Non esistono solo i Black Fridays ma pure i Bike Fridays, meno noti ma più green. I bike to school (BtS) days cadono l’ultimo venerdì di ogni mese. Sono i giorni in cui si dà appuntamento chi vuole accompagnare i bambini a scuola in bici, mutuando il concetto di critical mass a questo scopo. Un’iniziativa diventata movimento spontaneo di genitori e volontari
Per fortuna ci sono anche i Bike Fridays, meno noti dei black ma decisamente più green. Sono i bike to school (BtS) days e cadono l’ultimo venerdì di ogni mese. Sono i giorni in cui si dà appuntamento fisso chi vuole accompagnare i bambini a scuola, in bici, mutuando il concetto di critical mass a questo specifico scopo. Un’iniziativa diventata un movimento spontaneo di genitori e volontari, nata dall’esigenza di fare, insieme, ciò che da soli sarebbe proibitivo. Un’azione per proteggere i bambini nel vivere un’esperienza che li avvicini ai significati, sempre più sfuggenti per non dire abbandonati, racchiusi nella dimensione culturale della bicicletta.
Il traffico delle città grandi ma ormai anche delle piccole, la mancanza di percorsi ciclabili sono causa e conseguenza di un circolo vizioso in cui l’automobile, non più status symbol, è piuttosto un’estensione del corpo umano se non una vera e propria protesi. Gli attivisti del BtS dissentono da questo modello e cercano di ispirare un cambiamento sociale e politico. Sono persone che rivendicano il pedalare come diritto per recuperare la relazione con gli altri e con l’ambiente: un’ecologia della bicicletta intesa come stile di vita orientato al movimento, all’autonomia, alla sostenibilità. Sono i ciclisti urbani a cui, anche quelli dell’agonismo, dovrebbero guardare con gratitudine per il loro indefesso lavoro alla conquista di spazi e sicurezza. Sono coloro a cui le pubbliche amministrazioni non dovrebbero mai far mancare il supporto, per la dignità che danno alla mobilità leggera e alla sua connessione e valorizzazione al sistema trasporti: un impegno con ampia ricaduta territoriale, sociale e…democratica. Si, perché come affermava Enrique Peñalosa, ex sindaco di Bogotá: «Una città sviluppata non è quella dove i poveri usano l'auto, ma piuttosto quella dove anche i ricchi usano i mezzi pubblici e le biciclette».
Gli alibi bruciati
Non potevamo che incontrarci sulla ciclabile. Ci diamo appuntamento al Casotto, nuova area di accoglienza per chi frequenta il parco ciclo-pedonabile di Monte Ciocci, nella riserva naturale di Monte Mario. È lì che gli attivisti del BtS (e delle molte realtà che intercettano) mi raccontano la loro esperienza, positiva e importantissima perché vissuta a Roma e perciò capace di bruciare gli alibi a chi si oppone con i soliti «non si può». Tutto inizia con Anna, nata a Firenze, amante della bici che però, una volta trasferitasi nella Capitale, abbandona scoraggiata dal traffico. Un giorno, un amico le fa conoscere “bicibus” ovvero una rete di persone che accompagna chi vuole avviarsi alla ciclabilità nel caos metropolitano. Ad Anna, mamma di tre figli, l’incontro scatena la scintilla: «Se ci uniamo, se siamo tanti genitori insieme, saremo più visibili, avremo meno paura e potremo portare i nostri bambini a scuola, in bici».
Così nel settembre 2013 nasce il primo BtS, con un tale successo di partecipazione che diventa subito un evento cittadino, grazie anche alla sensibilità dell’allora assessore alla mobilità, che lancia l’iniziativa per l’ultimo venerdì di ogni mese. «Già il primo anno gli eventi furono più di 50 in tutto il Comune», ricorda Anna, «da allora, e ormai sono più di 10 anni, si stabilisce un percorso, un punto e un orario di incontro e poi ci si avvia verso la scuola. Alcuni tragitti, i più lunghi, prevedono fermate intermedie dove si aggregano altri partecipanti. Talvolta il punto di partenza è un bar o un chiosco e si fa colazione insieme. Così si coinvolgono anche le attività sul territorio. C’è chi abita vicinissimo a scuola ma, pur di partecipare, si allontana e viene al ritrovo».
