in varie fasi di sviluppo negli Usa, con piani di avvio entro il 2032 per 86 gigawatt di potenza. La società Enverus sostiene che sia più alto: 100 gigawatt, abbastanza per alimentare 80 milioni di case.

Le conseguenze sull’ambiente

Il regno prolungato del gas naturale porterà importanti conseguenze ambientali, anche se gli attivisti del clima e i sostenitori delle fonti fossili dibattono in quale direzione.

Da un lato, l'abbondanza di gas statunitense derivante dal boom del fracking ha accelerato il declino del carbone, la fonte più inquinante. I sostenitori del gas infatti hanno a lungo promosso questa fonte fossile come il «combustibile di transizione» dall’impatto ambientale più contenuto, il mezzo ideale per accompagnare la transizione verso le fonti rinnovabili e dare stabilità alle reti soggetti all’intermittenza dell’eolico e del solare.

Ma gli ambientalisti sottolineano che le infrastrutture del gas sono soggette a perdite di metano, che nei primi vent’anni di rilascio nell'atmosfera ha un impatto sui riscaldamento del pianeta 80 volte superiore all'anidride carbonica.

Europa svantaggiata

In base alle previsioni dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), la domanda globale di elettricità aumenterà a un ritmo più rapido nei prossimi tre anni, crescendo in media del 3,4 per cento all'anno fino al 2026. I data center sono fattori significativi della crescita della domanda. Dopo aver consumato nel 2022 circa 460 terawattora a livello globale, nel 2026 i data center potrebbero raggiungere un consumo superiore ai 1000 terawattora.

La rinnovata fame di energia delle economie avanzate lascia facilmente intuire quanto sarà difficile per l’Unione europea – priva di risorse energetiche proprie – competere in settori energivori come lo sviluppo dell’Ai e la produzione di veicoli elettrici con le due più grandi economie del mondo. Dopo aver passato decenni a importare dall’estero enormi quantità di risorse energetiche, a partire dal 2019 gli Stati Uniti sono diventati autosufficienti grazie alla rivoluzione energetica resa possibile dallo sviluppo delle tecnologie del fracking e dello shale, iniziata con Barack Obama e portata a termine da Donald Trump.

La Cina, che non possiede le risorse naturali americane, oltre ad aver continuato a produrre energia con le centrali a carbone e allo stesso tempo sviluppato l’energia rinnovabile fino a raggiungere la leadership nel settore, sta puntando con forza anche sul nucleare.

Nel paese sono in costruzione 26 nuove centrali e la Cina è al primo posto nel mondo per numero di reattori in fase di implementazione.

Per le economie europee è una sfida epocale. Lo sviluppo dei data center e delle infrastrutture energetiche per alimentarli è stato al centro dell’incontro del 30 settembre tra la premier Giorgia Meloni con Larry Flink, il potente Ceo di BlackRock, con il quale ha condiviso – recita la nota di Palazzo Chigi – le opportunità di investimento «nel campo delle infrastrutture nazionali di trasporto e in altri settori di natura strategica».

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