Fatta la legge, resta il malumore. Anzi aumenta. L’autonomia differenziata continua a dividere la maggioranza prima di spaccare il paese. Con Forza Italia che teme l’onda lunga del malcontento al Sud, feudo elettorale del partito fondato da Silvio Berlusconi.

Così finiscono in frantumi gli auspici di una parte della maggioranza che puntava a varare il testo in parlamento e mettere in naftalina l’argomento.

L’operazione è fallita, perché la questione è presente, eccome, nel dibattito quotidiano, anche perché le regioni Veneto, Piemonte, Liguria e Lombardia hanno trasmesso a palazzo Chigi la richiesta di avvio del negoziato.

Proprio ieri il ministro Roberto Calderoli, durante il cdm di ieri, ha ufficializzato questo passaggio, che apre la lunga volata dell’applicazione della riforma.

Sfida Tajani-Calderoli

Nel consiglio dei ministri è andato tutto secondo copione con la tensione esplosa tra Forza Italia e Lega. Non proprio il clima auspicato dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: Calderoli ha illustrato la relazione, principalmente tecnica, come previsto dall’ordine del giorno, sottolineando la distinzione tra materie che necessitano dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) e quelli di cui non c’è bisogno. Il ministro leghista ha evidenziato che i tempi di mediazione per queste ultime sono di due mesi. Si procederà velocemente.

Una spiegazione che ha aumentato le perplessità del segretario di Forza Italia, Antonio Tajani. Il ministro degli Esteri ha chiesto delucidazioni sulla delega per il commercio estero che attualmente fa capo alla Farnesina. Calderoli si è limitato a promettere una copia della sua relazione ai colleghi di governo per fornire un panorama completo. Il clima non era affatto disteso.

Tajani è infatti preoccupato degli effetti sulla Farnesina, dal punto di vista pratico. Ma il risvolto è principalmente politico: la roccaforte di FI è il Mezzogiorno, dove sta attecchendo la campagna lanciata dal Pd insieme alle altre opposizioni.

Ecco che allora servono appigli per frenare la corsa della riforma. «Il commercio estero è una competenza comunitaria e nazionale. Non si può pensare che le regioni sostituiscano lo stato», ha detto il ministro degli Esteri.

La deriva sarebbe una marmellata di piccole politiche regionali. Insomma. il grande rischio della riforma denunciato per tutte le altre materie. Da qui il messaggio politico di Tajani: «L’autonomia non è un dogma di fede». Un avvertimento sull’applicazione della riforma.

Dai forzisti è arrivato un segnale di risveglio comunque tardivo. Alla Camera e al Senato hanno il via libera al disegno di legge Calderoli. Gli azzurri non hanno mai mostrato un piglio particolarmente combattivo, con l’eccezione del presidente della regione Calabria, Roberto Occhiuto.

L’ultimo appello del governatore calabrese è stato quello per arrivare a «moratoria», di fatto il congelamento di una legge già approvata, ma che necessita di essere attuata nel concreto. La sola idea di uno stop fa saltare dalla sedia i governatori del Nord, il veneto Luca Zaia su tutti: il Doge vuole passare alla storia come il presidente che ha dato davvero l’autonomia alla sua regione. Per questo è intenzionato ad accelerare.

I malumori nel governo sono benzina nel motore delle opposizioni. Matteo Renzi ha pungolato, ancora una volta, il partito di Tajani: «Forza Italia ha preso il 20 per cento dei voti in Sicilia ed ha fatto ottimi risultati in Calabria e Campania. Se si schiaccia sulla Lega perde tutto il consenso che ha nelle regioni in cui prende voti».

Il Pd, con il deputato Piero De Luca, ha usato le tensioni della destra come lancio alla raccolta firme per il referendum: «Le critiche del presidente della Calabria Occhiuto lo scontro in Cdm dove da quanto apprendiamo sono volati stracci, confermano che la maggioranza è in tilt». L’assalto mediatico delle opposizioni ha lasciato il segno. «A poche ore dalla pubblicazione sulla piattaforma online, il referendum sull’autonomia differenziata ha già raccolto quasi trentamila firme digitali, gratuite e certificate, di cittadini che vogliono partecipare alla vita democratica del Paese, anche d’estate sotto l’ombrellone», ha annunciato il segretario di +Europa, Riccardo Magi.

Concorrenza light

Se l’autonomia ha spaccato il governo, il consiglio dei ministri ha almeno chiuso la partita del disegno di legge sulla Concorrenza. Matteo Salvini ha concluso la revisione delle norme sulle concessioni autostradali, introducendo il meccanismo che aveva vagliato.

Per questo motivo il vicepremier leghista aveva stoppato l’approvazione del provvedimento sulla concorrenza alimentando un certo nervosismo: il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, aveva fretta di archiviare la pratica e trasmettere il testo in parlamento per avviare l’iter di approvazione.

Dopo una serie di rinvii, un ulteriore slittamento sarebbe stato troppo. Il contenuto resta un pannicello caldo rispetto alla liberalizzazione dei settori, si tratta di un maquillage per centrare uno degli obiettivi del Pnrr.

La norma più significativa è la proroga per l’installazione dehors esterni ai locali. Un’iniziativa gradita al comparto della ristorazione, che ha molto spinto per arrivare a questo risultato. Si pone, però, un altro problema: il rispetto del decoro urbano.

«Terminata da tempo l’emergenza Covid, non esistono più ragioni per concedere suoli pubblici a bar e ristoranti invadendo strade e piazze con pedane, tavolini e ombrelloni, che deturpano le città e privano utenti e turisti di spazi essenziali», ha protestato il Codacons.

Urso ha poi fatto qualche altra concessione a favore di telecamere con la trasparenza sulla shrinkflation, la pratica di diminuire la quantità di prodotto all’interno di una confezione mantenendo lo stesso prezzo. Poco più di uno spot sulla concorrenza, buono per mettere a tacere il rumore di fondo della polemica sull’autonomia.

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