Il motore dell’industria batte in testa e le famiglie sono costrette a risparmiare, rinunciando a molti acquisti, per pagare affitti e bollette. I dati pubblicati in questi giorni sull’andamento dell’economia reale contraddicono la retorica ottimista del governo, che da mesi punta sulla crescita dell’occupazione e del Pil per raccontare un Paese in piena ripresa. Va detto che anche questi numeri positivi andrebbero interpretati e confrontati con il contesto internazionale, ma intanto partiamo dalle statistiche più recenti.

Mercoledì l’Istat ha certificato che a giugno il fatturato dell’industria è diminuito del 3,7 per cento in valore e del 3,3 per cento in volume rispetto allo stesso mese del 2023. Il dato deludente conferma una tendenza negativa che si è consolidata nel primo semestre dell’anno. Già tra gennaio e marzo c’era stato un calo tendenziale, cioè sullo stesso periodo del 2023, del 5,1 per cento in volume e nel trimestre successivo il rallentamento è stato di un altro 1,1 per cento, secondo quanto ha comunicato l’Istat.

Cattive notizie anche dal settore dei servizi, che in giugno ha fatto segnare un calo dell’1,5 per cento in valore.

Export paracadute

Come si spiegano questi numeri e per quale motivo gettano un’ombra sulle prospettive dell’economia nostrana? L’industria segna il passo perché manca il traino della domanda, è la risposta. Non per niente dal fronte sindacale sono subito arrivati commenti preoccupati. «Le persone hanno meno soldi per comprare i prodotti, come non li hanno per andare in ferie», ha detto la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese. E infatti scomponendo i dati si scopre che sono gli acquisti dall’estero a fare da paracadute alla caduta della produzione. Nulla di esaltante, a dire il vero, visto che la domanda da oltreconfine è aumentata solo dello 0,6 per cento in valore e dello 0,8 per cento il volume.

Il dato però è in controtendenza rispetto a quello del mercato interno che invece cala addirittura del 6 per cento in valore. Insomma, l’export quantomeno tiene e infatti la bilancia commerciale viaggia ormai da molti mesi costantemente in attivo, anche se la statistica più recente pubblicata dall’Istat, relativa a giugno, segnala un rallentamento dell’export rispetto allo stesso mese del 2023. In prospettiva quindi anche in questo caso c’è poco da stare tranquilli. Nello scenario peggiore diventerebbe difficile da centrare anche l’obiettivo del governo, che stima una crescita del Pil dell’1 per cento nel 2024, dopo un incremento già acquisito dello 0,7 per cento a giugno

Futuro incerto

In questa fase però i segnali più preoccupanti arrivano dal mercato interno, che sconta la debolezza dei consumi delle famiglie. Nel bollettino economico di luglio Bankitalia già segnalava che nel primo trimestre del 2023 la spesa delle famiglie ha fatto segnare solo un piccolo rimbalzo dello 0,3 per cento, dopo essere scesa dell’1,4 per cento nei tre mesi precedenti.

I consumi hanno beneficiato del buon andamento dell’occupazione, spiegano gli analisti di via Nazionale, ma c’è stato anche un recupero della propensione al risparmio, tornato sugli stessi livelli del periodo pre Covid. In sostanza, l’incertezza sul futuro prossimo convince gli italiani a mettere da parte qualcosa in più del loro reddito, almeno quelli che se lo possono permettere.

Meno soldi da spendere, quindi, per le famiglie, che sempre più spesso rinunciano agli acquisti se non sono strettamente indispensabili. È questo, in sintesi, lo scenario che emerge dall’analisi di Confcommercio. «L’aggregato delle spese obbligate occupa quote crescenti del bilancio famigliare», si legge in un rapporto appena pubblicato. Le “spese obbligate” sono quelle per l’abitazione, la sanità, i carburanti. Queste voci, secondo Confcommercio, prima della pandemia, nel 2019, pesavano per il 40,6 per cento sul totale dei costi a carico delle famiglie e nel 2007 il dato non superava il 39,1 per cento. Nel 2023 invece siamo saliti al 42,2 per cento e per quest’anno la previsione formulata dal rapporto non va oltre il 41,8 per cento.

Meno vacanze

Gli analisti di Confcommercio segnalano anche che sull’aumento delle spese obbligate ha pesato molto anche l’inflazione, con un aumento di prezzi e tariffe che ha riguardato soprattutto l’energia. Il caro bolletta, quindi, ha costretto le famiglie a tagliare sugli acquisti di altri beni. In prospettiva il panorama appare quantomeno incerto. La buona notizia è il calo dell’inflazione. Il dato di agosto, per l’Italia e per la Ue, verrà comunicato proprio oggi, venerdì 30 agosto.

I tassi d’interesse però restano elevati, se confrontati all’andamento dei prezzi, che si sono via raffreddati negli ultimi mesi. Per questo c’è molta attesa per le decisioni della Bce, che dovrebbe dare un’altra sforbiciata al costo del denaro dopo quella di giugno.

Intanto la stretta sui consumi sembra confermata dai primi dati sull’andamento del turismo estivo, cresciuto grazie alle presenze dall’estero, mentre ristagnano quelle degli italiani. Giorgia Meloni, tornata tre giorni fa Palazzo Chigi, ha citato l’estate difficile di chi «le vacanze non ha potuto farle». A conti fatti potrebbero essere molti di più di quelli che pensa la premier.

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