Sono inquadrati come lavoratori autonomi, pagano per i loro studi, hanno ferie a carico loro, devono provvedere al pagamento di un sostituto, non hanno tredicesima né TFR. Anche per la gravidanza le cose non sono semplici. Nell’immaginario collettivo, sono quelli che prescrivono farmaci e accertamenti. E basta. Perché un giovane medico dovrebbe scegliere una carriera senza identità professionale? Eppure tengono in piedi il Sistema sanitario nazionale
In un tempo in cui si parla tanto di sanità, tra violenza verso gli operatori sanitari e sciopero, in molti dimenticano che a tenere in piedi il Sistema Sanitario Nazionale sono i medici di famiglia. Può sembrare un’affermazione esagerata ma non lo è. Essi sono il punto di accesso al sistema sanitario, con il compito di essere presenti nei territori e anche di tenere a freno la spesa sanitaria (su questo ci vorrebbe un articolo a sé).
Il tema di cui poco si parla è che sono una categoria che rischia di estinguersi nei prossimi anni. I dati pubblicati dal Sole 24 Ore nel marzo di quest’anno parlano di una carenza di 3.100 medici di famiglia e di 11.400 pensionamenti previsti entro il 2026.
Qual è la situazione negli altri paesi?
Iniziamo col dire che non è un fenomeno solo italiano. Già prima della pandemia si parlava della fuga dei medici di famiglia in Inghilterra (Long et al. 2020) e negli Stati Uniti (Goldberg et al. 2020). Lo stesso vale per gli altri paesi europei (Le Floch et al. 2024). Il primo dato che viene fuori da questi ed altri studi sulle cause che determinano l’abbandono del lavoro e la mancata scelta di fare il medico di famiglia è un alto rischio di burnout (determinato da: alto carico di lavoro, difficoltà a soddisfare tutte le richieste, troppa burocrazia e difficoltà di comunicazioni con le strutture ospedaliere e specialistiche).
In un lavoro pubblicato nel 2021 su International Journal of Environmental Research and Public Health si parla del brunout nei medici di medicina generale come di un fenomeno globale che interessa tutti i continenti (Dutheil et al. 2021). Solo per fare un esempio, lo studio riporta in Francia una percentuale di oltre il 44% di medici di famiglia che lamenta un certo grado di burnout.
Qual è la situazione in Italia?
La scarsa attrattiva della medicina generale parte dalla formazione post-laurea. Per diventare medici di famiglia esiste il “Corso di formazione specifica in Medicina Generale”. Esso non è una vera e propria specializzazione, non viene fatto in università, è demandato alla regione ed ha un trattamento economico che è circa la metà delle altre specializzazioni mediche.
Questi elementi hanno fatto sì che il numero di posti banditi dalle regioni non venga nemmeno coperto dagli aspiranti candidati (la parcellizzazione dei dati rende difficile avere un dato nazionale). In una tale condizione, pare poco lungimirante che con il Pnrr si siano stanziati fondi per 2700 borse di studio aggiuntive. I giovani medici non si iscrivono. Non sono attratti da questa professione.
Proviamo a capire meglio il perché (andando oltre i rischi di burnout). In Italia il medico di famiglia è di fatto un lavoratore autonomo convenzionato con il Sistema Sanitario (le cifre dei compensi sono riportate in un articolo del Corriere della Sera dello scorso 28 ottobre).
Tuttavia, è utile ricordare che i medici di famiglia, come lavoratori autonomi, pagano per i loro studi, hanno le ferie a proprio carico (provvedono al pagamento di un sostituto) e non hanno tredicesima e TFR (fonte: Accordo Collettivo Nazionale). Anche per la gravidanza le cose non sono semplici. Con il nuovo Accordo Nazionale le sigle sindacali prevedono un ulteriore calo di interesse dei giovani medici verso la medicina di base (non c’è spazio per entrare nell’argomento).
Arriviamo all’identità professionale. Diciamoci la verità, nell’immaginario il medico di base è qualcuno che prescrive farmaci e accertamenti. È qualcuno a cui si porta la relazione dello specialista perché trascriva e basta. Perché un giovane medico dovrebbe scegliere una carriera senza identità professionale?
Nell’European General Practice Research Network è nato un gruppo di ricerca, al quale hanno aderito 8 paesi Europei (non c’è l’Italia), per comprendere come rendere più attrattiva la professione di medico di famiglia (Le Floch et. 2024).
Questo perché la carenza di tali figure mette a rischio la tenuta dei sistemi sanitari. Il rischio è ancora più serio in Italia dove il 70% dei comuni ha meno di 5000 abitanti (fonte ISTAT) e l’assenza del medico di base vuol dire difficoltà di prevenzione e cura ed aumento di richieste in pronto soccorso e ospedali.
In vista della legge di bilancio le forze politiche (senza distinzioni di parte) dovrebbero prendere in considerazione il problema, magari anche aderendo al protocollo di ricerca Europeo, e provando ad attuare vere riforme che diano, prima di ogni cosa, un’identità professionale ai medici di famiglia.
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