I volontari
Gabriele non ha più figli piccoli da accompagnare a scuola ma è rimasto parte attiva del movimento come volontario. Ha iniziato a spostarsi in bici quando si verificò la fortunata congiuntura di avere il lavoro vicino a casa e la nuova ciclopedonale che ha trasformato la mobilità nel Municipio 14. «Il bike to school, qui, ha più continuità perché non nasce e finisce insieme alla predisposizione dei genitori ma ci sono volontari che aiutano nel coordinamento» dice Gabriele: «Al momento in questo quartiere sono attivi percorsi verso sette plessi scolastici ma siamo sempre pronti a farli aumentare, se c’è richiesta». Sabatina detta Saba è una ciclo-attivista pura: non ha la patente, la bici è il suo unico mezzo di trasporto che usa tanto in città quanto fuori e infatti ci va anche in vacanza.
È una volontaria ed è maestra alla materna, perciò sa bene che «le cose funzionano meglio quando sono le scuole stesse o gli insegnanti a promuovere l’iniziativa. Il BtS è dedicato prevalentemente ai bambini delle elementari ma coinvolge anche mamme che portano i piccoli all’asilo, sui seggiolini o con le bici cargo, attrezzate pure per portare la spesa. Poi talvolta ci sono anche ragazzini delle medie che, dopo avere vissuto l’esperienza alle elementari, vogliono continuare. Usare la bici è uno stile di vita, chi lo apprende da piccolo difficilmente poi lo abbandona».
Perciò, negli anni passati, lei e la sua collega Nerina hanno attrezzato la scuola materna dove lavorano, con molte piccole bici e hanno insegnato a pedalare a tanti bimbi. «In questi anni, continua Saba, non solo scendiamo in strada, nei BtS days, con gruppi sempre più numerosi ma vediamo aumentare il numero delle bici quotidianamente circolanti e parcheggiate davanti alle scuole». Come a dire che i semi piantati poi germogliano. L’aumento dei ciclisti urbani è confermato anche dall’esperienza di Rebike, associazione con cui i BtS sono in rete, e che organizza corsi per imparare a pedalare.
Streets for Kids
«Erano destinati ai piccoli ma poi è arrivata una richiesta crescente da parte degli adulti. E ora la domanda è tale per cui non si trovano operatori a sufficienza» dice Valerio, l’aRtivista del gruppo ovvero un attivista che usa l’arte come strumento di protesta; lui è coinvolto anche nello “Streets for Kids” grande movimento europeo (di cui il BtS è un pezzo e Anna ne è la coordinatrice) che chiede strade chiuse davanti alle scuole e mobilità attiva, attraverso eventi che liberano spazi dalle auto per animarli di giochi, spettacoli, laboratori e lanciare un messaggio forte e chiaro alle amministrazioni. Da quest’anno però gli attivisti BtS hanno un alleato illustre, grazie al progetto nazionale “Bici in Comune” promosso dal Ministero per lo Sport e i Giovani, con il Dipartimento per lo Sport, Sport e Salute e Anci: il fine è promuovere la bici come strumento di mobilità sostenibile, migliorare la qualità della vita in città e contrastare la sedentarietà (Il bando, destinato solo ai Comuni, è aperto fino a gennaio 2025.
Insomma la mission di BtS ora è diventata istituzionale. «Tuttavia, per guardare al futuro con speranza, non ci si deve dimenticare dell’aspetto pedagogico» ricorda Ilaria, attivista BtS, che si occupa di educazione diffusa per le scuole ma in contesti informali. «Nel campo estivo che curo per bambini di 4 e 5 anni, usiamo la bici come mezzo di trasporto e insegniamo loro a muoversi e a conoscere il Municipio, a usare la ciclabile, ad attraversare strade e incroci. Questi bimbi e i loro genitori insieme alle altre parti attive, stanno cambiando il quartiere e la città. Certo è un processo lungo ma noi ci crediamo». E fanno bene. Le famose parole dell’antropologa Margaret Mead gli danno ragione: «Non dubitate mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi ed impegnati possa cambiare il mondo. In verità è l'unica cosa che è sempre accaduta».
I Bike to School esistono in molte città italiane anche se con nomi diversi. Per informazioni scrivere a: biketoschoolroma@gmail.com
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