Un femminicidio ogni tre giorni. Una sequela di immagini e accanimenti contro le donne degne dei peggiori serial horror. Accoltellamenti, colpi di pistola, strangolamenti, calci, pugni, cadaveri carbonizzati, colpi d’ascia, martellate, sgozzamenti, fucilate, corpi fatti a pezzi e gettati nei cassonetti dell’immondizia. Una strage e un’orgia di violenza che si ripete settimana dopo settimana.

Per comprendere il percepito nell’opinione pubblica nazionale sul tasso di emergenza percepito intorno a questa grave situazione, per analizzare le differenze di atteggiamenti tra uomini e donne, per scandagliare i livelli di silenziosa accettabilità di alcuni comportamenti violenti e per verificare le ipotesi che, tra i cittadini, si fanno largo sulle cause all’origine dei femminicidi, è stata realizzata una ricerca su un campione di 800 italiani a fine settembre 2021.

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L’indagine che porta alla luce un quadro a tinte fosche, con una perniciosa differenza di valutazioni e sensibilità tra uomini e donne. Per l’82 per cento delle italiane i femminicidi sono una emergenza da affrontare il prima possibile, mentre tra gli uomini l’allarme è molto più contenuto (66 per cento). Dal punto di vista territoriale l’emergenza è maggiormente avvertita al Sud (79 per cento) rispetto al Nord (70 per cento).

Le cause all’origine dei femminicidi

Per l’universo femminile le cause principali dei femminicidi sono da ricercare in una molteplicità di fattori. La prima causa è individuata nella malsana idea, presente in molti uomini, di considerare la propria fidanzata, compagna, moglie (o anche ex) un oggetto di proprietà (66 per cento). La seconda origine è da ricercare nella debolezza dell’universo maschile nel gestire la fine di un rapporto. Per il 52 per cento delle italiane (ma anche per il 48 per cento degli uomini e prima causa per gli uomini) a generare l’impulso omicida è proprio l’incapacità dei maschi di rapportarsi con serenità e senza rabbia alla decisione di una donna di porre fine alla storia e di avviare una nuova vita.

La terza causa dei femminicidi, per il 48 per cento delle italiane, è da ricercare nell’abitudine presente in molti uomini di scaricare sulle partner le frustrazioni della loro vita, prendendosela con chi gli sta accanto. Un atteggiamento che ben si lega ed è foraggiato da quella mancanza di rispetto per le donne segnalato dal 44 per cento delle intervistate.

Le italiane non mancano di puntare il dito anche contro l’atavica cultura maschilista e patriarcale imperante nei substrati del Paese. Il tema è segnalato dal 42 per cento delle italiane, con una secca differenza di valutazioni rispetto agli uomini (27 per cento).

Il giustificazionismo strisciante

La ricerca ha scandagliato anche le valutazioni su comportamenti violenti o prevaricatori degli uomini rispetto a ex partner, a mogli, fidanzate, amiche, colleghe di lavoro, persone dell’altro sesso incontrate per strada o nei social.

L’analisi ha verificato quanti giudicano mai giustificabili i vari atti violenti contro le donne e quanti, invece, avanzano possibili attenuanti. Dal confronto di genere, emerge la maggiore tendenza dell’universo maschile nel rinvenire scusanti. Ne è un esempio il gap nei giudizi sul picchiare una donna: totalmente ingiustificabile per il 97 per cento delle italiane, mentre tra gli uomini il dato scende all’88 per cento.

Quote di giustificazionismo tra gli uomini si ritrovano anche su azioni aberranti come procurare ustioni o cercare di soffocare una donna in un momento di rabbia, con il 19 per cento di uomini che non assume una posizione di completa condanna. La tendenza a cercare scusanti si incontrano, perlopiù, sui comportamenti violenti, ma che non mettono a rischio immediatamente la vita. Lanciare degli oggetti contro una donna è inammissibile solo per il 77 per cento degli uomini. Mettere in rete o inviare ad amici foto esplicite di una donna è ritenuto in qualche modo giustificabile dal 27 per cento degli uomini.

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Il giustificazionismo, purtroppo, aleggia anche sulle forme di violenza sessuale, come, ad esempio, costringere a un rapporto sessuale una donna sotto effetto di alcool/droga o obbligare la propria moglie/partner a un rapporto sessuale.

In entrambi i casi gli uomini (80 per cento mai giustificato) sono molto meno disposti a condannare il fatto rispetto alle donne (90 per cento mai giustificato). Anche minacciare fisicamente una donna che respinge un uomo incontra una flottiglia di arditi giustificazionisti tra i maschi (32 per cento). Differenze di giudizio eclatanti tra uomini e donne le incontriamo su alcune forme di molestie, come fare commenti o scherzi a sfondo sessuale a una donna, che è condannato solo dal 33 per cento degli uomini a fronte del 58 per cento tra le donne.

La cultura strisciante e prevaricatrice di una parte, minoritaria ma presente e pesante dell’universo maschile, emerge anche dalle differenti valutazioni sulla gravità che hanno alcune pratiche limitative della libertà e dell’autonomia delle donne. Impedire alla partner di uscire di casa è valutato negativamente dal 78 per cento degli uomini contro l’87 delle donne. Inibire alla donna di lavorare fuori casa è condannato dal 75 per cento degli uomini contro l’85 delle donne. Pedinare la propria partner quando esce di casa è messo all’indice dal 62 per cento degli uomini contro il 78 delle donne. Impedire di indossare alcuni capi di abbigliamento è condannato dal 61 per cento degli uomini contro il 76 delle donne. Ampie sono le distanze su atteggiamenti di controllo su cellulare, mail, telefonate (61 per cento degli uomini contro 72 donne).

La ricerca porta alla luce il permanere nel nostro paese di una subcultura machista e patriarcale. Emergono i tratti di una società in cui la mercificazione del corpo della donna e il suo essere considerato un oggetto nelle disponibilità dell’uomo, impregnano parte dell’humus relazionale tra i sessi, generando un brodo di cultura pernicioso in cui affondano le radici e di cui si alimentano le espressioni comportamentali violente e i femminicidi.

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