Il ministro delle Imprese Adolfo Urso dal Meeting di Rimini attacca Tavares: «Il governo ha fatto la sua parte, Stellantis no». E si aspetta una risposta immediata, «altrimenti le risorse del Pnrr saranno destinate ad altri». La replica: «Il governo crei le condizioni per la competitività»
L’ennesimo capitolo dello scontro tra il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e Stellantis va in scena il meeting di Rimini, e stavolta il casus belli è la gigafactory di Termoli. La multinazionale franco-italiana dell’auto, guidata dall’Ad Carlos Tavares, ha più volte ribadito il suo impegno nella realizzazione in Molise di un grande stabilimento per la produzione di batterie per le auto elettriche, ma a dispetto dei ripetuti annunci non sono stati fatti passi concreti, e i rapporti tesi tra l’azienda e il governo italiano rischiano di far deragliare definitivamente il progetto, con Stellantis (che di gigafactory ne ha già realizzata una in Francia, a Lione) che potrebbe decidere di costruire la fabbrica altrove.
Urso chiede risposte urgenti
Proprio questo ha scatenato la reazione di Urso, che intervenuto oggi al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, ha attaccato frontalmente la multinazionale sulla questione: «Sugli investimenti Stellantis deve dare una risposta, e la deve dare anche a breve», ha detto il ministro. «Se in queste ore non ci risponde positivamente sul progetto della gigafactory a Termoli le risorse del Pnrr saranno destinate ad altri. Non possiamo perdere le risorse del Pnrr perché Stellantis non rispetta gli impegni», ha aggiunto piccato.
Gli investimenti per la gigafactory rientrano infatti in quelli finanziati dall’Unione Europea per la transizione ecologica, favorendo il passaggio dalle auto a combustione a quelle a motore elettrico. Una questione che è già stata motivo di ripetute frizioni tra azienda e governo, con gli incentivi statali per l’acquisto e la produzione di auto elettriche giudicati insufficienti da Stellantis e da Tavares per garantire nuovi investimenti in Italia.
Di fronte alle risposte sibilline del gruppo automobilistico che comprende l’ex Fiat, è iniziata la ricerca da parte di Urso di un secondo produttore di auto, che sarebbe stato identificato nei cinesi di Dongfeng, con i colloqui che vanno avanti da diverse settimane. Anche su questo punto, il ministro delle Imprese e del made in Italy è entrato a gamba tesa dal palco di Rimini, chiedendo all’azienda franco-italiana (sempre più francese e meno italiana, a dir la verità) ad assumersi le sue responsabilità: «Tocca a Stellantis rilanciare l’auto in Italia, e noi aspettiamo una risposta da tempo. Il governo ha fatto la sua parte, Stellantis no».
Raccontando dei suoi incontri con Tavares, Urso ha spiegato come il governo Meloni abbia realizzato tutti i provvedimenti richiesti per arrivare all’obiettivo di un milione di veicoli prodotti ogni anno in Italia, a fronte dei circa 400 mila attuali, e di attendersi finalmente risposte concrete da parte dell’azienda e del suo Ad: «Deve dirci come vuole realizzare la crescita del sistema nel nostro paese per raggiungere l’obiettivo del milione di veicoli, in quali stabilimenti e con quali investimenti, perché non può presentarci contratti di sviluppo, come è successo, in cui richiede risorse allo Stato per ridurre l’occupazione. È Stellantis che deve capire che i contratti di sviluppo si fanno con chi crea occupazione, non con chi la riduce», il commento di Urso.
E se si parla di investimenti, il riferimento non può che andare a quelli promessi per la gigafactory, la cui realizzazione rafforzerebbe sensibilmente la posizione dell'Italia nell'industria automobilistica europea, contribuendo a mantenere la competitività del settore in un momento in cui la transizione verso l'elettrico sta trasformando radicalmente il mercato, rendendo l'Italia meno dipendente dall'importazione di batterie, un componente cruciale per i veicoli elettrici, consentendo di mantenere una catena del valore più integrata e sostenibile a livello nazionale. Un investimento cruciale, su cui però Stellantis e Tavares tentennano da troppo tempo.
La replica di Stellantis: governo crei le giuste condizioni
«Con riferimento alle dichiarazioni odierne, che seguono le numerose dei giorni scorsi, Stellantis rimane concentrata sull'esecuzione del piano per l'Italia per i prossimi anni, già comunicato ai partner sindacali, che assegna una missione a ogni stabilimento e include progetti importanti come quello per Mirafiori 2030», scrive Stellantis in una nota di replica a Urso. L’obiettivo è «lavorare insieme a tutte le parti interessate per affrontare i principali impatti dell'elettrificazione e della crescente concorrenza nel contesto di un mercato europeo che è ben al di sotto dei livelli pre-pandemia e che non consentirà alla produzione di tornare a crescere immediatamente».
Da questo punto di vista, Stellantis definisce «essenziale» che «tutti gli attori della catena del valore, compreso il governo, contribuiscano a creare le giuste condizioni per la competitività».
«Per quanto riguarda Acc per Termoli, attualmente sta potenziando il progetto della gigafactory, oltre a quella in Germania, al fine di introdurre una nuova tecnologia per la produzione di celle e moduli, in modo da essere in linea con l'evoluzione del mercato. Da parte di Stellantis, sono state prese diverse decisioni per aumentare il carico di lavoro dei componenti ibridi a Termoli». Acc è la joint venture tra Stellantis, Mercedes-Benz e TotalEnergies, attraverso la sua consociata Saft per la costruzione di batterie per le auto elettriche.
In principio era Torino
La prima volta che i vertici di Stellantis hanno parlato di gigafactory è stato ormai più di tre anni fa, quando nel giugno del 2021, durante una conferenza strategica, l’azienda ha annunciato il suo piano globale per costruire almeno cinque gigafactory in Europa e Nord America entro il 2030, di cui una sul territorio italiano. Inizialmente la destinazione prescelta sembrava essere Torino, sede dell’ex Fiat e storicamente capitale dell’auto italiana, anche nell’ottico del rilancio economico della città e dare fiato ai lavoratori del gruppo, con lo stabilimento di Mirafiori che ha visto ridursi anno dopo anno il suo peso, a fronte di un ricorso sempre più massiccio alla cassa integrazione.
A ottobre dello stesso anno però, a seguito di una serie di colloqui tra i vertici aziendali e le autorità italiane, la scelta è ricaduta su Termoli, in Molise, già sede di uno stabilimento del gruppo per la produzioni di motori e cambi. Da allora, a dispetto dei numerosi annunci e delle promesse di Tavares, il progetto della gigafactory, come gran parte degli investimenti destinati agli stabilimenti italiani, è rimasto lettera morta, portando all’ultimatum di Urso. Nella speranza che non sia stato pronunciato troppo tardi, e la multinazionale abbia già rivolto il suo sguardo altrove.
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